QUADERNO BLU maggio 2017- maggio 2018

1.

30/5/2017. Non occuparsi solo dell'essere ma del dover essere. Così Gramsci sintetizza la passione in Machiavelli, 'uomo di parte, di passioni poderose, un politico in atto, che vuol creare nuovi rapporti di forze'. Peggior deriva possibile per la ricerca, occuparsi solo dell'essere - per quanto ogni descrizione sia di parte, e contenga implicite le valutazioni soggettive sui suoi possibili sviluppi. Ma nel momento che la ricerca è conclusa, quando inizia la fase della sua condivisione, questi impliciti devono essere resi fruibili, devono essere punto di partenza dell'azione comunicativa, come erano stati punto di arrivo di quella investigativa (per lo meno, formalmente). L'interesse che suscita la ricerca su Bon Pastor può trasformarsi in azione politica se correttamente indirizzata; la rete diffusa e a maglie larghe che può intrecciarsi intorno a una ventina di eventi ed azioni comunicative (presentazioni, articoli, interviste...) deve tendere a focalizzarsi su alcune conclusioni facili da trasmettere per, permettere a chi ne fa parte di riconoscersi come appartenente ad un progetto unitario Al momento, questo progetto è solo all'orizzonte; connette ricerca etnografica e azione politica nei quartieri, con un orientamento deciso di rifiuto di alcune policy e urbanistica che sono state e sono ancora dominanti, soprattutto nei partiti e nell'intellighentsia di sinistra. La critica del modello Barcellona serve a connettere tra loro l'urbanistica dell'Euromediterranée con il Sistema Torino o il modello Roma, decostruendo il nucleo stesso di questi esperimenti progressisti: la 'città più celebrata del mondo'. Perché Barcellona? per ragioni storiche. Barcellona non prende a modello niente. Inventa un modello, che riempie un vuoto. Sintetizzo, a partire da un'intervista ad un architetto italiano su El Diario:

  1. Fine della guerra fredda. L'Europa (e il mondo) hanno bisogno di una celebrazione, di un sogno collettivo.
  2. Fine del franchismo. La Spagna ha bisogno di legittimare la coalizione impresentabile di governo (monarchia + PSOE)
  3. Inizio del neoliberismo. Deregulation del mercato immobiliare, inizio della finanziarizzazione e globalizzazione (accordi USA-Spagna)
  4. Fine del partito di classe. I gruppi economici, lobby culturali, cooperative, che si erano costruiti per una 'causa', cercano nuova retorica che permetta loro di riconoscersi come gruppo sociale. Un'ideologia.

Le Olimpiadi del 1992 rispondono perfettamente a tutte queste esigenze; permettono l'accordo tra gli eredi del franchismo e la sinistra, con i nuovi ruoli di garanti degli affari e dell'ordine pubblico (Samaranch e Felipe González)¿ offrono una cornice di rinnovato entusiasmo e coesione nazionale che indori la pillola della Ley del Olvido e del patto del silenzio sui crimini del franchismo, mma anche di dimenticare gli scandali della transizione (Caso Scala, GAL), che avevano fatto cadere il PSOE - che, a sua volta, aveva usurpato il ruolo di primo partito della sinistra. A livello locale, permette di recuperare la progettualità visionaria del Porciolismo, ma ammantata di una retorica che disattiva la dissidenza politica (Asociaciones de vecinos, sindacati, vengono cooptati nelle amministrazioni); gli ex dissidenti svolgono a livello locale il ruolo che i loro partiti avevano svolto a livello nazionale, cioè di garantire il business e le enormi accumulazioni di capitali conseguenti alla deregulation, amministrandone una parte come welfare, costruzione di case popolari etc.. Il modello implica l'alleanza tra pubblico e privato, presentata come tipica win-win strategy perché si nascondono i perdenti, che Vázquez Montalbán identifica con i barrios que os sobraban, cioè i quartieri e gli spazi in cui, durante i decenni della dittatura, si erano stabilite le classi popolari della città, proletariato e sottoproletariato.

Che del resto subirono più gravemente gli effetti della 'macchina da guerra' che si stava mettendo in marcia solo un decennio dopo, quando i profitti iniziarono ad essere estratti non più da terreni interstiziali o poco abitati (o poco rappresentabili: La Perona? Baró de Viver?) ma dai luoghi centrali della loro vita associativa, sociale e familiare (dal Raval a Gràcia, a tutta l'area metropolitana). Ultimo elemento da considerare a livello locale è quello che riguarda la Catalogna come regione autonoma:

5. Al sogno frustrato della liberazione nazionale (dal fascismo) si oppone il modello post-metropolitano delle macroregioni di Maragall: lo seguono in Francia e Nord Italia, e chissà dove altro. Neomunicipalismo (ora ripreso da Ada Colau). Questo modello implica che il privato investe e il pubblico apre il cammino, trasformando così integralmente la funzione dello stato. È lo stato a proteggere il capitale nelle sue controversie con la società. Stato e capitale costruiscono un binomio indissolubile, alla cui guida c'è un partito che per la sua stessa natura (parte) rappresenta una catena di trasmissione non tra società civile e camere del potere, ma tra camere del potere e una parte di gruppi economici, lobby culturali, cooperative, che regolano quindi in modo clientelare l'accesso alle autorizzazioni e licenze edilizie. Modelli:

  1. Urbanistica di stato: paesi socialisti ma anche urban renewal classico (1949 USA, UK). Lo stato dispone e spende.
  2. Urbanistica privata: solo lo stato ha il diritto di pianificare lo spazio pubblico. Ma c'è la speculazione privata. Fuori norma, tollerata, corruzione.
  3. Urbanistica concertata: di fronte alla carenza di fondi, lo stato dipende dagli investimenti privati, quindi deve fare progetti che creano profitto. Nasce dal mutato ruolo dello stato nei confronti della speculazione: a Roma è il 'compromesso storico' di Darida che acquista i palazzi Armellini, oggi le compensazioni di Caudo, fino allo Stadio della Roma.

La gentrification non potrebbe avvenire senza questa tenaglia all'opera: grande disponibilità di fondi e spaventosa libertà di usarli. I soldi pubblici indirettamente sostengono la pubblicità all'iniziativa privata, perché con la campagna di sostegno ai partiti implicitamente promuovono l'utilità pubblica di progetti speculativi. Poi, di fronte alla controversia tra i cittadini colpiti e i promotori che fannno profitti (esempio: gli sfratti) lo stato si tira fuori: è un problema tra privati. Così a Poblenou e con la PAH.

I risultati: i centri storici diventano aree di classe media e le periferie si impoveriscono. i profitti infatti vengono estratti dalla dispossessione di terre, case, piazze, ma anche di forme d'uso dello spazio. Barcellona è un luogo privilegiato perché questo modello si è sviluppato in uno spazio urbano che finno alla fine del '900 aveva mantenuto radicata nel centro la popolazione sottoproletaria e proletaria (migrante in gran parte) che vi si era stanziata a fine 800 e inizio 900. Il passaggio da classe bassa a classe alta del centro storico è avvenuto ora, tra il 2008 e il 2015, cioè in un momento in cui abbiamo imparato a padroneggiare gli strumenti teorici con cui descrivere il fenomeno (gentrification, rent gap, displacement). E soprattutto: contemporaneamente all'estendersi di questo fenomeno a contesti extraeuropei, da Phnom Penh a Addis Abeba.

Dati del CESB (Consell econòmic i social de Bcn, diari treball 30/5/2017

- Nel 2008 c'erano 5 quartieri con reddito inferiore al 60% del salario minimo Alla fine del 2017 questi quartieri sono 17. (vecchi: uno sant andreu, quattro nou barris. Nuovi: 11 nou barris, sant andreu, st. martì, sants montjuic, horta guinardò)

- In termini assoluti, nel 2008 c'erano 25,000 persone a rischio povertà. Nel 2015 sono 222.581 ('che vivono in quartieri a rischio... è solo la somma degli abitanti dei quartieri)

- Nel 2008 c'è solo UN quartiere con il 200% della media; nel 2015 ce ne sono TRE (altre 60.000 persone).

- Per la prima volta entrano tra i quartieri di classe media (90-110%), i due di Ciutat Vella. Il Gòtic passa dall'80% al 108%.

- La classe medio alta (110%) diminuisoce di 60.000 unità.

Geograficamente la povertà si concentra al Nord di Nuov Barris e la frangia parallela al Besòs.

2.

Presentando a Napoli vedo che: 1) De Magistris sta effettivamente disattivando la dissidenza politica. Il discorso sul pericolo della socialdemocrazia non dev'essere accennato o suggerito, ma esplicitato chiaramente. Opporsi al Plan de Remodelación de Bon Pastor era già difficile al tempo del PSOE e del Tripartito, ma è più difficile oggi con Ada Colau. L'apertura che ci sarebbe potuta essere con gli Indignados è stata di fatto disattivata dalla figura pacificannte di Ada, che è assolutamente impotente di fronte a un processo dalle radici così antiche (non solo il 98-99, ma proprio il 65!) e che contribuisce invece alla sua invisibilizzazione. Controllare se La Directa ha pubblicato qualcosa su Bon Pastor, dal 2015 in poi. 2) Che l'urbanistica post-marxista (Daniela Lepore, Giovanni Laino) converge integralmente nel neoliberismo (Lepore candidamente lo ammette). Natiralizzazione del processo di espropriazione dei più poveri, occultamento non solo della profondità del trauma, ma anche dell'enormità dei profitti; cioè, è lo sviluppo della città, non il capitalismo avanzato, a produrre quell'effetto. Il nucleo di orrore che permette questa deriva aberrante, grottesca, perché contraddittoria e umiliante, è l'assunto per cui comunque il potere centrale deve, può e sa, organizzare la vita quotidiana della popolazione. L'ingegneria sociale va solo volta al bene, non frenata, come dicono anche dei riformisti come Bateson e Mead, prima che ci conduca al baratro. Quindi non ci sono le basi per discutere. Su Bon Pastor, c'è una barriera ideologica: di fronte ad un quartiere in cui lo stato afferma il suo dominio rendendo il territorio leggibile, ci spagghiamo: chi crede che la società può funzionare solo se lo stato ha il potere completo di visione e intervento, sarà favorevole alla demolizione; chi invece crede che esistano forme di vita accettabili anche invidiabili al di fuori dello stato, sarà contrario. A Napoli è più difficile di altrove difendere questa posizione, poiché l'altro dallo stato è stato sempre identificato con la camorra - alla camorra si attribuisce, e questo tranquillizza, ogni male; la crisi dei rifiuti nella vulgata mediatica (soprattutto internazionale) si deve alla criminalità, non alla Impregilo, alle ecoballe, alle responsabilità individuali.

Scrive Dines sul libro di Jason Pine Making Do in Naples che l'antidoto a Saviano, al "sei complice o no" è proprio la comprensione della indeterminatezza inerente alla mafia. "Con un rinnovato interesse verso la camorra dopo la guerra di Secondigliano del 2004 e la pubblicazione di Gomorra in inglese nel 2008, la criminalità organizzata offre un passepartout per spiegare la crisi, che gonfia gli aspetti spettacolari e aggira le questioni complicate e le critiche sistemiche. Così si costruisce una notizia che corrisponde all'immagine inveterata di Napoli come eccezione, staccata dal mondo 'normale', piuttosto che interpretarla come una lezione di ciò che potrebbe accadere altrove. Nella sua determinaatezza la camorra ci promette sicurezza e soddisfazione nel decifrare la realtà napoletana".

Determinando come altro-da-sé la mafia, in Italia lo stato si legittima come unica via, e precipita nel sospetto ogni forma di gestione autonoma dello spazio. Ma qual è il potere che più di tutti ha radicato nell'opinione pubblica l'idealità di paladino della lotta alla mafia? Il PCI? No, il fascismo (si veda Christian Duggan, costellato di contraddizioni).

Cosa opporre alla duplice chiusura settaria di un'accademia post-marxista ripiegata su se stessa in penitenza di un passato troppo fuori le righe, e un arcipelago di movimenti preoccupati di trovare alleati e nemici, di determinare? Forse, con Lorenzoni: le storie. Solo costellando il racconto di aneddoti posso farne un materiale in grado di superare i muri e aprire le coscienze. Ma dietro gli aneddoti, il messaggio dev'essere più chiaro: il progressismo uccide. I meccanismi istituzionali sono forse ancora più violenti, più subdoli e disgreganti, maggiormente pericolosi perché capaci di penetrare nelle zone che erano state accuratamente tenute opache, non dalla criminalità organizzata come vorrebbero farci credere loro, ma dall'art of not being governed (un'arte che in parte si sovrappone anche all'art of making do) di Napoli in Jason Pine). Decifrare quell'arte per disattivare il discorso dello stato progre. Maggiormente potenti, perché in grado di utilizzare contro il popolo quegli stessi strumenti che l'avevano difeso, e che quindi il popolo riconosce come propri, confonde con una propria conquista. Barcellona rappresenta l'occasione per parlare di una tecnica di governo universale, si chiami Colau, Clos, De magistris o Evo Morales. Che tranquillizza doppiamente, perché da una parte mette al riparo le strutture sociali, dall'altra salva la coscienza di chi vuole continuare a sentirsi di sinistra. Per dirla con Freire, perpetua la "Illusione che i cuori degli uomini possano trasformarsi lasciando intatte e immutate le strutture sociali che rendono malati quei cuori".

3.

Boeri ad Amatrice. All'archistar si offre l'intero cratere, in cui la ricostruzione non avanza perché non si sa cosa fare delle macerie. Regolamenti e norme europee impediscono di fatto la presa di decisioni anche controverse (costruire in zona sismica?) che hanno reso l'italia un paese meraviglioso. (La meraviglia nasce dalla trasgressione...). L'archistar porta un immaginario - il bosco verticale! Simulacro antiurbano imbricato nella più spietatamente urbana delle forme edilizie, il grattacielo. Boeri permette di fare mentre si afferma di non star facendo, inncarna la tergiversazione elevata a sistema che è alla base dell'urbanistica progre. Il bosco verticale è l'equivalente architettonico del Newspeak orwellianno - potere positivo, costruttivo, propositivo, opposto a una gestione del disastro schiettamente efficientista e neolib, incarnata da Berlusconi. Sui disastri si gioca il teatro del contrasto dx/sx, L'Aquila e Amatrice, le C.A.S.E. e Boeri. Ma che non sono che due facce della stessa gestione traumatica del post-sisma, che si innesta nella rottura creata dalla catastrofe naturale per prendere il controllo di un territorio e riplasmarlo a proprio interesse.

Forse così si può riutilizzare il concetto di vulnerabilità caro a Davide Ollori; brecce - naturali, sociali - in cui la struttura economica penetra per esercitare il suo potere riplasmmante, che le permette di creare nuovi profitti. Varchi da cui irrompe nei nuclei opachi per svuotarli di forza, succchiarne la vitalità, e abbandonarli.

4.

