Terreni vaghi: Eyal Weizman sull’urbanismo militarizzato

Ruinas de un edificio en la playa de Jaffa, ahora parcialmente convertido en un museo sionista (foto: 1973)

Come contributo al dibattito sui terreni abbandonati (descampados) che stiamo portando avanti dentro il gruppo OACU, postiamo questo brano di Hollow Land di Eyal Weizman [Verso, 2007], sulle strategie costruttive di controllo dello spazio palestinese messe in atto dallo stato di Israele. Questa dinamica ha moltissimi paralleli, anche da parte di governi pubblicamente meno stigmatizzati.

“Il conflitto territoriale in Palestina ha riformulato il principio secondo il quale un territorio, per essere governato, ha bisogno di essere costantemente rimodellato. Questo principio non riguarda solo la ricerca di una forma coloniale stabile, permanente, ‘governabile’, ma soprattutto la natura stessa del processo di colonizzazione, che si svolge attraverso la costante trasformazione dello spazio. Imprevedibilità e apparente anarchia sono parte di questa violenta logica del disordine. […] La furiosa violenza dell’attacco israeliano ha lasciato sul terreno 1300 morti e 20.000 edifici completamente o parzialmente distrutti – circa il 15% di tutte le costruzioni della Striscia di Gaza. Questa distruzione, secondo l’immaginazione del governo israeliano, dovrebbe essere seguita da esperimenti edilizi in cui vengono combinati i servizi sociali e l’architettura con lo scopo di sostituire il campo profughi con ‘progetti residenziali’. Uno degli obiettivi che vengono così perseguiti è quello di interrompere la continuità storica, territoriale e sociale del campo profughi, e con essa l’identità politica collettiva del rifugiato, considerato come la più grande minaccia all’ordine politico attuale”.