gentrification
Cinque anni dalla battaglia del Gamonal
Sono morte perché erano povere
Guerra e gentrification in Kurdistan
La gentrification e la pulizia etnica usano le stesse tecniche, gli stessi macchinari; la portata e l’intensità sono diversi, ma gli obiettivi e le strategie simili. Lo vediamo in Turchia: mentre a Istanbul il governo demolisce i gecekondu e altri quartieri popolari per aprire nuovi spazi per il commercio e per i ricchi, nel Kurdistan occupato sgombera gli abitanti tradizionali promovendo il turismo e il miglioramento estetico delle città storiche. Nella capitale, la città di Amed, che il governo turco chiama Diyarbakir, il quartiere storico di Sur sta soffrendo un “urbicidio’, con più di 30,000 sfrattati e il 70% di edifici demoliti.
Sull’altra sponda del Tigris (che in curdo si chiama Dicle) gli abitanti del quartiere Fiskaya ancora lasciano le porta aperte. Si conoscono tra loro, e vivono il collettivismo come un fatto naturale. Ma le strade sono ripide, strette, e difficili da transitare per la polizia; inoltre gli abitanti sono quasi tutti votanti del partito pro-curdo HDP e simpatizzanti del PKK di Abdullah Ocalan. Per questo il quartiere rappresenta un problema per il governo turco, che lo affronta proprio come a Istanbul (ad esempio, nei quartieri di Sulukulé e Tarlabase): offrendo agli abitanti appartamenti nei nuovi palazzi di edilizia popolare TOKI, in cima alla montagna. Molti li accettano come un modo per superare la scomodità della vita nelle loro vecchie case; altri invece vedono tutto il progetto come un attacco alla cultura della loro comunità, attraverso la distruzione del quartiere, il rinnovamento urbano e la “rigenerazione”, insieme all’anonimato in cui gli abitanti si troveranno rinchiusi dopo il trasloco nei nuovi palazzi.
- Defne Kadioğlu Polat, “Sur: Urban renewal in the Southeast Anatolian war zone“, Open Democracy, 21/1/2016.
- Mireille Sen, “Urbicidio a Sur, Diyarbakir“, Eddyburg, 21/7/2016, testo completo in PDF (italiano).
- Dichiarazione della Camera degli Architetti di Amed (Diyarbakir) su ANF News: “AKP wants to isolate Sur and force people to accept TOKI“, 30/3/2016 :: “Sur and its memory is being destroyed“, 19/5/2016.
- Jérémie Berlieux, “Aprés les combats, la gentrification“, Le Courier, 14/5/2016.
- Adriano Sofri, “Diyarbakir, dove tutto è cominciato“, La Repubblica, 19/10/2015.
- David Lepeska, “The destruction of Sur: is this historic district a target for gentrification?“, The Guardian, 9/2/2016.
- Altro su Istanbul e le strategie di TOKI: D. Lepeska “Istanbul’s furious bid to become the new Dubai“, NextCity, 2013 :: D. Lepeska “Istanbul gentrification by force leave locals feeling overwhelmed and angry“, The Guardian, 2014 :: N. Glastonbury, D. Kadioğlu “Cleaning out the ghettos: Urban governance and the remaking of Kurdistan“, Jadaliyya, 18/3/2016.
- Foto di Sur del reporter independente Mahmut Bozarslan.
- La resistenza contro la centrale idroelettrica di Hasankeyf: Joris Leverink, “Flooding History“, sulla diga di Ilisu :: blog Hasankeyf Matters. Vedi anche questo report sui trasferimenti forzati nel sud-est della Turchia.
- Tre post precedenti sulla Turchia su Perifèries Urbanes: Taksim è del popolo! (2013) :: Sulukulé, il primo quartiere gitano d’Europa (2011) :: Istanbul vivere nell’esclusione volontaria e involontaria (2010)
Ancora sulla Vila Olímpica di Barcellona
Attraversando la capitale della cultura: estate a Marsiglia
City Life: da vittime della crisi a attivisti contro la speculazione
A Boston, dove si concentrano molte delle università più importanti del mondo, nonché le sedi di corporazioni finanziarie che reggono le fila dell’economia mondiale, la disparità sociale è oggi la più alta degli Stati Uniti: a Roxbury, Dorchester o East Boston, a molti km di distanza da Harvard e il MIT, migliaia di latinoamericani, afroamericani o caraibici vivono in condizioni di miseria che non hanno uguali in nessuna città dell’Europa occidentale. …
L’urbanismo discreto della borghesia
Heygate era casa nostra
“Com’è perdere la tua casa? Che vuol dire essere ‘rigenerati’, quando ti si chiede di lasciare casa tua senza alternative? Che vuol dire ‘casa’ per la gente che sta in queste situazioni – non è un insieme di memorie, eventi, esperienze e connessioni con gli altri? Come si ‘rigenera’ tutto questo?”