Su Lanternari, 1976, Folklore e dinamica culturale. Da Gramsci l'idea di un folklore conservatore (quello religioso) e un "folklore progressivo" dei canti di protesta, di lavoro e di lotta. Ma questa distinzione demartiniana confonde più che contribuire a chiarire. Perché non è solo emic; è anche illusoria, poiché contiene un giudizio di valore rispetto a un dover essere che non è proprio dei soggetti che la esprimono. È un dover essere valutato a priori, neanche nell'interesse dei soggetti, ma sulla base di manipolazioni oggettivate. Ricalca la distinzione tra classe in sé e classe per sé, e postula un super-io collettivo stabilito dall'esterno. Il folklore è cultura di contestazione non necessariamente nei contenuti; ma nelle forme, nella sua impermeabilità all'omologazione. Così anche contenuti progressivi possono diventare cultura di massa, omologata e funzionale a una dinamica culturale estranea - si pensi alla ripetizione ossessiva di Bella Ciao, che contiene peraltro un inconsapevole orrore storico (una mattina mi son svegliata: e dov'eri durante i venti anni precedenti, immersa nel sonno?); e anche processi apparentemente conservativi come la religione possono invece fungere da intoppi per il processo di monetarizzazione pervasiva che disaffilia sistematicamente gli individui. Mentre la communitas rituale del tipo carnevalesco o movida sono strettamente funzionali al mantenimento della struttura, altre forme di affiliazione più opache - addirittura società segrete, confraternite - possono svolgere un ruolo di resistenza; pur se, in quanto inconsapevoli, passibili di un recupero monetarista, commerciale (Gnawa diffusion). Tra queste, dobbiamo identificare quelle intrinsecamente impossibili da recuperare, eppure che svolgono una funzione socialmente positiva, di coesione.

5.

Furio Jesi, 1980, Mito, riprende la distinzione di Kerenyi tra mito 'autentico' e mito 'tecnicizzato', lo slancio mistico e la pratiche magiche rispondono in modi diversi alla stessa necessità, quella cioè di rapportarsi (adeguarsi) ai fenomeni naturali. Se si sente uguale o inferiore ad essi, sceglie la strada dell'abbandono mistico; se al contrario si sente superiore, tenta di imporre alla natura la propria volontà attraverso gesti particolari (che sostituiscono pienamente la pratica mistica). Il pensiero mitico attribuisce così alla natura un "qualcosa di miracoloso", un centro cavo, un non essere, che però suscita un'emozione. Le immagini impiegate (gli "elementi formali") "comprendono molte volte immagini archetipiche facenti parte di patrimoni culturali di civiltà precedenti a quella in cui si compiono taali pratiche. Si tratta dunque di immagini non più comprese nel loro significato originario; immagini di cui si mantiene più o meno inalterata la forma, mentre si attribuisce ad esse un nuovo significato, un nuovo valore, in vista dell'operaazione magica da compiersi". La risignificazione e l'incomprensione suscitano il miracoloso, il senso di alterità derivante dal porsi davanti a ciò che non è. E l'Illuminismo pretendeva di delimitare il campo del conoscere, ponendosi angosciosamente di fronte al problema di queste "forme in cavo". Perché come 'scienza del mito' esso si pone il problema della 'sostanza' del mito, e non quella del suo funzionamento; apologia metafisica o negoziazione aproristica, anziché analisi del meccanismo, della 'macchina mitologica'.

R.M.Rilke, 'Fin qui noi siamo' (II, Duineser Elegien 71-73). "Padroni di sé, essi intendevano: fin qui noi siamo / questo è nostro: così toccarci; più forte / premono gli dèi su di noi. Ma questa è cosa degli dèi"

6.

Invece Lanternari, Folklore e dinamica culturale, 1976, Liguori: il quadro della società borghese e secolare è interrotto dall'evidenza del recupero di elementi folklorici (irrazionali) in unn continuo altalenare tra mercato, contestazione, nativismo etnicista, cultura di massa. È un'anticipazione del postsecolarismo; ma che distingue significativamente (e senza giudizio di valore sulla sua autenticità) tra il magismo contadino (con cui gli oppressi reagiscono alla mancanza di possibilità di risolvere bisogni e carenze strutturali, su un piano di efficacia) e i "rigurgiti di magismo" tra i privilegiati (alla cui radice c'è la frustrazione del fallimento del sistema culturale, delle istituzioni, quindi della sovrastruttura del sistema capitalista).

Sembrano distinzioni accademiche. Eppure la Legge riconosce bene cosa è da punire e reprimere perché mina, sia pur involontariamente, le basi dello status quo, e cosa invece può essere tollerato perché anche se apparentemente deviante non fa che confermarlo offrendogli una valvola di sfogo necessaria. Lo dimostrano quotidianamente i giornali: il rapinatore ucciso oggi a Pisa (15/6/2017) era stato scarcerato a marzo per un delitto commesso nel 2010: aveva rubato a mano armata in una banca, poi sparato con un commmmando di 2 complici alla pattuglia di carabinnieri che lo inseguiva. Sei anni di carcere. Ai manifestanti di Genova anche dieci.

Lombardi Satriani: il folklore intrinsecamente come cultura di contestazione. Fofi vede il folk revival come forma di opposizione al regime. Ma per Lanternari è sbagliato, esso è più spesso ricerca di identità rivolta al passato, quindi "antiprogressiva e frenante". Per lui anche Cirese confonde il ripiegamento su se stessi e la combnattività, entrambi presenti nel folklore. Gramsci condannava le apologie del folklore, "teratologie", cioè studio di mostruosità.

7.

L'accusa da cui difenderci è sempre quella di occuparci di folklore. Fenomeni marginali, residuali, non rappresentativi, destinati a sparire comunque. Di proiettarvi sopra valori inesistenti, estranei ad essi, per non ammetterne la qualità transitoria. La Storia sarebbe altrove, nelle montagne del kurdistan o anche sui barconi, dove la violenza è visibile, non presunta. Oppure "fuori dalla nicchia", nei progetti che coinvolgono più persone, idee esportabili a tante aree della città o del mondo. Così Eugenio Dragoni, 5 stelle, viene a raccontare l'esperienza della PAH come pa(h)nacea, e Monica Postiglione parla di accettare il cambiamento. Bon Pastor appare come residuale, malessere dovuto. Stessa cosa successa a Napoli, quando Daniela Lepore ha dichiarato la sua poca compassione agli abitanti, ma anche la comprensione di una necessità di livello superiore. Dalla risposta a questa domanda arriviamo al nucleo della questione: c'è una linea sottile che separa chi è d'accordo e chi è contrario a quest'operazione, e da questa linea discendono due visioni della realtà. Due interpretazioni diverse della città.

Le due interpretazioni si possono riassumere e fanno capo a due diverse maniere di intendere lo stato.

1) Lo stato governa l'intero territorio. L'utopia rappresentata sulle pareti delle classi con la mappa del mondo diviso in aree di colori uniformi, un mosaico senza soluzione di continuità tranne l'antartide, normalizza la pretesa dei governi degli stati nazionali di essere l'unica fonte di legittimità sul territorio che hanno conquistato o che è stato assegnato loro. Quello che funziona e quello che non funziona sono responsabilità dello stato e dei governanti; verso ciò che non rientra nella norma si può assumere un atteggiamento intransigente, di rifiuto, oppure di condiscendenza benevola; invvocarne la distruzione urgente o l'assimilazione progressiva; in ogni caso, lo si rappresenta come out of place, problematico e da risolvere. L'obiettivo è sempre quello di consolidare il controllo governativo sulla vita dei cittadini: questo è considerato il sommo bene per ognuno e per la collettività, e la presenza di aree o settori non totalmente normati è anche simbolicamente un problema: rivela lo scarto tra realtà e utopia. Questa visione è propria anche di molti movimenti di protesta, che si percepiscono come strumentali a spingere le istituzioni a risolvere un problema (Lotta per la casa, PAH). Le loro azioni sono mezzi, strumenti per portare l'attenzione pubblica verso una consapevolezza, che prema le istituzioni a modificare una certa politica per includere settori non ancora inclusi. Tendono a creare situazioni insostenibili, perché per loro la permanenza non è un obiettivo (El desalojo fue un éxito, Miles de Viviendas).

2) Lo stato è uno degli attori in campo. Ardua da formulare, perché anti-intuitiva rispetto all'intero nostro sistema educativo, dominato da unwoven flags (Billig) che poggiano le basi di un nazionalismo sotteso, banale, ma pronto ad essere sventolato al bisogno. Eppure l'osservazione non ideologica della realtà non lascia spazio a dubbi: lo stato governa parte del territorio, settori della popolazione, alcuni ambiti della vita sociale. Grandi gruppi di persone , intere aree e fasce temporali, oltre che geografiche, sfuggono al suo controllo, totalmente o parzialmente. Lo stato è soprattutto il continuo lavoro propagandistico, soprattutto attraverso giornali, TV, scuola, finalizzato a negare questa evidenza. Altri stati dotati di minori risorse per la propaganda concettualizzano chiaramente questo stato-di-fatto (contrapposto a stato-nazione?), o stato-delle-cose. In nordafrica c'è la terra dello stato e la terra della dissidenza (bled el makhzen e bled es siba) governati e non governati; o nel sud est asiatico, valley people e hill people. Il primo strumento di conquista consiste naturalmente nel negare un nome a chi non è ancora stato conquistato, e quindi di impedirgli di riconoscersi in una collettività più ampia, ma di fargli percepire solo un'anomalia individuale. Così, negli stati-nazione più avanzati nnon abbiamo niente di simile all'idea di hill people o siba, che sottragga a chi non è ancora governato la percezione di essere puramente un'anomalia. Lo stato cancella la sua stessa storia, che è soprattutto storia di un progressivo estendersi scontrandosi con altre forze e attori in campo, prima maggioritari, poi sempre più marginali. Oggi fuori dallo stato abbiamo: occupazioni, campi rom, stanziamenti di profughi o clandestini, wagonplatz, 'baraccopoli' anche consolidate come l'Idroscalo. Tutti i termini che possediamo per queste hill people sono emergenziali, negativi, evocano la provvisorietà, la fine imminente di queste anomalie. Che invece sono permanenti (si veda il barraquismo a Poblenou: decine di articoli annunciano la demolizione dell'ultima baracca, per decenni). Riconoscere questo stato-di-fatto significa rappresentare lo stato-nazione coesistente con il non-stato, "arcipelaghi e enclave" sovrapposti e in contesa sul territorio, in sé disomogeneo e disorganico, in mutazione ma all'interno di uno stato di cose che è permanente.

8.

Anche Bon Pastor è non-stato. Perché trae legittimità da una consuetudine che si è evoluta in modo diverso da quella ufficiale; perché possiede una propria toponomastica, interpretazione della storia, genealogia, modalità di risoluzione delle controversie; e soprattutto perché fisicamente è il frutto dell'autocostruzione, spesso collettiva, non dell'intervento statale. Rende manifesta la possibilità da parte del popolo di organizzare la propria esistenza con un apporto minimo delle istituzioni; implicitamente quindi le dichiara inutili.

La ricerca però non può fermarsi alla proclamazione dell'esistenza di uno stato-di-cose diverso da quello propagandato dallo stato-nazione. Bisogna invece problematizzare il rapporto tra questi due enti. Lì si trova l'oscuro: perché lo stato, mentre nega, ha bisogno del non-stato. Esso svolge delle funzioni; lo stato attivamente produce, usa e modifica il non-stato, soprattutto creando per esso opportunità di rispondere alle proprie esigenze: in particolare, quella di presentarlo come DEVIANTE. E qui si passa a clan e mafie.

In questo risiede la critica di Herzfeld a James Scott, e quindi a Clastres: di aver semplificato in una dicotomia quelle che sono diverse forme di appartenenza o non appartenenza, prive di un dentro/fuori netto, e di impedire quindi lo studio delle diverse πολιτειαι che coesistono in uno stesso territorio (anche in uno stesso individuo, aggiungo). Da quest'impasse si esce forse ricordando che non stiamo parlando di qualità individuali, ma intersoggettive. Statale o non statale non è un individuo o un gruppo; sono piuttosto determinati legami, che vengono negoziati di volta in volta come aderenti alla πολιτεια dello stato, oppure no.

La questione è quella dell'intenzionalità. Di fronte alla "ricchezza delle nazioni", che per Vico è effetto di una progressiva concentrazione della produzione agricola e demografica, da bande a metropoli, Clastres e Scott oppongono l'idea di una reversibilità del processo. Se la maggioranza segue questa corrente, alcune minoranze la risalgono, non perché ne siano tagliate fuori ma perché consapevolmente scelgono di non farsi coinvolgere dal processo di accumulazione a beneficio altrui. Ciò che più importa però non è l'intenzionalità di chi fugge o resta indietro - il limite tra volere e potere risiede nell'interno di ciascuno, e spesso le pulsioni si accavallano (per questo è così rilevante sapere - per gli urbanisti - se gli abitanti dell'Idroscalo vorrebbero oppure no delle case popolari, che tra l'altro non avranno mai). Più energia dev'essere dedicata a capire l'intenzionalità istituzionale, invece: sempre nascosta dietro un discorso legittimante, va svelata nel suo obiettivo primario, quello di garantire l'appropriazione. "Forced to provision themselves from local sources, and with a tradition of corruption and plunder, military units have transformed relocation areas into zones of hyperappropriation".

9.

Relocation as the creation of zones of appropriation. Ma di che tipo di appropriazione si tratta, in ambito urbano e senza militari? Non di surplus visibile, né di riserve di manodopera; bensì di depositi per il dispiegamento mediatico. Le grandi concentrazioni di popolazione trasferita da una parte permettono la liberazione di zone da destinare a altri usi; dall'altra forniscono spazi di sperimentazione di strategie di governo.

Inoltre: la stessa operazione di tribalizzazione richiesta dai governi coloniali agli antropologi, di fronte alla complessità del panorama etnico, è ora richiesta ai sociologi urbani dalle autorità cittadine, per giustificare lo zoning e scoraggiare tentativi di autogestione e autocostruzione. Per questo vogliono che gli "raccontiamo le periferie" come spazi di disagio. Per legittimare l'intervento, e sostenere la stigmatizzazione.

(Il disegno c'è ma è sfocato. Non ho gli occhi abbastanza buoni, ancora, per vederlo complessivamente. Vedo ogni singolo pezzo).

"They had nothing in common but servitude and flight", Scott, 2013, p.260, sui Cosacchi. Non si applicherebbe perfettamente a molte periferie di oggi? Su cui, ugualmente lo stato prova a innestare identità etniche fisse (altres catalans... murcianos...)

10.

Ci sono parti di città che sembrano gridare la violenza a cui sono state sottoposte. Temo a volte di vederla io solo, ma essa mi si presenta con così tanta evidenza da risultarmi una violenza ulteriore negarla, nasconderla, fingere. Una di queste è questo maledetto arco, in una piazza chiamata 25 aprile, a Milano. È l'ingresso di Porta Nuova, alla fine di Corso Garibaldi. Che a sua volta aspira ad essere showcase di catene alimentari agghindate come negozi di moda; e che logicamente - come il boulevard terminava sull'arco - confluisce sul Tempio del cibo standard - fino ai '90 sarebbe stato McDon/BgKing, oggi è Eataly. Il vetro diagonale della facciata richiama l'imponenza del tempio, della chiesa, ma anche il vetro ottocentesco dei Passages di Parigi. Sul corso, però, c'è gente trapiantata, come fotomontaggi su uno sfondo non loro. Vecchietti al bar, parlano di pantaloni etc. Un anziano barbone su unna bici, lo zaino carico di campanacci che scampanano. They don't belong here, ma a un corso Garibaldi che è rimasto dietro, coerente con alcuni palazzi novecenteschi, anche fascisti. E questa è la città consolidata. La sua solidità consiste nell'essere integralmente territorio di estrazione di profitto. Perciò i vecchi e i matti sono fuori luogo: sono i residui tollerati di quando non si riusciva ad estrarre profitto lì.

In questa piazza ci sono stato anche di notte, l'arco oscuro in mezzo alle luci della città, e su un lato Eataly, irreale il tutto, come una breccia tra due tempi che nonn riesce a chiudersi, una porta dimensionale che vibra di incompiutezza. Raggiungerla è stato come toccare il cuore di una desolazione disperata, come se tutta l'incomprensione dentro e fuori di me si fossero incontrate ai due lati di quell'arco. Che a sua volta non comunicava più con se stesso, con il suo contorno, con chi lo attraversava. Chissà che un giorno non acquisisca la stessa organicità di Columbus Circle, ormai fiero del proprio vibrare disorganico. Un luogo che si è ormai adattato alla propria infermità, che ne ha fatto un nuovo stile, come gli emo o il cantante dei Radiohead. O come quando il vecchio diventa antico, e il contemporaneo moderno, e in quanto epoche storiche ricominciano a parlarsi.

11.

29/8/2017. Articolo di Alessandro Coppola sul terremoto di Ischia, pubblicamente imputato all'"abusivismo". L'abusiviso, dice, è solo uno degli aspetti di un sistema sregolato e privo di una regia pubblica che tuteli il rispetto dell'interesse collettivo. Se a Casamicciola sono morti nei crolli di edifici abusivi, a L'Aquila no, e ad Amatrice addirittura nei crolli di edifici pubblici recentemente ristrutturati per adeguarli a norme antisismiche. Il debito risultante dagli anni del boom, e poi da quello degli anni '90, nelle varie regioni, non è solo economico ma territoriale; si è cresciuto perché sistematicamente in deroga all'interesse collettivo. Chi avrebbe dovuto vigilare non l'ha ftto; e i tagli alle spese pubbliche rendono impossibile farlo oggi, perché i funzionari semplicemente non vengono assunti. (E il piano casa legalizza gli abusi prima che essi siano compiuti). Questa riduzione del controllo pubblico non si accompagna ad una crescita collettiva di responsabilizzazione delle varie comunità; al contrario.

Al centro del mio lavoro su Idroscalo e Acquedotto Felice c'era la domanda se determinate forme di autoregolazione - se non illegali certamente alegali - contenessero strumenti di vigilanza mutua sul territorio in grado di supplire alle carenze del pubblico. Una collettività "lasciata a se stessa", insomma, è in grado di includere nella propria autorganizzazione la necessità di tutelare l'integrità del territorio? O questa è ormai una prerogativa esclusiva dello stato, che la esercita poco e male, fregiandosene per compiere in realtà abusi di potere a favore di pochi e danno di molti? E più in generale: quali pratiche collettive mostrano una natura diautoprotezione, una natura comunitaria, insomma?

(disegno)

12.

Il lavoro di Rabinow sul Marocco precoloniale e coloniale (Symbolic Domination) è brillante perché ci aiuta a capire come siano le dinamiche locali a costruire un sistema di potere o un altro. L'opposizione tra bled lmakhzen e bled es siba non è, nei termini di Scott, una questione territoriale tra uno stato e un non-stato, e neanche un'opposizione binaria tra due polities come il moeang e il prathaet descritti da Herzfeld (Tambiah...) in Siam/Thailandia. C'è una sola polity all'opera: che risponde esclusivamente alla necessità di dominare il territorio. Il sultano allarga quantitativamente il meccanismo di conquista con armi / tassazione / leva militare / pacificazione + impoverimento dei territori, appoggiandosi su una sovrastruttura simbolica che non fa che tradurre in termini metafisici la superiorità militare. Rivendicare (claim) un'origine un nome e una lingua comune rende i gruppi assoggettati cosciennti della propria posizione nei riguardi del potere centrale, mettendoli così in condizione di decidere, collettivamente, la loro posizione sia verso il potere centrale che verso gli altri gruppi; e queste posizioni sono costantemente negoziate, anche simbolicamente, attraverso il discorso sulla legittimità nel dirimere le controversie. Centrale il ruolo dei mediatori, che possono enforce le loro decisioni solo attraverso la riprovazione pubblica. Non si tratta di un familismo amorale, ma della costruzione collettiva (e acefala?) di un linguaggio politico comune che permmette lo scambio tra gruppi, e il conflitto.

L'avvento del colonialismo: si crea un nuovo potere militare centralizzato, in grado di controllare tutto il territorio (ma sarà vero? senza alleanze non avrebbero conquistato nulla). I conflitti sono gestiti con più forza ma meno legittimità; si creano granndi accumulazioni di ricchezza, chi è vicino al potere centrale può volgere le controversie a proprio favore (e prima?)

13.

31/10/2017. Invece, l'alternanza di gumsa e gumlao di Leach (simile alla pulsazione per Tambiah?), cioè la coesistenza di un sistema egualitario e uno gerarchico, suscita varie riflessioni. La prima è che l'idea di Clastres che il potere 'generoso' dei capi fosse solo una cosa dell'Amazzonia, non regge: lo stesso capo della comunità di Pom Mahakan si presenta come sacrificato al dovere comunitario (e, aggiunge Herzfeld, anche la regina dell'Inghilterra!); anche il loro potere pulsa tra egalitarismo e gerarchia, sottomissione e comando: in guerra, il capo comanda. E le guerre non sono episodiche. La seconda: che il potere lo detiene chi comanda sullo stato d'eccezione. La sospensione dell'ordine, la nuda vita, non sono momenti di rottura; sono l'altro lato della pulsazione, come gumsa e gumlao. Quando è possibile si mantiene la struttura sociale egualitaria, democratica e partecipativa. Appena le circostanze lo richiedono/permettono (Genova? Valsusa? 155?) si passa alla struttura gerarchica, autoritaria, spietata. Non si tratta di una "realtà" nascosta da una "retorica", ma dell'alternarsi di due forme di organizzazione politica complementari, di fatto compresenti. La cosa strana è che la seconda, quella centralizzata e autoritaria, potrebbe essere più simile a una forma segmentaria. Di fatto, il potere è in mano a famiglie che lo amministrano in modo clientelare.

14.

Importanza della significazione e risignificazione dei simboli. Il re della Thailandia, che per governare deve presentarsi come capo di una prathaet thai, cioè di uno stato nazione modellato sulla falsariga occidentale, dai suoi sudditi viene risignificato come centro di un moaeng thai, segmentario e concentrico: solo per opporsi alle sue decisioni risignificando le proprie case minnacciate di occupazione come potenzialmente fondanti del prathaet e i propri spiriti come antenati nazionali. Tutti i simboli sono condensati di significati inconciliabili; quante volte abbiamo manifestato per l'anarchia immaginandola come un futuro di armonia e mutuo appoggio, mentre il nostro vicino di corteo sognava morte e distruzione, proiettandole sullo stesso simbolo? È il caso della bandiera catalana. Settori sociali diversi e in conflitto vi proiettano adesso delle aspettative di un certo tipo di ordine sociale: ma non certo lo stesso. Questo processo di significazione è ben più importante della tipica riflessione antinazionalista ni banderas ni fronteras a cui certo continuiamo ad aderire. Ma se le frontiere sono necessariamente dispositivi di esclusione, le bandiere no. Una bandiera, come quella messicana o curda, può significare ben più che l'appartenenza a un gruppo linguistico o culturale. È necessario capire bene cosa sono questi simboli, quali significati possano avere e perché.

15.

2/11/2017. Una nota sull'indipendentismo. Perché la cosiddetta "autodeterminazione dei popoli" dovrebbe applicarsi solo ai paesi colonizzati? Non troviamo contraddittorio sostenere la lliberazione del popolo curdo, o difendere l'esercito zapatista di liberazione nazionale, ma ogni rivendicazione di sovranità nazionale europea, o nord americana, ci risulta sospetta di esclusivismo identitario o xenofobia. Questa doppia misura nasconde l'idea coloniale che sono gli altri ad avere culture, etnie e appartenenze, mentre "noi europei" siamo esseri umani universali, incidentalmente francesi o tedeschi, ma ormai al di là dalle contese medievali sui confini. Una rivendicazione identitaria in Europa non può non essere in odore di nazismo, mentre quelle africane o asiatiche ci appaiono "naturali". Come se non ci fosse mai stato il Ruanda, o la bipartizione dell'India. E invece, c'è uno iato tra la rivendicaazione di un'identità nazionale o etnica, e l'uso di essa contro altre identità. Ma qui andiamo all'origine stessa della classificazione etnica, e della fondazione degli stati-nazione; che hanno costruito unna finzione identitaria di mondo mosaico (Wolf) non solo pretendendo l'identità di popolo/territorio e negando la compresenza, o 'aggiustandola', dando per scontato che ognuno ricerchi il suo simile e voglia rimanere circondato da essi; ma soprattutto negando la fluidità delle appartenenze. Oggi in whatsapp circolava un audio di un argentino felice che sua figlia era diventata catalana. Non trovava un'altra parola per spiegarlo che non fosse PATRIA. Un termine maschilista e macchiato di sangue. Ma probabilmente quello che voleva dire era PAESE - che in italiano definisce ambiguamente il villaggio e la nazione - e che in spagnolo si potrebbe tradurre PUEBLO, POBLE. Anch'esso ambiguo, popolo e villaggio.

16.

Nazionalismo. Da John Breuilly 1982 Nationalism and the State. Il nazismo non si può usare come esempio di nazionalismo, perché conteneva una dottrina della superiorità razziale e aggressione e sottomissione dei popoli vicini che non è propria del nazionalismo, anche se naturalmente si appoggiava ad esso. Nazionalismo e xenofobia non sono per forza connessi. La creazione della Germania nel 1848 non implicava né che tutti i tedeschi dovessero trasferirsi, né che i non tedeschi dovessero andare via; la richiesta era di uguaglianza, si articolava in confini territoriali, e contro la dominazione straniera o separazione. Differenza tra concezione storico-territoriale e concezione etnica (p.7-8): il luogo è "shorthand term for a complex network of ideas" e le rivendicazioni "couched in universal terms". Ma i contenuti universalisti e nazionalisti sono difficili da districare, e tra il pantribalismo yoruba e il nazionalismo nigeriano c'è grande differenza.

I movimenti di opposizione allo stato su base nazionalista possono voler separarsi, riformare lo stato, o unirsi con altri stati e possono rapportarsi anche con non-stati:

stati non-stati
separarsi Magyar, Greek, Nigeria Basque, Ibo
riformare Turkish, Japanese Fascism, Nazism
unificare German, Italian Arab, Panafrican

COME IL MARXISMO INTERPRETA IL NAZIONALISMO: Senza dubbio come un'ideologia che produce supporto della popolazione verso le classi dirigenti per far crescere il capitalismo. Ma come? 1) come imposizione di una sola classe (raro). 2) come alleanza di classe ognuna con i suoi interessi (ma non si capisce allora perché scelgano il nazionalismo per articolarli). 3) come interessi di una classe ma sostenuti da altre classi (quindi: manipolazione e irrazionalismo).

Ma se anche potessimo identificare una sola classe nelle rivendicazioni nazionaliste, non si capisce perché scelgano questa base. In più i nazionalismi vengono considerati bene o male a seconda della classe. Ma soprattutto implica l'esistenza di interessi oggettivi di una classe, anche a insaputa dei suoi membri. L'esempio anticoloniale di Tom Nairn, che vede il nazionalismo come risposta all'imperialismo, non regge. Viene prima! E ci sono troppe variazioni tra l'uno e l'altro per poter generalizzare un rapporto diretto tra classe e nazionalismo.

SPIEGAZIONI PSICOLOGICHE: Il nazionalismo offre un rifugio alla crisi di identità post-rottura comunitaria; simile FUNZIONALISMO alla Gellner, ma il funzionalismo descrive sempre una rottura prima/dopo la modernità. Ma il bisogno di identità non è 'naturale'. E il funzionalismo è troppo rigido: nel nazionalismo convergono elementi contraddittori che possono prendere anche forme diverse dal nazionalismo.

17.

Eric Wolf, sempre 1982, Europe and the people without history. connette la visione di territorio spezzettato con scienze sociali parcellizzate; l'ideologia Tönnies-Maine-Durkheim-Redfield di una frattura completa con la comunità (ordine morale -> individualizzazione, secolarismo) fa nascere la sociologia da questa frattura. Ma già Weber non era tanto sicuro di questa sostanziale differenza tra folk/moderno, che da Talcott Parson si ribalta, con la Gesellschäft che diventa desiderabile contro il tradizionalismo retrogrado. La teoria della modernizzazione diventa strumento di generalizzazione di tutto quello che non è europeo. REDFIELD nella community, STEWARD con l'evoluzione emergente, LESLIE WHITE col neoevoluzionismo (40-50) e SAHLINS conn adattamento. Ma non si riesce a creare unn paradigma valido per la comparazione, e il giro al significato resta bloccato sulle contraddizioni di ogni sistema semantico e i rapporti tra loro. Si continuano a studiare singoli casi. E se studiassimo i PROCESSI? Anche l'antropologia cade nel primitivismo. Si propone l'etnostoria ... come se non fosse storia e basta. Nel marxismo (Marx era materialista, storicista, ma non determinista) ci sono GUNDER FRANK e WALLERSTEIN che spiegano come il capitalismo crea sviluppi diseguali. Ma studia come il capitale rende periferico uno spazio ma non cosa succede e come reagiscono. Pensare il mondo come una totalità.

17.

Gellner 1983 Nations & Nationalism. Da Weber: lo stato è l'entità che ha il monopolio della violenza. Ma non è sempre stato così... e soprattutto ora non c'è alternativa in vista. Gellner confonde l'autorappresentazione con la realtà! o forse studia l'ideologia. Anche lui, come Wolf e Breuilly, iniziano da quando non c'era lo stato, dalla società industriale che determina il passaggio dal malthusianesimo al controllo della popolazione, che richiede lo stato. Così come il bisogno di una cultura unificata, lingua etc.. Smonta la naturalizzazione. ERIKSEN sintetizza: sistema educativo, omogeneizzazione, burocrazia, normalizzazione linguistica, astrazione nazionale, legittimità fondata su somiglianza culturale, anonimato.

18.

Hobsbawm 1990 Nation and Nationalism since 1870. Usa la stessa definizione di Gellner: un principio che vuole che unità nazionale e unità politica siano congruenti. Ma critica la scarsa visione dal basso di Gellner, come le persone comuni interpretano il nazionalismo. E si chiede come il nazionalismo è potuto divenire rilevante per tanta gente pur essendo controintuitivo. Sebbene della stessa natura del fondamentalismo religioso, è vago, e quindi in grado di mobilitare le mmasse, e il libro si chiude con un'aspirazione a superare la nazione. "Catalan culture today flourishes, but on the tacit assumption that is Catalans who will communicate with the rest of the world through Spanish and English, since few non-residents in Catalonia will be able to communicate in the local language". E cita uno studio del 1970, pubblicato a Madrid, che dice che all'estero due terzi dei catalanni si consideravano spagnoli. Nel 1970! Di nuovo, come quando analizza gli anarchici degli anni '30, Hobsbawm si dimentica del franchismo. Ma perché?