Nel Heygate was Home Digital Archive si raccolgono i testimoni di molti ex abitanti di Heygate, il complesso di case popolari del quartiere Elephant & Castle di Londra, la cui demolizione è iniziata alcuni mesi fa. Era nel posto sbagliato nel momento sbagliato: a meno di un chilometro da Buckingham Palace, negli anni delle Olimpiadi. I suoi abitanti si sono trovati di colpo ad essere investiti nella tipica narrativa demonizzatrice, ingannati dalle autorità competenti, alla fine sbattuti ai quattro angoli dell’area metropolitana. E tutto per essere ‘rigenerati’…
- Southwark notes: Regeneration is violence! blog di critiche e commenti dai quartieri del sud attaccati dalla violenza urbanistica. Un esempio dei loro workshop contro la gentrification.
- Staying put: an anti-gentrification handbook for council estates in London, manuale scritto dalla geografa urbana Loretta Lees!
- “La città che si è privatizzata fino alla morte“, Ian Martin, The Guardian, 24/2/2015: Londra è diventata una collezione improbabile di enormi gadget sessuali puntati verso il cielo: i suoi abitanti si sono rassegnati alla nuvola grigia del commercio, o possono ancora immaginare un futuro migliore?
- “Poveri feticci e povere critiche: il più grande problema della gentrification“, Trespassingassemblies, 27/2/2015: identificare questo fenomeno con gli hipster che si spostano nei quartieri popolari può farci dimenticare che la maggior parte delle espulsioni sono effetti di pianificazioni in cui è lo stato a muovere i fili, in partnership con le grandi compagnie.
Come farla finita con la gentrification
Una città morta
Come in un gioco di scatole cinesi, in questo documentario non solo si mostra magistralmente la corruzione istituzionale e politica sulla quale si basa la montatura orchestrata dalla polizia e chiamata ‘4F’, iniziato il 4 febbraio 2006 nella calle Sant Pere Més Baix di Barcelona, ma la comprensione dell’orrore si estende in circoli concentrici sempre più ampi, dalla polizia, alla magistratura, alla stampa, ai servizi sociali, al comune, alla violenza urbanistica, in breve, al potere in sé. …
Root shock: l’impatto della distruzione dei quartieri neri degli USA
I fantasmi di San Berillo
Città diverse si succedono sopra lo stesso suolo e sotto lo stesso nome, scrive Calvino, nascono e muoiono senza essersi conosciute, incomunicabili tra loro. Alle volte anche i nomi degli abitanti restano uguali, e l’accento delle voci, e perfino i lineamenti delle facce; ma gli dèi che abitano sotto i nomi e sopra i luoghi se ne sono andati senza dir nulla e al loro posto si sono annidati dèi estranei. E’ vano chiedersi se essi sono migliori o peggiori degli antichi, dato che non esiste tra loro alcun rapporto… Vi segnaliamo un altro documentario italiano: I fantasmi di San Berillo, di Edoardo Morabito e Irma Vecchio (2013), vincitore al Torino Film Festival. La demolizione di questo antico quartiere del centro di Catania, nel 1958, fu lo sventramento più grande del dopoguerra, legato (come tutto in Italia) alla Società Generale Immobiliare, di proprietà del Vaticano. 30.000 persone furono deportate in periferia. Fu lo stesso anno in cui si proibirono le case chiuse: le prostitute iniziarono a lavorare in clandestinità, e quello che rimase di San Berillo diventò uno dei più grandi red light districts del Mediterraneo. Così la storia del quartiere è continuata per un altro mezzo secolo, finché nel 2001 una nuova operazione di polizia ha cacciato di nuovo prostitute e travestiti dalle loro case e strade. Oggi molti terreni sono ancora vuoti, quando non sono diventati nuove favelas (come mostra questo video del 2012). Il documentario alterna visualmente il presente e il passato del quartiere, e le immagini sono accompagnate dalle affascinanti parole della scrittrice Goliarda Sapienza, nata a San Berillo nel 1924.
…