E conclude con la prossima fine del nazionalismo, d'accordo con la critica di Breuilly a Anderson e Gellner quando sostengono che "The self evident success of nationalism means that nationalism is very strongly rooted in the thought or behavior of people". Forse infatti alla fine di questo excursus, il più lucido e appropriato al presente è proprio Breuilly. Lo devo citare at length:

"Nationalism cannot be linked to any particular type of cultural attribute or social arrangement; or to any particular structure of communication; or to any particular class interest; or to any particular economic relationship; or to any particular psychological state or need; or to any particular social function or objective. It is therefore impossible to construct any acceptable theory of nationalism upon such basis.

Nationalism is a form of politics. Before trying to theorise as to the purposes of this form of politics - before trying to go behind nationalism to some cultural, social, economic or psychological basis which it is claimed is what nationalism is 'really' about - it would seem appropriate to try to work out how this form of politics actually operated. Most general theories seem to have little idea about how nationalist politics have actually worked. Most of them seem to be generalisations from specific sorts of nationalism or, at worst, seem to have some view of nationalism which is either untestable or quite unlike the reality which is disclosed by the study of particular nationalist movements. Yet particular accounts in turn usually have no idea as to what it is about their particular nationalism which makes it part of a larger set of political movements. It may be that there is no answer to that question. But the onnly way of looking for me is to begin provide an account of such politics which does justice to the complexity of the particular case but which also seeks to locate underlying patterns" p.35-36.

Insomma: o si inserisce uno specifico nazionalismo in una categoria generale, senza quindi capirlo, o lo si capisce ma senza poterlo inserire in nulla di ordine superiore. Ma la diversità radicale tra i significati attribuiti ora alla bandiera catalana, e quelli di qualunque altra bandiera, mmi fanno sembrare il nazionalismo solo un contenitore vuoto da riempire, la forma obbligata che deve avere qualunque rivendicazione che aspiri a una base territoriale. Si può opporsi allo stato spagnnolo con qualche prospettiva di successo solo opponendo ad esso un progetto politico che almeno fondamentalmente presenti le caratteristiche dello stato nazione. Altrimenti si viene reputati solo GIOVANI. Perché agli indepe nessuno attribuisce il carattere giovanile? L'osservazione della realtà - S.Jaume il giorno della DUI - lo permetterebbe, come gli Indignados la disconfermano continuamente. Ma giovane vuol dire immaturo. Mentre qui, e lo ripetono tutti, stanno giocando con il fuoco. La repressione non fa che confermarlo: non è un gioco, stanno facendo sul serio. E perché? Perché stanno usando il linguaggio dello stato. O meglio: perché hanno usurpato il linguaggio dello stato. (è vero anche che ci sono moltissimi anziani ora).

Quello che ci interessa però non è il contenitore ma il contenuto. Qualunque altra rivendicazione che fosse riuscita a scuotere i vertici avrebbe causato la repressione e l'impunità alle bande di fascisti che aggredivano a casaccio. Il contenitore riesce sì a modificare il contenuto, ma poco, come fa capire Breuilly, è impmossibile determinare cosa ha di specifico un nazionalismo rispetto ad altri simboli dell'azione comune.

19.

E poi c'è naturalmente l'interpretazione di Herzfeld che lo stato nazione si appoggia al linguaggio familiare proprio mentre sistematicamente svuota di potere la famiglia - costruendo relazioni che si presentano come esclusive, anche se si sostengono solo ed esclusivamente perché sottintese sono le altre, una distinta politía che non si può mai cancellare del tutto, e che anzi bisogna mantenere il più possibile attiva. Una spiegazione più complessa, ma basata sullo stesso paradigma di Kapferer, in Legend of People Myths of the State. che critica a Hobsbawm di invention of tradition, perché le tradizioni non si oppongono al costume; tutte le tradizioni sono inventate. Ma lo stato risignifica storie mitiche già esistenti, proiettando il presente sul passato, e riorientando la popolazione negli orizzonti della sua esperienza. Le dinamiche politiche e sociali prendono forza dai significati che ricevono grazie all'ideologia della tradizione, che le rende terribilmente pervasive.

But social structures are mapped onto the physical space; e quindi la risignificazione implica ridefinizione degli spazi - in particolare quelli urbani, dovuto al legamme stretto tra stato e città (da capire meglio). Questo processo non è dato una volta per tute: avviene costantemente. E nello spazio, è più facile individuarlo che nel mito, perché le zone contese non sono solo angoli morti del discorso: ci vive gente. Nello spazio, la cristallizzazione di significati di cui ha bisogno lo stato, per creare la propria illusione di eternità, è la monumental vacuity, il "necessario lamento" di Mussolini, non riuscito; l'equivalente battaglia contro le interpretazioni multiple, contraddittorie e ambigue, è lo spatial cleansing.

Dilan mi ricorda com'era Beyoğlu quando era piccola, 25 anni fa, 20: uno spazio in cui l'autoritarismo e conservatorismo della cultura turca lasciava che sopravvivessero le diversità; i peggiori maschilisti tolleravano Zeki Muren e Bulent Ersoy, così come tutto il caos economico e sociale di Beyoğlu, perché - "sono artisti". Erdoğan bulldozes all of this, e risignifica essere turco come una guerra al disordine. Ma le sinistre a Bcn hanno fatto lo stesso; il processo è superiore alle appartenenze politiche. Serve per consolidare il potere - in primo luogo economicamente (cedendo spazio alla speculazione), poi simbolicamente. Ciò che viene espulso rappresenta ciò che lo stato non vuole essere: in Grecia è turco, in Turchia curdo... a Barcellona spagnolo e migrante, oltre che gitano. Di qui il suo carattere intrinsecamente revanchista. Appello all'ordine contro il "matter out of place": lo stato è un sistema classificatorio.

In India, spiega Appadurai, Mumbai è un caso immportante perché dagli anni '60 in poi da un lato lo Shiva Sena ha preso sempre più il controllo della città e del Maharashtra intero; a cui ha infuso un'ideologia sciovinista su basi etnoreligiose. Dall'altra, la città è diventata sempre più invivibile e ostile, soprattutto per i più poveri.

20.

Mullins & Jones, "Archaeologies of Race and Urban Poverty" mostra come l'archeologia può essere usata per constrastare le rappresentazioni distorte dei quartieri popolari come slums. Ma ci vuole un secolo di distanza. Una casa di legno a due piani a Indianapolis, demmolita nnel 54 per far posto all'università: viene presentata come simbolo di miseria, ma per gli antichi abitanti la miseria non era il tratto saliente della comunità (2011).

Quello che ci interessa non è la veridicità o flsità delle categorie, bensì gli usi strategici che fanno di esse gli attori sociali: la poetica. Che è sempre indefinita. Di fatto, l'indefinitezza stessa la protegge, contro l'ideologia centralista/coloniale/cartesiana. Il contrasto tra prathaet e moeang in Thailandia non è tra due forme statiche, ma tra una forma DEFINITA (un idealtipo) e un referente impreciso, vago, per definizione ambiguo ("incohate", una parola che usa anche E.W.Ardener sulla fase iniziale di una protesta, quando blank banners start to form: incohateness). La definizione può essere una minaccia. Non c'è una prova chiara che gli abitanti di Pom Mahakan si identifichinno con il moeang (che peraltro è parola in sé ambigua: paese, città, come cittadini e paese (nazione) in italia). Ma è proprio per questo, "non deve diventare troppo tangibile". "Ora siamo diventati troppo tangibili", ha detto un abitante di Pom Mahakan a Herzfeld. È un pericolo.

21.

15 maggio 2014, Israeli soldiers kill two Palestinian young men, just outside Ofer prison, in the West Bank. It was Nakba day - the killing was filmed by a surveillance camera, explains Amal Bishmal, The Green Line. Not green in all maps (A contested territory means more reification of the map, more messages from map to territory, less from territory to map?), separates West Bank residents from Palestinian residents of Israel. But these two communities do not share even the same media! Herschkin's Islamic counterpublics. There is a sense of simultaneity that creates the 'nation' in Anderson's terms, but the green line is a complex object. Still, they react to deaths in virtual communities.

Sovereignty in Foucault is "right to make live or let die"; death is no longer a collective spectacle, but something to be hid away. In the West Bank and Israel death is constantly socialized by media and smartphones - all this becomes background information on which all Palestinians comment. #Fadi. A hundred Palestinians arrested for posts on Facebook. For example, Dareen Tatour, 1982, freelance journalist and activist put this sign as her profile photo: "I am the next martyr". Led to arrest. Other arrested for sentences like "good morning martyrs" (sabah asshahid)

انا الشهيد اللي جاي

To study counterpublics requires to look as how states regulate and control media, and how borders share their virtual landscapes. Obviously Palestinians in Israel are more likely to get arrested, while West Bank obviously receives more attention (and Gaza). And acts of resistance are much more celebrated in Arabic than in English.

Ho la sensazione di abuso del termine intimacy. Si deve a Herzfeld? Pakistani's use of social networks as a means of survival; while talking in the street is not safe. But it appears that facebook is basically a site where rituals take place. Is all facebook activity ritual? At the same time, submitted to the algorhythm, suprahuman entity on which nobody has control. Secret as recipe of Coke, pervasive as Big Brother.

22.

La teoria antropologica maggiormente a prova di ruggine è matter out of place di Mary Douglas, e il legame della sporcizia con il pericolo e il suo inverso strutturale, la purezza. Ciò che viene considerato sporco - a partire dalle barzellette, fino ai maiali nel Levitico - è quello che mette in imbarasso il sistema classificatorio.

Ma di fronte a un sistema classificatorio che esclude una parte che si rappresenta innvece come inclusa, la reazione è una risignificazione del sistema classificatorio: che non contraddice né invalida il suo principio di autorità, ma si propone di riformularlo. Ma questo ha grosse implicazioni per chi fino a quel momento non aveva definito la propria mancata adesione alle categorie: proprio perché era l'ambiguità nei confronti del sistema stesso a costituire la differenza.

Scott's Moral economiy of the peasants: applica le categorie di E.P.Thompson fuori dall'ambito inglese - ed è da lì che inizia, per passare poi a Seeing like a state che usa un esempio urbano, quello della Ghost Law inglese, in cui si protesta risignificando il proprio lavoro, cioè svolgendolo con eccessivo zelo. E quindi bloccando tutto. "Comparison makes people with power feel uncomortable".

Ma non tutte le comparazioni si possono fare. Anzi, alcune sono perniciose, come quella tra la Catalogna e la Lega Nord. Quando il diplomatico tunisino mi dice "se la catalogna ottenesse l'indipendenza, si spaccherebbe l'italia", avrei dovuto rispondere "se i tunisini avessero cacciano Ben Ali, anche i marocchini vorrebbero cacciare Mohammed VI". Non è così. Ogni luogo e situazione ha le sue specificità, e l'unica cosa che conta è la storia.

23.

Se Viviana Pâques avesse ragione, saremmo davanti a qualcosa di colossale. La Gnawa sarebbe nientemeno che la catena di trasmissione cifrata della conoscenza sapienziale accumulata dall'antico impero del Songhay, costruita in forma di strutture mnemoniche multisensoriali dal significato segreto, per preservarla in una società largamente ostile. L'autorappresentazione della Gnawa come società di buffoni di corte, inoffensiva e superstiziosa, non sarebbe quindi che un "discorso duplice", per dirla con Pia, con cui preservare il sapere attraverso generazioni. Un progetto di traduzione etnografica deve quindi tener conto: 1) della funzione strutturante del linguaggio verbale, che trasforma in cosa morta un sapere che è esperienziale, collettivo e ineffabile; 2) dell'opportunità storica e politica di rivelare alcuni segreti che si vuole mantenere tali.

1591: la caduta di Timbuctu a mano delle armate berbere del sultano Mansour. Decine di migliaia di persone vengono portate a forza a Marrakech.

Dalla Guinea (antico regno del Ghana) altre migliaia di persone trasportate in Marocco attraverso i porti di Agadir e Essaouira (da cui la Gnawa marsaoui)

Ma J.L.Mateo ne dubita. Per lui Pâques, come Griaule, fa un'operazione coloniale, credendo di vedere ciò che i nativi non vedono.

24.

What is the impact of dislocation on memory? How does memory of a past way of life, and knowledge of history, change? Herzfeld. The assault on Pom Mahakan is part of a larger attack on communities that managed to maintain their own version of the past, which conflicts with the official version. If it was possible to re-write the law in order to have these people living near the walls, this will make easier for many other communities to claim their right to remain near temples and historical centers. But bureaucrats - and the burgeoisie - don't like variety and don't want complications (Scott in The Art); they stick to order.

People who are now being made precarious, they don't get much sympathy - because they aspired at being middle class. nd this works together with the intent of the state of 1) not tolerating any conflictive version of history; 2) fearing the very idea of people being loyal to the government but through alternative readings of the state.

Disgregation and precarity are forms of slavery; to avoid them nnow mmeans sparing huge protests for the future. They are ordinary people! this is the sense of ethnography. The role of anthropologists is to interpret, performances and rituals that convey meanings that are not expressed verbally or explicitely.

Cannons in Pom Mahakan were meant to repel the French - and their emplacement is ironically wiped out by a boulevard. The wall represents the mandala reproduced and represented on earth. this is why the moeang is a moral community. Most countries didn't have boundaries until colonization; territorial mapping comes into pllace with western domination.The capital city is no longer a model of cosmos; it is the model of the counntry. Much more defined, clearly bounded and in need of CONTROL. Pom Mahakan people are taken inn this quandary: they do not elect representatives to talk to the Bangkok Metropolitan Authority (BMA), because they are a moeang: so bureaucrats should talk to all. But it's a dialogue of deafs: state does not acknowledge moeang, they do not acknowledge that the state has the force to smash them.

Nasserism.As Nasser played US and USSR one against the other, residents of Pom Mahakan managed to play out the state in two sides: from below, appealing to loccal values, and from above, by calling in higher powers and values to the state. È una visione etic, perché non è così che la comunità would frame it; and related with the constant shift of polities between egalitarian and hierarchic. Thais fear of ghosts brings many to refuse living in old houses: preservation has few followers. Same thing in Vietnam: people are aware that demolitions will harm them, but they support them for greater benefit of the country. If you did it, why would you tell us not to do it? As anthropologists, and planners, we shall balance ethics, politics...

25.

PO-MO-MED- Il Mediterraneo per Herzfeld è un laboratorio per comprendere la produzione di discorsi postmoderni, attraversati da un duplice paradosso: uno diacronico, per cui proprio i segni della contemporaneità rinviano al passato, e unno sincronico, per cui l'emergere di distinzioni nazionali si accompagna a una crescente omogeneizzazione. Si arriva ad un 'universalismo parrochiale', a cui il Mediterraneo è già abituato, in quanto insieme margine del contemporaneo e centro del passato. Così, la produzione di un immaginario 'Mediterraneo' comune è promosso da forze globali ma ostacolato da differenze locali, e insieme ambito di costante controversia. Cucina, architettura, artigianato, sonno i campi inn cui si produce una continua rinegoziazione dei rapporti tra gli stati e l'immaginario comune. Ma essi sono soggetti anche ad un costante addomesticamento (domestication of the savage Med) a consumo del turista che richiede semplificazione delle differenze, per renderle comprensibili e fruibili in comfort. Ma si standardizza la forma; non certo il significato. Gli stessi talismani contro il malocchio possono diventare merce genericamente nostalgica, che veicola (invece di combattere) la distruzione sociale prodotta dal neoliberismo nel Mediterraneo. Essi non sono più legati a sistemi di rapporti sociali; e spesso veicolano rivalità e conflitti di cui il fruitore forestiero è assolutamente ignaro. La momdernità del Mediterraneo è sempre e comunique obbligata a presentarsi come premoderna.

26.

Anton Blok, 2001. The Narcissism of Minor Diferences. Da Freud, che conia il termine, alla rivalità Dinka/Nuer, le faide tribali del Montenegro, e Bourdieu sulle piccole differenze come forma di distinzione: il pericolo maggiore non risiede in chi è enormemente diverso da noi, ma in chi è leggermente diverso. Girard: "L'ordine, la pace e la fecondità dipendono dalle distinzioni culturali; non sono queste distinzioni ma la loro perdita che fa nascere rivalità feroci". (Order, peace and fecundity depend on cultural distinctions; it is not these distinctions but the loss of them that gives birth to fierce rivalries and sets members of the same family or social group at one another throats. 1979, 49). Per questo i gemelli inquietanno, e sono a volte abbandonati o uccisi. Per Kluckhohn la guerra tra fratelli è il mitema più comune; sia in Bosnia che in Rwanda le difference tra serbi e croati, hutu e tutsi, erano diminuite sostanzialmente, al punto di confondersi, come l'antisemitismo esplode con la scescente assimmilazione degli ebrei. Anche il conflitto irlandese o in Sri Lanka, entrambi fratricidi, sono legati ad appartenenze mitiche più che a differenze sostanziali.

Ma queste sono le forme che assume il conflitto, non certo le cause. Farne un sillogismo può portare di molto fuoristrada. Le cause del conflitto emergono altrove, e si dirigono contro i vicini per le ragioni esposte da Blok. È un epifenomeno; la superficie; nonché tautologico, poiché i conflitti sono territoriali, chi li protagonizza già condivide molti aspetti della propria identità con il nemico.

Uno degli ultimi esempi di etnografia di qualcosa e non della nostra rappresentazione di qualcosa. Il discrimine è forse proprio il 2001, quando il crollo delle torri gemelle ci ha improvvisamente rivelato che l'arroganza su cui si fondava il dualismo coloniale era percepita come sufficientemente infondata da spingere le schegge impazzite di chi ne faceva le spese proprio al cuore di quel dualismo, con pochi mezzi ma abbastanza decisione da poterlo far crollare ignominiosamente. Da allora, quello che conta è soprattutto come rappresentiamo e come le rappresentazioni sono percepite, e quali sono gli effetti materiali di queste percezionni. Solo a partire da questa domanda si può descrivere la realtà, e solo nello scarto rispetto alla rappresentazione.

27.

Hinting, alluding, as a way of evoking but leaving vague; if you make it precise it becomes tangible, thus more liable to control. A much more interesting point on tangibility than Unesco's intangible heritage. One of the greatest achievements of Scotts is attributing/recognizing agency to communities to which it is commonly denied.

28.

Herzfeld, notes. A military coup in the US? There had never been so many militars in the White House since the time of Eisenhower. The struggle is between a very right wing movement headed by Steve Bannon, and the military. Only in the XX century cities had flooded with peasants - as a failure of global economy and ecology. Increase in authority linked with populist rhetorics. Populism appeals to people; but the -ism points its deceptive character: populists pretend to speak for people. Populists can identify the awkward dimensions of what people will not accept about themselves, and make them more legitimate - like racism under Trump. Racism is culturally intimate - nudge nudge, wink wink-. Modi, Taksim, Erdogan, Trump. No action is taken against some acts of violence or violent statements; you can be selective, is the message. Comparison is dangerous for mmilitary government, which try to make comparison more and more difficult. Isolationism at a cultural level goes together with isolationism at an economic level (Michael's keynote speech comparing Thailand with Greek coronels by the rhetorics expedient of 'But Brutus is an horonable man').

Art of not: it is a constructionist thesis (anti-essentialist: essence, ontology, are marks of a linguistic tradition that makes us difficult to think other than essentialism: there is no not to be). The art of governance produces classifications, this is what bureaucrats' work is about; and this is why ambiguity is uncomfortable to the state. 65 ethnic groups with very clear boundaries are easier to control. Language is the best way to essentialize ethnic groups (the Thai government has also a genome scheme for identifying Chinese or Tai descent). Spivak: strategic essentialism. Jane Jackson: "let's not deconstruct ethnic groups because they are used for advocacy by oppressed. Scott claims that denying identity can be a political act; in a frame of reclaiming illiterate culture, civilization without literacy, the most important contribution of anthropology. Scott shows our idea of civilization is strictly dependent on the state.

Wales - galles - galiza - galicia - walachia - vlachs: peripheral people. From words like βλάχος in Greek, meaning 'stupid'. βάρβαρος -> berber. "Cultural stuff that lives withinn a boundary", according to Barth, is manipulated by people; he doesn't include the state in his definition, as Scott does. Igbo's huge ethnic group creation, from census taking by the British: igbo means 'person', and in upriver Biafra everybody would answer yes to the question 'are you an Igbo?'. Chinese law that made puns illegal in public: it makes the state look ridiculous, showing the attempt to regulate meaninng as intrinsically contradicting the structure of language itself. Punning in Britain is practiced by aristocrats and working-class; not the burgeoisie, that likes fixed meanings (Mary Douglas commentary to Herzfeld). Semantic uncertainty is linked with purity and dangerous (aristocrat/workers).

Oscillation: Kachin (coming from ka, in tai 'slave') political systems for Leach oscillate betweenn egalitarism and authoritarianism, as coexisting polities. This dynamic was altered by colonialism, which needs clearly fixed political entities to relate with - and this is the origin of cryptocolonialism. Fission and fusion of groups was always possible, as well as reinventing genealogy: this is possibile if it's oral, while written tradition would be fixed. Nuers played with genealogy - without cattle, a nuer becomes a dinka. When segmentationn becomes literate, some things are downplayed. (Herzfeld doesn't trust so much Gellner's ethnographies - I pointed that his account of berber political systems contradicts Scott: bled el makhzen and bled es siba are not definite). What Scott misses is the deliberate move of people to cities - the urban revolution! What today would be red shirts, indignados, refugee or migrants to India - they are the basis of urban movements, and reason for recent crackdowns and authoritarianism. His argument has to be updated. The second point he misses is how these groups that flee to the hills imagine themselves. What models did they use to describe themselves?

When German claimed Greek were lazy and sitting in coffee shops instead of working, if they bothered to speak with them they would find them creating alliances among them against the common enemy - the Troika - that is, segmentary polity. Germans don't grasp it and essentialize them as fallen from the grace of classical Greece, in itself very much fancied by German romantic philologists themselves! (Greeks would be outradged at Bernal's Black Athena, that took the dubious privilege of representing European past away from them).

A substratum. The creative process opposing to the state appeals to a substratum, but reinventing it to the new situation. Ardener's blank bannes state of not still knowing how they self represent to protest.

29.

Genocidio economico in corso in Puerto Rico dove tra 200.000 e 500.000 persone sono emigrate nnegli ultimi 10 anni; l'uragano Maria destapa la dipendenza coloniale e accelera i processi di displacement, tra cui la gentrification. La cortina del paese che funziona e che si distingue così dal resto del Caribe viene aperta: il processo di accumulazione delle risorse spinge la gente fuori e distrugge le difese ecologiche dai disastri - oltre a imporre austerità e impedire il commercio con le altre isole del Caribe. Ma l'impatto sulla comunità va pensato in termini complessi; anche (soprattutto) sui rapporti di potere interni alle comunità, e.g. gender. "Just Recovery" significa modificare il modello economico per rendere la strategia di recupero dalla catastrofe anche una strategia di passaggio verso un altro modello economico più ancorato ai bisogni locali. Come il displacement è un fenomeno multiscalare, così dev'essere la risposta. Recovery and reconstruction are not the same. Reconstruction è ricostruzione fisica, recovery è recupero della coesione sociale. La risposta collettiva ha superato in gran misura le operazioni dello stato, soprattutto nelle aree interne; le NGO sono deboli ma hanno reagito bene - grazie a una rete di fiducia reciproca costruita negli anni, proprio quando l'incompetenza lasciava le risorse governative nel caos o accatastate nei magazzini. La reazione improvvisata dei grupos de ayuda mutua e delle femministe ha creato un Community Driven Disaster Relief che sarebbe riuscito anche a far riaprire le scuole se l'esercito non si fosse interposto con la scusa dei controlli. L'obiettivo era mantenere le scuole chiuse per favorire quelle private - come a New Orleans. Il caso più evidente di negligenza è stato proprio quello dell'elettricità, in mano a un consorzio corrotto che non è stato in grado di far ripartire l'allaccio alla rete (per settimane).

Diaspora. Le comunità diasporiche nel NordEst, nel Midwest, nel Sud degli USA, sono molto diverse. E soprattutto, c'è un fenomeno di revolving doors, gente che va e viene e costruisce uno spazio transnazionale, in cui si sviluppano anche nuovi sistemi di controllo politico (?)

30.

Todas las ciudades son poseídas, Manuel Delgado en DF. Magistralmente Delgado riesce a spiegare la riqualificazione come esorcismo della città posseduta dal demonio: che da Nietzsche diventa dicotomia apollineo/dionisiaco e arriva ai due spazi di Lefebvre: la città vissuta va non saneada, sanata, ma salvata; tecnicamente, eliminando il demonio con atti di vero e proprio sortilegio, congiurando cultura, sostenibilità, responsabilità, come amuleti contro il male. L'urbanistica cerca la leggibilità e una città utopica a opporre all'imprevedibile, un mito contro la realtà. Porque Dios odia las ciudades? porque castiga Babilonia, Sodoma, Gomorra? La ciudad es una gran ramera; es Roma. El apocalipsis es una guerra contra Roma, en el nombre de una ciudad que no existe: la Jerusalem celeste. Gli urbanisti odiano la città perché non la possono capire.

"Triunfo de lo abstracto sobre lo concreto, de lo representado sobre lo vvivido, pos toda ciudad nace para asustar al mal, y la presencia del mal es siempre decepción, traición al fin original de su fundación, y por lo tanto necesita ser restituiida a su función original, por un demiurgo - el arquitecto".

La antropología urbana nace de la ilusión de pastores evangélicos de redimir la ciudad del montón de males - en nombre de quienes nos sentimos obligados a analizar las vidas de quienes presentamos como los problemas y las víctimas de las ciudades. Estamos preocupados por la convinción que las ciudades son malignas. Pascal: no es posible el consuelo si pensamos las cosas detenidamente. "Los técnicos de la ciudad son teólogos; los antropólogos, misioneros. El enemigo del urbanismo es invencible: es la vida. El urbanismo se presenta como técnica, pero es puro discurso, que se presenta como psalmo, para conjurar ángeles caídos que se niegan a rendirse". Anhelo por la realidad, por descubrirla, detrás del velo de Isis, de los discursos que sirven para mantener a raya la realidad, categorías del liberalismo burgués para el cual todos somos librepensadores racionales. Salir a la calle. Quiénes eran esas personas? de qué están hechas? Qué saben de nuestra inquietud filosófica? La impotencia antes de esta incomprensibilidad, de la gente que sólo se dedica a existir, de allí emerge nuestra soberbia, pretensión de levantar mapas, tesis doctorales, para no volver más - esta especie de vértigo delante de todos - el capitalismo no puede hacer nada contra ellos, no pueden matarnos a todos! Sólo ir y volver, siempre

El urbanista no genera mundos de la nada; lo aplica sobre el telón - aplicando el sephirot no sobre la nada, sino sobre ese oceano abismal en el cual habitan monstruos que su mente no puede pensar. Si tenemos que ser positivo, hacer planes, tesis, sobre un magma, una pasta, del cual no sabemos NADA! El derecho a la ciudad es el derecho a lo urbano, a la vida. La playa debajo los adoquines. Una antropología en negativo - esa vida cotidiana es invencible, no podrán con ella, que apunte a lo que nunca podremos entender. Cual fue el problema? Haber salido del hotel. No podemos salir de allí, de nuestras aulas. Lo que nos espera allí fuera, sólo para demonstrarnos que no sabemos nada. Vivíamos en una burbuja de conceptos y categorías que sirven para alejarnos de la realidad; es imposible escaparnos! El peligro, la soberbia, es que la antropología pueda salvar a alguien. Humildad. Bourdieu explica la asimetría en una relación de entrevista, imposible de escapar. Nunca damos con nuestro objeto.... por esto nuestras etnografías son tristes? es imposible acabar contentos del trabajo que hemos hecho: nunca! La pretensión de abarcar un millón de cosas que es la ciudad, está fuera de lugar. El dinero es mística, el capitalismo es patrimonio immaterial! Hemos de saber de qué están hechos los hechos, para por lo menos pensar de transformarlos... pero no cierto con ese espiral de categorías...

31.

Black Athena Revisited è dedicato a Momigliano: ebreo antifascista e antisionista, per cui la storia degli ebrei è storia della loro formazione di una coscienza nazionale, parallela alla formazione della coscienza nazionale dei piemontesi, napoletani, siciliani; il Risorgimento era per lui (opinabile) il momento inn cui si capisce che la pacificazione degli ebrei agli altri cittadini è cardine della nazione. Due minuti prima parlavo col russo, di quanto gli ebrei russi in USA siano fanaticamente nazionalisti. Ogni nazionalisti. Ogni nazionalismo è diverso.

32.

Perché gli antropologi e antropologhe scelgono una comunità specifica su cui lavorare per anni, a volte decenni? Perché credono di riconoscervi dinamiche che contraddicono gli stereotipi. Luoghi che creano un cleavage, e portano all'impasse le politiche pubbliche. Localmente trascinano al paradosso problemi globali. Bon Pastor è sicuramente uno di essi, etnicamente (cat/cas/git), economicamente (poveri/ricchi), culturalmente (strada, sant joan), politicamente (self manage / right wing / anarchist), geograficamente (stk bcn, come la mina ovviamente), socialmente (drugs, working class), urbannisticamente (pueblo, ciudad). Incarnano una diversa interpretazione della storia.

33.

Verso dove bisogna portare il dibattito, dopo Pom Mahakan? Dice Herzfeld: "L'etnografia dev'essere presa sul serio dai policy makers. Dobbiamo scrivere di più su questi casi, trovare il modo di intervenire nel dominio pubblico. It's not about participation: it's about recognition and involvement in the planning. It will avoid a terrible waste of human capital. For planners, the challenge is to divorce their professional interest from those of commercially-driven governments. And to look for other implications: moral, social. There are opportunities of moving out people; but just if communities are given opportunities to organize and rebuild their communities. No way planners coulldn't be political. Create blueprints that adapt the desires of governments to the desires of the inhabitants. 'Shouldn't they give money to a beggar, might use it on drugs' - who am I to judge? Stop privileging our knowledge as the only one available. We have to demand a voice; but economic interests behind us are really against us. If you join me in pushing back, we will make it. Environmental destruction, and physical destruction, go together. We are about at a point of no return, because economic forces are active at all levels".

34.

Un primo punto della ricerca in corso: la contrapposizione è tra un'istituzione il cui fine è tenere insieme le differenze, e un'istituzione il cui fine è separare. La gnawa contro la pianificazione urbanistica, diverse maniere di usare le forme di classificazione. Che poi è: due πολιτίαι, quella del suq e quella del Mall. Sidi Bilal vs. Lyautey. Altro che blad el makhzen e blad es siba. Siamo oltre.

35.

Cosa ho da dire su Ostia? sicuramente qual è l'impatto della criminalizzazione sul territorio, perché l'ho visto e posso immaginarne gli effetti. Descrivere quelli che ho già visto, e immaginare quelli futuri. La sequenza è:

1) mafia capitale

2) imputazione Tassone, arresto Balini, dimissioni Orfini

3) Sabella, Angeli, chiusura della Femus, casa pound?

4) commissariamento, caduta di Marino

5) manifestazione contro il commissariamento

6) elezioni, Spada, casapound, capocciata, manifestazione

Inizio: una controversia giuridica su come far rientrare un fenomeno nuovo in una categoria vecchia; la questione cruciale è quella del territorio. Precedenti processi furono bloccati perché i gruppi criminali non avevano il controllo del territorio. (Ciccarello su Meridiana, e Benincasa 2017)(vedi Mafias on the move?). C'è un dibattito: Pignatone dice sì, Lupo dice no. Ma come localizzare una rete così fluida che convive e si allaccia ad altre reti le cui basi sono altrove? Delitti in Piemonte considerati di ndrangheta - perché ha una base territoriale. Ma Roma è troppo grande (Abbate) e ha tante reti. Questo crea problemi. Ed è anche "La posta in gioco" (Ciccarello), perché sfuma il confine tra associazione criminale, corruzione, regolazione mafiosa (Mete, Sciarrone, Martone), fazione politica (Brancaccio) - di fatto è proprio nel suo essere di mezzo che risiede la particolarità di Carminati e Buzzi - è anche una caratteristica dei sistemi criminali e clientelari del sud (Gribaudi), ma qui siamo in una grande città. E così torniamo per la seconda volta sulla questione del territorio: l'obiettivo del mio lavoro è connettere il fenomeno MC con la pianificazione urbanistica e sociale di una città. Ci sono poche analisi geografiche del fenomeno, mentre la geografia è usata intensamente nello studio delle mafie 'classiche' (Schneider). Eppure, due dettagli: Stajano spiega in dettaglio come il trasferimento di Africo incrementa il potere democristiano, il clientelismo, e rende ancora più cruciale il ruolo di don Stilo, mediatore mafioso, e più difficile l'opposizione. Insieme alla stigmatizzazione di tutto il territorio. L'intervista che ho fatto a Schettino, ex PCI di Matera, mi conferma lo stesso effetto dopo il trasferimento dai Sassi (bibliografia). E per finire, la prima mafia autoctona di Roma nasce alla Magliana, un quartiere di trasferiti (bonomo). Non è una coincidenza: e neanche che per localizzare la mafia si sia scelta Ostia.

Perché a questa esigenza prettamente giuridica se ne somma un'altra: quella di diversi settori del potere politico locale coinvolti nell'indagine, di distogliere l'attenzione verso le proprie responsabilità e proiettarla altrove. Perché il messaggio principale che conteneva l'inchiesta non riguardava particolarmente la manovalanza criminale presente in tutti i quartieri popolari e non di Roma, bensì i vincoli nuovi che essa aveva creato con (1) il potere politico (2) l'imprenditoria sociale. E questo portava a sinistra - verso un partito in piena crisi di legittimità (orfini, barca, renzi), la cui azione di governo in città è legata direttamente all'outsourcing del welfare degli anni '90. Gli anni in cui, secondo Capaldo, inizia il processo che porta all'"assalto criminale allo stato" (scrive prima di Mafia Capitale: doveva essere procuratore a Roma, invece è stato Pignatone). Ma Capaldo considera i primi anni '90 cruciali per (1) maxiprocesso a Cosa Nostra, attentati Falcone/Borsellino, (2) mani pulite e fine della 1a repubblica. Se la prima era basata almeno retoricamente sull'antifascismo, la seconda si radica nel discorso antimafia. Ma questo avvienne proprio quanndo (3) la sinistra dà inizio al processo di ousourcing dei servizi sociali, e di inclusione delle cooperative (tipo A, tipo B) nella gestione (notare la parola) del welfare (Lolli, Caiazza; Martone su ECPR; Bonadonna; Colucci). Mafia capitale nasce qui. E non è un luogo; è un servizio. O meglio, un potere che non è alternativo a quello dello stato, bensì delegato da esso. Questa commistione e corresponsabilità era l'aspetto di Mafia capitale su cui si è volentieri glissato, e che di fatto continua intatto (contratti di Marino; 21 luglio...) Localizzare, dare il primato alla geografia,, permette di toglierlo alla politica.

Qualche numero sulla criminalità a Roma. Fino agli anni 90 c'erano 80-90 omicidi l'anno. Nel 2009, 40; nel 2010, 21; nel 2011, 39. Pz Mazzini, Primavalle, Torrevecchia, San Paolo, Pigneto, Eur, Torbellamonaca.

23/12/2011 sparatoria a Tbm. 10/11 via della scrofa. 22/11 baficchio e sorcanera a ostia; 12/11 altra sparatoria a Tbmm; 18/12 gambizzato Casilino albanese; 15/12 sparatoria a Torvergata; 13/12 gambizzto v.Colombi, casilino; 1/1/2012 sparatoria campo de fiori, gambizzato poi ucciso a luglio; 8/4 Ceccarelli a prati; 27/7 primavalle; 5/7 flavio simmi a Prati; Tiburtino g. saltalippi, salvo; 28/6 Monti, aggressione, alla bnonanni musicista inn coma; 14/6 m. calamanti san basilio, debiti; 24/12 trastevere, aggressione.

3 marzo tre carabinieri e un vigile stuprano una donna in caserma. 6 febbraio due bambini rom morti in un incendio a tor fiscale.

36.

L'immagine finale del film di Fausto Trombetta, L'ordito minimo della realtà, con i contatori geyger che cercano di captare il 'male' di Nuova Ostia. Localizzare il problema. A questo servono sia il rituale del capro espiatorio, che quelli della stregoneria (questa è la conclusione). MC fornisce un orizzonte di significato semplice a un problema complesso: come i talebani in Afghanistan (cit Gopal,No Good Men Among the Living). Cioè: la mafia non è un gruppo di persone, ma una serie di rapportii. Le persone possono non essere mafiose iin alcuni contesti ed esserlo in altri. Essenzializzare può produrre l'effetto schismogenetico di trasformare in mafiosi (stereotipo) chi potrebbe non esserlo (effetto del cinema sulla camorra in Gomorra, che ora sembra retroalimentare).

È necessario dimostrare che Ostia non è più mafiosa di altri luoghi, ma che è invece pioniera nell'accesso autogestito ai servizi, poi sfociato nelle cooperative e nell'appropriazione privatistica di settori di gestione pubblica. Il passaggio dalla militanza al volontariato al moral neoliberal (Muehlebach) è a Nuova Ostia molto più evidente e precoce che altrove; ma è associato alla "parte buona" della società, quella che rappresenta la "speranza" da opporre alla mafia (Rastello).

Localizzare a Ostia, quindi, risolve (1) un problema politico - scagionare il 'mondo di sopra' e scagliarsi contro il 'mondo di sotto', togliendo così di mezzo lo scomodo concetto del 'mondo di mezzo' (che può ricominciare a lavorare indisturbato), e (2) un problema epistemologico - ricreare l'essenzialismo folkloristico che riscatta il volontariato dalle accuse, riportando le cooperative dal lato 'giusto' del conflitto. La 'distanza' (un concetto che ho usato anche per Bon Pastor) permette di operare un rovesciamento del discorso che altrove sarebbe difficile da sostenere Ma è necessario un paesaggio polarizzato, in cui non si possa sfumare o complessificare. Questo è stato il ruolo della Angeli prima, di Sabella poi: 'figure incontrastabili' (in Capaldo), e includerei anche Attilio Bolzoni. Impediscono di vedere la 'fazione politica' (Brancaccio).

È necessario identificare: (1) Come è stata costruita la rappresentazione di Ostia terra di mafia; (2) Quali dati la smentiscono categoricamente. Dati quantitativi.

37.

Steven Forti maschera una posizione di partito dietro un'analisi quantitativa, deflettendo quindi lo sguardo dall'opinione attraverso il prisma di plastica dell'obiettività dei dati. Ma i dati non descrivono; le interpretazioni sì. Daguerra: "La visione che offre il Forti della situazione catalana è una caricatura che fa propria la narrazione dei settori più retrivi del nazionalismo spagnolo, quello che soffia sul fuoco dell'etnicismo, che anela uno scontro da guerra civile". Sintetizziamo:

- Lettura catastrofica: "ha vinto la destra". I voti a dx sono più di quelli a sx solo se contiamo Junts per Cat come dx e PSC come sx.

- "Il trend andava invece a sinsitra". Ma non c'è Rajoy presidente del consiglio?

- "La Catalogna rischia l'ulsterizzazione". Non è stata versata una sola goccia di sangue.

- "La sconfitta di Rajoy è un mero contentino". E' il messaggio più importante delle elezioni!

- "Il problema rischia di cronicizzarsi, e si è trasformato in identitario". Problema?

- Considera "normale" l'elezione. gente della CUP ha votato JxC per sostegno all'indipendentismo. E' la chiave che è sbagliata: i voti sono andati a dx o sx in modo incomprensibile. E infatti la stessa gente ha votato Cs o PSC.

- "Comuns escono penalizzati perché offrivano dialogo e referendum accordato". Che non avrebbero MAI potuto fare.

La sua lettura parte dall'idea che le stesse periferie che hanno votato i Comuns adesso votano Ciutadans. Cos'è il popolo? Su cosa si basano questi studi che cita sul passaggio di voti da C a Cs? E come fanno a ignorare un fenomen o importante come Fachín e la dimissione dell'intero Podem di Lleida a favore dell'indipendentismo?

- "Podem perde per non essere stato abbastanza critico con l'indipendentismo".

- "Si è votato in chiave nazionale/identitaria in linea con una tendenza xenofoba e patriottica che sfonda nei quartieri popolari". Funziona per Casa Pound e per Cs - ma l'indipendentismo è un antidoto.

- "La battaglia indepe non è prosecuzione del 15m ma la sua antitesi. Chiude il ciclo delle città ribelli. La prova del fuoco sarà maggio 2019".

38.

Steven Forti recupera un vecchio strumento retorico della propaganda politica: quello delle "due catalogne". "Questo discorso delle due catalogne è un discorso che hanno costruito durante decenni sia l'antica CiU che il PSC. E' servito molto bene per dividersi il territorio, le reti di potere e le aree di influenza. CiU ha concepito una radio e una televisione pubblica che non parlavano a una parte della popolazione, e hanno lasciato questo terreno al PSOE e al PP. Ma il discorso delle due catalogne è falso", dice Montse Santolino, attivista del quartiere La Torrassa. I due stereotipi del borghese catalano e dell'operaio castigliano venngono dagli anni Ottanta e Novanta, sono legati a degli interessi politici; lo scrive Javier Pérez Andújar: "Cè una strumentalizzazione del castiglianoparlante [...]. È una lotta di classe: o sei povero o sei ricco. Detesto la dicotomia tra classe operaia castiglianoparlante buona e borghesia catalanista cattiva". Quando Pujol sostituisce un élite a un'altra al potere, c'è una parte di élite che viene esclusa e reagisce usando l'identità (spagnola) come pretesto.

A L'Hospi votano 40.300 persone, di cui 33.000 votano sì, 5.000 no, e 11.000 nulli. Nonostante l'indipendentismo abbia completamente trascurato questi quartieri. Stiamo parlando di destra, di borghesia, per riferirci a un movimento che ha radunato fino a tre milioni di persone a gridare lo slogan els carrers seràn sempre nostres. Quindi: il procès ha risvegliato una guerra tra le élite, non tra il popolo. Ci sono famiglie che sono divise, altre unite. I rapporti sono troppo stretti.

Pérez Andújar, Paseos con mi madre. Robert Kaplan, La venganza de la geografía.Richard Price, Wanderers. Luc Santé.

39.

L'ambivalenza caratterizza tutti i rapporti con il sovrumano nei sistemi mitico-rituali di possessione e sciamanismo. L'idea di spiriti buoni e spiriti cattivi è assolutamente estranea alla loro logica, e anche le entità più spaventose come gli Exu brasiliani o i Guède del Voudou sono salutati con piacere dagli iniziati, che ne conoscono il potere di guarigione, oltre a quello di distruzione. I jnoun verdi della Gnawa possono causare sofferenze, e quelli neri, della foresta, che non hanno nulla da invidiare al Baron Samedi, possono guarire. Bertrand Hell spiega l'intero sistema divinatorio come una forma di costruzione di rapporti con l'arbitrario e l'imprevedibile - il precariato - incarnato da queste figure che "font ce qu'ils veulent". Alleanze simboliche con il disordine: fonte di dolore come di fortuna, non contemplano mai l'esistenza di bene e male essenzializzati.

Quando entrano sotto la pressione di una religione dualista, questi culti vengono demonizzati. Se i loa possono presentarsi come angeli o dèmoni, e l'espressione dèmone non è rifiutata del tutto, e se María Lionza difficilmente si innesta nella vergine Maria che vi si sincretizza (era la madre del giaguaro), la chiesa cattolica, quella protestante e gli ulema musulmani fanno il possibile per far rientrare queste figure nello stereotipo del Maligno. "Cette civilisation dont on se réclame ne concerne pas que l'opposition au paganisme. Avénemment du Christ-Roi, hygiène morale et salubrité publique vont de pair. Les habitations se regroupent, serréees et couvertes d'une tôle onndulée, autour de l'église. Maintennant la civilisationn abhorre le Sauvage, craint la pollution du non-domestique. Or, le mode des esprits est justement associé aux espaces les plus recolés, les plus extérieurs aux villages et aux terres cultivés".

40.

Tutte le città sono possedute, dice Delgado. La città nasce per opporsi alle forze della natura, del disordine. Al centro c'è l'axis mundi, cardine dell'umanizzazione e del rituale civile; in periferia c'è il lucus, il santuario, i luoghi del rituale mistico. La città è dialettica tra questi poli; la trama urbana razionalizza la natura per renderla intellegibile, incardina lo spazio con il tempo (calendario rituale), reitera con ridondanza la sua funzione umanizzante. Eppure, nel progetto stesso della sua fondazione, c'è il germe di un male peggiore di quello che si vuole combattere. Perché se l'obbiettivo della città era controllare il disordine, quello che la città produce è un disordine ancora più irriducibile di quello della natura. Di fronte al male che nasce nelle sue viscere, la natura selvaggia appare come rifugio, e i santuari che mediavano con essa non proteggono più la città dalla natura, ma la natura dalla città. I dèmoni sono dentro, non più fuori. La città va continuamente rifondata (rinnovata, ristrutturata, riqualificata) per esorcizzare questi dèmoni, riconvertire gli abitanti al progetto iniziale, ricordare loro la solidarietà con i padri fondatori, e cacciare il maligno che vi si è introdotto di soppiatto. Babilonia, Babele, Sòdoma; l'urbano richiede di essere soppresso da un fulmine divino, da un diluvio, da un'ecatombe, che altro non è che un colossale sacrificio all'idea irrealizzabile di una città celeste, del sole, dei filosofi, le utopie. Ma le città reali sono sempre possedute. È solo il nostro evoluzionismo soggiacente che continua ad associare magia e possessione con l'ambito rurale e con le tradizioni contadine, con il non abitato. Così gli Exu prendono domicilio nelle strade pericolose di Sao Paulo e Rio, non più solo nei quilombo dell'Amazzonia; e Aisha Qandisha dai villaggi berberi arriva a Casablanca, attirata dalle luci della città e dagli amori illegittimi che si nascondono nelle sue vie.

40.

L'anno nuovo in Egitto iniziava con il sorgere di Sirio all'alba, che annunciava i giorni più caldi dell'anno - la canicola, da Canis, costellazione di Sirio - ma anche l'inizio delle piene del Nilo che assicuravano fertilità. Sirio è il cane di Orione, che da mesi e per mesi domina la volta celeste, finché precipita punta dallo Scorpione. Sirio dura circa cinquanta giorni, da metà luglio a metà settembre, "quando la posizione di Orione al centro del cielo e il sorgere mattutino di Arturo davano, secondo Esiodo, il segnale per la vendemmia" (Kerenyi, p.89). Il culto di Sirio arriva a Creta dall'Egitto; quello di Dioniso e di Zeus stesso arrivano in Grecia da Creta. Il divino è legato al sorprendente, al conturbante, allo straniero.

"Dioniso ha ancora i suoi devoti - scrive Dodds, che cita un passo di E. Thesiger del 1907 sugli Aissawa di Tangeri - e le sue vittime, anche se portano altri nomi; e Penteo si trovò a risolvere un problema che altre autorità civili hanno dovuto affrontare nella realtà" (p.334). Non Creonte e Antigone, ma Penteo e Agave! "i loro lunghi capelli erano agitati dal rapido movimento in avanti e indietro della testa" Frazer, V, I, 21, sui 'divoratori di capre' del Marocco.

Che il labirinto sia lo schema della danza? Dedalo riuscì a far passare un filo attraverso le circonvoluzioni di una conchiglia, attaccandolo a una formica.

41.

1591, incalzato da Spagna e Portogallo, il sultano Al Mansour (fratello del re 'Abd el-Malik, morto nella battaglia dei tre re a Ksar Kbir, lui stesso figlio di una concubina Fulani), decide di costruire una flotta in grado di tenere testa ai regni cattolici. L'alleanza con l'Inghilterra protestante contro i nemici comuni lo dotò di armi da fuoco, scambiate per salpietra; e la cacciata dei moriscos da Granada di mercenari iberici, di cui mille furono arruolati tra i 5000 con cui mosse guerra all'impero del Songhay. Il cortigiano al Fishtali, che sosteneva che Askia Ishaq avesse radunato 100.000 uomini per resistere, derideva l'Islam del Songhay per le loro credenze nella magia e stregoneria (Manahil, p.137). Il famoso studioso Ahmed Baba fu portato in catene a Marrakech, insieme a 20.000 giovani schiavi. Gli sequestrarono 1.600 libri.

"Tous les gnaouas anciens ils sont morts. Maintenent, il n'y a pas besoin d'être noir pour être gnaoua"

Un secolo dopo invece Moulay Ismail, primo sultano alawita, dopo aver attaccato Fez e Marrakech da Tafilalt, inizia la più grande operazione di coscrizione coatta intrapresa fino ad allora; nonostante le voci contrarie dei notabili e giuristi di Fez (Shaykh Jassu fu torturato e ucciso per aver espresso il proprio disappunto), 200.000 neri liberi (haratin) e schiavi ('abid) furono acquistati o catturati a forza, uomini e donne, e trasportati nel campo di Mashra er-Ramla a ovest di Meknés, vicino al fiume Tiflet. Furono scelti sulla base del colore della pelle, indipendentemente dalla religione o dal tempo che avessero passato in Marocco (alcuni erano autoctoni). Vennero trasformati in un esercito di mamluk sul modello dei giannizzieri turchi; alcuni andarono a difendere le frontiere con i regni cristiani, altri a pattugliare le strade nelle zone fuori dal controllo reale (bled es-siba). La sicurezza nei trasporti è caratteristica essenziale nella costruzione di uno stato; ma la presenza dell'armata nera è una prova della guerra di bassa intensità tra il re e i suoi sudditi, arabi e berberi, individuata da Graeber e Sahlins in On Kings. Con il tempo, ai neri furono affidati compiti di grande responsabilità come la raccolta dei tributi, e alcune concubine grazie ai figli (mulatti) dati al sultano ascesero a ruoli di potere: tra tutte, Lalla Aisha Mbara (Zaydana). Nel frattempo Moulay Ismail disarmò le "tribù" arabe e berbere, presso le quali crebbe il risentimento e la gelosia verso i neri.

Nella difesa del regno contro i cristiani, l'armata nera ebbe ben poco ruolo. Essa fu quasi sempre opera degli abitanti del luogo, volontari. L'armata nera servì soprattutto per consolidare l'autorità centrale in periodi di instabilità politica.

42.

Chiede Gramsci all'aspirante intellettuale di ricostruire e riordinare tutte le filosofie che compongono il suo pensiero, esplicitarle, ritrovarne gli influssi. Del mio posso dire che non c'è n'è alcuna che non sia legata a un percorso vitale pratico, da cui discendono le letture corrispondenti. Non al contrario. Provo intanto ad elencarle.

0. FAMILISMO MEDITERRANEO CATTOLICO sotteso, arrivato dal sud Italia dalla migrazione dei miei bisnonnni Portelli dalla Sicilia, e dei miei nonni Eboli/Vomero da Campania e Basilicata. Portavano il fascismo, e le aspirazioni garibaldine di giustizia sociale; l'oppressione della donna, e il sogno montessoriano (l'impeto gobettiano?) del riscatto attraverso la cultura (senza intaccare le strutture). L'espressione migliore è il liberalsocialismo di mio nonno materno.

1. COMUNISMO ALL'ITALIANA su cui si sono accordati i miei genitori: vi trovava posto l'impeto distruttivo di Malcolm X e quello evangelico cittadinista di Martin Luther King; il cattocomunismo non era estraneo, più vicino che l'anarchiso; perché alla base c'era, comunque, il culto dello stato, di una Patria che non perché antifascista è meno strettamente identificata con una bandiera nazionale. L'internazionalismo ha un posto, ma in un ordine geopolitico comunque progressista e positivo.

2. CONATO MISTICO ANTIPOSITIVISTA della prima adolescenza. Il 'desiderio di altri mondi' si incarna nella ricerca di realtà parallele e immaginarie, sottese alla nostra come quella visionaria di Twin Peaks, parallele ad essa come quelle virtuali o psichedeliche, o anteriori come i culti della Dèa, i labirinti, le nebbie di Avalon o i giochi di ruolo. Esse evocano una verità legata alla natura, intesa come potenzialità non sviluppata dell'umano, e intrinsecamente ostile alla società corrente. Culmina nel dark-gothic.

3. TAZ ANNI NOVANTA. L'azione dal basso del popolo organizzato non ha più la forma della rivoluzione di massa e tantomeno del partito, bensì quella dell'autorganizzazione localizzata geograficamente dei centri sociali e della controcultura underground delle posse e dei gruppi di affinità. Le TAZ vanno dai rave techno ai treni occupati, e mostrano un potere collettivo che, in forme spesso non verbali e sovraindividuali, dichiarano la propria opposizione netta e irriducibile all'ordine esistente, nonché il proprio riconoscersi in una rete fluida che dall'occupazione a La Storta nel 1990 arriva fino al Chiapas nel 1994 e a Seattle nel 1999. Finisce a luglio 2001 (?).

4. LO YOGA. L'impulso deindividualizzante degli anni 90 si trasferisce dal piano politico a quello terapeutico, grazie alla pratica di discipline corporee che diseducano il cervello dalla coazione a ripetere che avviluppa nella cultura e nella società. Se Barthari dieci secoli prima di Wittgenstein riconosce l'origine linguistica del mondo, Patanjali e Abhinavagupta spiegano come estirparne i semi da dentro sé, alla ricerca di un sotteso pre-culturale, pre-politico, pre-sociale, su cui ogni azione può fondarsi per essere efficace. Anche nel mondo. Culmina nel platonismo e nella ricerca del bello.

5. SQUAT. Barcellona anni 2000 è il regno del rifiuto della società attraverso la risignificazione delle sue merci e prodotti. Il rifiuto del lavoro e del guadagno permette di costruire una nuova rete di rapporti sociali che, implicitamente, e nella pratica, sottrae risorse materiali e umane al sistema capitalista. Degrada nell'identificazione con il disordine.

6. ANARCHISMO STORICO. Filo rosso teorico che connette Étienne de la Boetie con Murray Bookchin e Colin Ward, e richiede un'elaborazione continua per resistere alla concorrenza del marxismo accademico, che protegge, di fatto, lo status quo, delegando e posticipando una realizzazione che invece si può riconoscere qui ed ora. Ma che ha i suoi limiti nelle frontiere di Barcellona. Oltre, è velleitarismo elitista.

7. ANTROPOLOGIA POLITICA. Dall'incontro con Herzfeld e con Delgado, dall'inizio del dottorato, sorge la scelta di un lavoro di tipo verbale, autoriale, referenziato, all'interno di un campo disciplinare definito. Legato in teoria all'azione, di fatto impigliato nelle dinamiche di produzione del sapere accademico che lo allontana dalla pratica politica, spesso in aperto contrasto con essa, soprattutto in un contesto come quello romano in cui, nonostante gli appelli No Tav, la creazione di TAZ sembra ormai subordinata ai meccanismi di clientela politica.

43.

Delgado al Pati Manning mi spinge a leggere i classici e soprattutto a tenere ben stretto il marxismo: è sempre il contesto economico e politico a determinare il significato del rituale, della religione, dei simboli. Così il pentecostalismo in centro America smobilita, ma in Venezuela fa eleggere Chávez, che si riappropria del culto di María Lionza. E se l'Islam riformato rivendica la precedenza sul protestantesimo, il marabutismo è più vicino ai culti carismatici evangelici che al cattolicesimo, per quanto veneri i santi. Ad Haiti il pentecostalismo penetra per difendersi dal voudou; e non fa altro che riarticolare lo stesso linguaggio, che permmette un contatto individuale e corporeo con il divino, ma che è anche un'effervescenza collettiva assolutamente analoga alla mobilitazione di massa. L'oppressione da cui la possessione solleva è quella del soggetto, cioè l'incarnazione di valori etici e morali che sono prodotti sociali, habitus, che la festa, l'alcol, la musica, il rituale, riescono a mettere da parte e sostituire con un'altra entità, che fa ciò che vuole, e che di fatto è la voce della collettività. Il posseduto offre il corpo senza organi, la cáscara, a questo fantasma che la comunità ha bisogno di vedere materializzarsi. Ma esso è un prodotto, come la tecnica del corpo che evoca, di condizioni materiali ed economiche: i marabout di Dakar, oltre al culto, controllano gli autobus. Trasporti! Così, la domanda cruciale ai praticanti è: "bueno, sì; i que més fas?". Non è Apollo a combattere Dioniso; entrambe le potenze possiedono, e nessuno nega la necessità di una città, di una struttura. Ma che abbia ben presente lo urbano: son lo mismo. Apollo e Dioniso sono lo stesso dio. Il disgraziato che vi si oppone è Penteo - è Penteo che nega e combatte l'esistenza del dio. Il pentecostalismo appare dove c'è necessità di strutturare e(Managua negli anni 90?), ma ogni corrispondenza tra ideologia veicolata e struttura formale è falsa. Solo lo studio empirico ci rivela il ruolo di un rituale specifico in un contesto specifico.

La prima cellula della resistenza fucilata dai nazisti in Francia erano antropologi del Musée de l'Homme; venivano dal surrealismo e praticavano la scrittura automatica, si facevano possedere da entità che non conoscevano, ma erano comunisti; e l'antropologia dava loro la chiave per connettere le due intuizioni che potevano sembrare antagoniste. Possessione e dispossessione. Métraux si suicida poco dopo la morte di Bataille; Leiris, amico di entrambi, quello che voleva sapere è cos'è l'amore. Unica forma di perdita della soggettività che ci è ancora permessa. È ormai chiaro che i culti agli spiriti diventano possessione dopo un processo di sradicamento, come forma di reazione, mai come tradizione legata a uno stanziamento stabile. Quando ci si rende conto che l'unica cosa su cui si può contare è il corpo, quando la struttura sociale è sconvolta, quando si cerca di ricostruire un legame comunitario senza avere nulla da perdere (tranne le catene); quando si perde il τόπος e ci si riconosce come abitanti della χϖρα (sofista Zenone). Ma in ogni contesto queste esigenze di liberarsi anche dalle catene della soggettività assumono ruoli diversi.

44.

La parola metropoli è usata da Chiara Zanasi nel titolo del suo libro su padre Amorth (pubblicato malissimo da Manifestolibri) in riferimento a: (1) uno spazio fisico determinato (e si nominano, di fatto, tre quartieri); e (2) l'immagine della società industriale secolare. "È sorprendente che ancora oggi, in una metropoli iper-moderna come Roma un'impressionante numero di persone, anche della classe media, si accostino a pratiche magiche o spiritiche" (p.47). La sorpresa rivela, mentre questiona, il pregiudizio: la magia è 1) rurale; 2) pre-moderna; 3) legata alla povertà. Ma aprire questo discorso ci porta lontano, perché l'intero nostro sapere, dall'Illuminismo in poi, si fonda sul rifiuto della magia cerimoniale e delle tecniche di influenza e incorporazione degli spiriti. È necessario inserire i fenomeni descritti in una storia di lunga durata, che da diversi decenni ormai si sta riscoprendo, ma partendo dal presupposto ormai ovvio in antropologia che la magia è dappertutto. Nell'offesa di chi sputa su un ritratto o brucia una bandiera; nei fiori sulle tombe; nella pubblicità e nello sport. Nell'ostia consacrata. Ma gli stessi procedimenti magici possono essere accettati o rifiutati a seconda delle gerarchie di potere che implicano; oltre che l'evidenza di una società post-secolare, in cui new age e nuove religioni prosperano, contraddicendo l'evoluzionismo. E così abbiamo tutta una serie di tecniche comunitarie di gestione del malessere (psichico e sociale) attraverso l'incorporazione di identità multiple, transpersonali, a cui vengono riconosciuti nomi attributi e poteri, e da cui di fatto discendono costruzioni religiose complesse come la Santería, o lo zar in Etiopia, o la Gnawa, il tarantismo, l'argia, ma anche la Gnawa che studio io, o più anticamente i misteri di Dioniso delle Baccanti di Euripide. Sono tecniche psicofii he che non appartengono ad un'epoca o un luogo fisico, ma all'umanità, e che spesso è proprio con la modernità che diventano più rilevanti o praticate; e le città sono luoghi privilegiati. Si pensi al Candomblé di Bahía, i culti Yoruba su cui si appoggia non erano così! ma la schiavitù e il sincretismo con i nativi lo ha modificato. E in ogni posto assumono un ruolo diverso: Chávez mobilita i seguaci di María Lionza, mentre gli zapatisti cacciano i pentecostali dai loro villaggi. Come il cattolicesimo, che contiene i vescovi filo-Pinochet come Ignacio Romero e Ernesto Cardenal: ogni contesto è a sé, e non si può associare una tecnica con un progetto politico. Tornando a Roma e a padre Amorth: dobbiamo leggere il fenomeno specifico nel suo contesto, e il materiale empirico è prezioso proprio perché ci permette di contestualizzare. L'aspetto più interessante che emerge dal libro è che Amorth usa strumenti, oggetti e tecniche della magia contadina, ma risignificati; svolge il ruolo di controstregone, opponendosi a delle pratiche che mettono in difficoltà il ruolo della chiesa come monopolio della verità, e riappropriandosene per riaffermarne il potere. Per quanto sia marginale, stigmatizzato, continuamente trasferito dalle gerarchie ecclesiali, Amorth combatte la stessa battaglia che la chiesa ha scatenato secoli fa contro le tradizioni popolari urbane e rurali, che vanno dalla stregoneria al fascino, all'oroscopo, per porsi come unico mediatore con l'invisibile. Nella storia di lunga durata c'è il cristianesimo originario che proibisce il sacrificio, poi il cristianesimo riformato che rifiuta il culto dei santi, l'islam che distrugge gli idoli, e l'islam riformato che lotta contro il marabutismo a colpi di esorcismi. Perché le tecniche comunitarie negoziavano, e le religioni del libro scacciano, trasformando tutto l'invisibile in un dualismo Dio/Demonio. Sheitan sono tutti i jnoun, che erano invece esseri concetti ambivalenti, intrinsecamente ambigui.

Ma quello che ci interessa qui è che questa battaglia di lunga durata prende forme contemporanee. La chiesa nasconde l'incarnazione del demonio, la esorcizza e relega ai margini, esattamente come lo stato esorcizza la presenza dell'ambiguità urbana - povertà, prostituzione, sottoproletariato, mondo di mezzo - tacciando tutto ciò che non controlla di Malignità, male assoluto. Mafia. Delgado spiega di recente che il risanamento urbano, più che alla salute, rinvia alla salvezza: la città che nasce come difesa dal male, tradisce il suo proposito e diventa luogo di perdizione, suscitando il panico morale in chi la sogna redenta, purificata, esorcizzata dei suoi dèmoni, che sono di fatto ciò che non comprende. Così vediamo tra queste persone da cui Amorth caccia i dèmoni, una prossimità agli aspetti più controversi dell'esperienza umana: il sesso, prima di tutto, ma anche il divorzio, la droga, l'amore spurio, il nomadismo, l'omosessualità. Mentre il pizzo, per esempio, no. È una morale particolare quella che demonizza, e che nella possessione vediamo incarnata in una performance: la sofferenza dei corpi è sociale, è la rappresentazione - magica - della battaglia per il potere sui simboli.

45.

Weber costruisce un sistema di analisi sociale estremamente ben documentato, in cui le costanti sono sempre subordinate alle variabili, le regole alle eccezioni. C'è bisogno di una cultura spropositata per portare avanti questo tipo di comparazione globale (tra epoche e spazi più diversi). L'assunto di base è che non c'è correlazione diretta tra forma religiosa e sistema di produzione; ma che però ogni settore della società è più propenso a sviluppare un certo tipo di ideologia religiosa, che a sua volta interagisce con la struttura sociale e ne determina la direzione dei cambiamenti. Così, il passaggio iniziale del processo di razionalizzazione vede credenze magiche contadine naturaliste sostituite da azioni simboliche che evocano l'esistenza di un ordine trascendente, di cui una classe di sacerdoti si fa interprete, per questo sostenendo il culto a dèi (o un dio) onnipotenti/e contro il culto degli spiriti; ma deve opporsi anche al profetismo che richiama un rapporto non mediato al divino, costruendo invece non solo una casta permanente, ma anche un codice di condotta etica regolato da tabu, legati a una o più divinità specifiche. Questa sistematizzazione investe anche i movimenti profetici, che creano congregazioni, e che diventano conservatrici perché sono il mezzo con cui le classi alte si appellano a quelle basse, che ricordano gli aspetti salvifici e rivoluzionari del movimento profetico iniziale. La sistematizzazione permette al clero di rivolgersi ai laici, e di assumersi il ruolo pastorale che sostituisce quello più antico dell'oracolo e del mago. Il dogma esce dal segreto e diventa testo scritto, canone che si chiude non appena si sancisce quando termina la fase di ispirazione profetica e inizia quella presente; a quel punto il dogma diventa oggetto di differenziazione per rafforzare il potere del clero contro la concorrenza. E spesso si ricorre ai santi o alla magia per rivolgersi al popolo. Ogni classe ha delle idiosincrasie. Quella contadina difficilmente è propensa alla sistematizzazione razionale. Quella guerriera diffida delle religioni salvifiche ed è legata alla mitologia misterica. Quella burocratica non crede ma sa usare la religione per soggiogare. I mercanti non hanno propensione al codice etico, bensì allo scetticismo. Everywhere, skepticism or indifference to religion are and have been the widely diffused attitudes of large-scale traders and financiers (p.92). Invece, le classi non privilegiate cercano salvezza o senso nella sofferenza, come quelle ricche legittimazione del proprio status. Gli artigiani tendono al congregazionale contro la magia rurale, per un'etica razionalista; gli schiavi non hanno una propensione; il proletariato si vuole distinguere dalla borghesia cercando un ribaltamento delle condizioni sociali; e i paria possono - è il caso degli ebrei - cercare vendetta. Un ruolo complesso è quello degli intellettuali, che possono opporsi al clero o fornirgli strumenti, ma raramente (solo in Asia) sono iniziatori di religione. Più spesso ignorano, e il loro rapporto con il popolo è articolato. In ogni caso Weber è evoluzionista. La differenziazione sociale produce differenziazione religiosa. E probabilmente ha ragione.

46.

I Narodniks nella Russia di fine '800, predicavano il ritorno al popolo e si opponevano allo sradicamento delle OBSHCHINA, contro lo zar e il capitalismo. Andavano a stare nei villaggi, imparavano le danze e si vestivano come i contadini; ma non avevano successo e volevanno tornare in città. Per loro il popolo (narod) era un'idea generale, versione purificata di loro stessi; nel 1881 uccidono lo zar Alessandro II. Poi si divideranno tra bakuninisti e lavristi.

47.

Durante la purificazione del nuovo aeroporto di Bangkok nel 2006, quando 22 monaci buddhisti furono invitati a salvare la reputazione del megaprogetto da 4 miliardi di dollari di Thaksin, un facchino viene posseduto da uno spirito, che ordina di costruire un tempio per gli antenati. Commenta Lambek: ci sono dietro questioni di ingiustizia sul lavoro, e di displacement. "Spirits here are no more threatening to secularism than they are to organized, transcendent religion; rather, they indicate religion in its immanent formation, present but largely unmarked except when spirits themselves feel called upon to remark on events occurring in the world around them and perhaps assert the truth". Lambek in Boddy, Lambek, ed. 2013, p.26.

Paul Stoller su quando si è preso la malaria in Niger per aver fatto male un sacrificio a Dongo: "The experience, however, changed me profoundly, for I had for the first time confronted my mortality. This confrontation compelled me to reconsider my professional and personal priorities. It also made me question my training in the human sciences. Could the epistemology of rationality explain what seemed to be a series of inexplicable events?" Stoller in Boddy, cit. p.157.

Communitas for Edith Turner: "Communitas appears unexpectedly. It has to do with the sense felt by a group of people when their life together takes on full meaning. [...] occurs through the readiness of people - perhaps from necessity - to rid themselves of their concerns for status and dependence on structures, and see their fellows as they are". In Communitas: the Anthropology of Collective Joy, 2012, p.1-2.

"In the growing academic literature about the idea of natural religion, ancestors and ghosts have once again emerged as a topical arena in the effort to elicit certain universal aspects of human religious beliefs". Heonik Kwon, p.190 in Lambek and Boddy 2012.

"Cities impact on religious spaces and structure the experience of the religion, and the sentiment surrounding it. As Gomez and Van Herck, in their recent volume The Sacred City remark: 'The city has a constitutive effect on our relation with the sacred and interacts with the human search for meaning in life and with the sacred in all its many guises". De Boeck in Lambek, Boddy, cit, p.529.

"spirit-cults [...] are essentially a means, she writes, of adapting to urban society". Constantinides in Morris, 1988.

48.

La questione classificatoria ha le sue forche caudine nella possessione e nella trance, come ogni fenomeno che sfida la razionalizzazione o il divario soggetto/oggetto, mente/corpo. Tanto quella brillante di Gilbert che separa estasi e trance, come quelle più operative (Cohen 2002: possessione esecutiva e patogenica) hanno il difetto epistemologico di basarsi su un contenitore di alterità modellato a partire dall'idiosincrasia di chi guarda. Il fatto che Gnawa, zar e candomblé, ma anche lenguas e satanismo, siano ai nostri occhi parte di uno stesso fenomeno - possessione - mi dice solo che in me esiste tale categoria, storicamente costituita (a ferro e fuoco, in questo caso), ma nulla o quasi dei fenomeni osservati. Ognuno si riconosce ben poco negli altri, tranne quando vede lo stesso sguardo mio posarsi su tutti. La categorizzazione è relazionale. La nostra storia va raccontata insieme alla loro. Non posso dire nulla del Ghaba se non conosco anche i benandanti.

49.

Il caso dei rituali satanici tra Massa Sinalese e Mirandola nel 1997-1998, negli stessi annni del 'mostro del Raval' Tamarit - ricostruito per Repubblica da Paolo Trincia e Alessia Rafanelli. Da questo tipo di vicende si capiscono molte cose sul funzionamento del potere, sulla creazione di profitti dalla sublimazione delle differenze sociali e di classe, e sulla potenzialità degli stereotipi e delle paure collettive di creare nuove forme di accumulazione di capitale. Tutto inizia con uno sgombero, e con la richiesta di un precario a una vicina di accogliere suo figlio. "La famiglia dei brutti", "non erano normali". 27/9/1993, provincia di Modena. Il bambino che cresce tra due famiglie, risentite l'una con l'altra, accusa i genitori naturali di violenza sessuale, poi di satanismo. Il prete popolare, che offriva da mangiare ai marocchini nell'osteria del paese, è accusato di essere a capo della setta.

50.

Ponzanesi, Does Italy need Postcolonial theory? (2016), che segue Lombardi-Diop e Romeo Italian Postcolonial Manifesto (2014). La condizione postcoloniale dell'Italia è diversa da quella del resto dei paesi ex coloniali per (1) colonialismo 'straccione' con un suprematismo etnico sempre contestato (per esempio da Giuseppe Sergi, precursore razziale del mediterraneismo); (2) colonialismo interno nel meridione che si interfaccia con quello esterno (in Africa vannno i contadini del Sud); (3) pensiero politico precursore della concezione precoloniale (Vico, Gramsci, Levi); (4) pensiero politico contemporaneo che da una tradizione completamente diversa arriva a conclusioni simili (Negri, Agamben, Virno, Mezzadra); (5) doppia presenza di Mediterraneo e Atlantico, emigrazione e immigrazione, ognuna il riflesso dell'altra.

Così, se si deve sviluppare un pensiero postcoloniale in Italia, questo deve sfidare le tradizioni importate e rifondare la riflessione sulla base della storia specifica del nostro paese; ne deve fare un elemento di critica alla stessa distinzione colonizzatori/colonizzati (cos'erano i contadini del Sud in Libia?) in senso post-Fanoniano - e uno strumento di rifondazione della questione meridionale in termini nuovi. La ricerca sugli spiriti può inquadrarsi in questo progetto più ampio perché implicitamente si rivolge all'invisibile, alla parte occulta dei processi di costruzione sociale; che in questo caso rappresenta gli entanglements tra le varie sponde, tra i mondi coinvolti. In quanto invisibili, gli spiriti evocano per ognuno ciò che ha rimosso, sono specchi su cui la collettività proietta il proprio immaginario dell'altro. Sono inncompatibili; perché il visibile di ognuno è l'invisibile dell'altro. Ma ogni invisibile suscita lo scandalo perché richiama i limiti della propria capacità di visione comprensione e accettazione delle differenze. Costruire un ponte su queste basi.

51.

The overall idea: che la gentrification e il displacement forzato crea profitto dal recupero dei terreni; ma viene legittimato attraverso un discorso che non è impopolare, perché utilizza modalità coloniali e assimilazioniste per estrarre ulteriore profitto dalla mercantilizzazione dei rapporti sociali che precedentemente erano esterni o estranei al mercato. Si obbligano persone non solo a spostare la propria residenza e baricentro sociale; ma a spostarlo all'interno di relazioni di tipo mercantile, in modo da poter estrarre ulteriore profitto. Ciò di cui i displaced sono dispossessed non è tanto la terra o la casa, che è spesso loro restituita altrove, o meglio; ma i rapporti sociali e comunitari che permettevano loro di mantenere all'interno della comunità i prodotti - immateriali - del loro lavoro (culturale). Questi beni non sono quantificabili, ma dalla loro distruzione si crea profitto. Ne emergono eserciti di dispossessed che alimentano operatori sociali, giornalisti, magistrati, un'intera macchina estrattiva che costruisce nuove occasioni di guadagno dal deserto sociale provocato dal displacement. Bon Pastor lo prova con la rottura dl sistema di gestione dei conflitti. Idroscalo con la loro inclusione nel macchinario dei residence. E forse anche con la mafia. L'ordine sociale ha bisogno di dispossessed più di quanto sia disposto a tollerare comunità autonome che cercano di restare esterne al money making. Per questo è indispensabile capire qual è il valore delle attività sociali che avvenivano nei territori sradicati: il placemaking. Sono tecniche pericolosamente sotto attacco. E la lente del folklore con cui le presentiamo abitualmente è misleading.

52.

Ricostruire una storia di San Lorenzo che tenga insieme degrado, speculazione, airbnb e gentrificazione. Il progetto a lungo termine è girare il quartiere, fare dello scalo il boulevard centrale, su cui affacciano le nuove costruzioni. Le baracche di Via dei Lucani per Pino sono come borghetto Latino, come borghetto Prenestino, che a noi non c'hanno levato perché c'era padre Libero che voleva fare un polisportivo - poi l'ha fatto a San Paolo accanto alla basilica, e l'hanno arrestato perché dicevano che l'aveva fatto coi soldi della droga. Il terreno è del Demanio ma la concessione sta scadendo. L'ha comprata la Santarelli, dice Livio di Tecnorete; e non ci vogliono fare un palazzo ma una città. Non poteva pagare i buffi, mi spiega N., papà di F., ma ora ha trovato i soldi. Così si spiega il cosiddetto degrado che non è effetto di un ormai generico, ma di benign neglect in cui collaborano Ama, comune e forze dell'ordine; San Lorenzo diventa buffer zone in cui si accumulano i residui, e su cui si fa profitto dal calo dei prezzi, per realizzare speculazioni su grandissima scala. Quella della Santarelli potrebbe essere la base su cui costruire una fortuna immobiliare; come il lotto interno dietro via dei Sardi, in cui stanno costruendo monolocali (loft) seminterrati, potrebbe essere stato sbloccato proprio dallo Sblocca Italia - quindi con la complicità del PD locale, che vuole fare affari sulla Dogana come una nuova CAE. (...) Cubatura. A che punto la moneta diventa l'aumento delle cubature? Quando semplicemente la possibilità di profitti apre i lucchetti del credito bancario?

53.

Odevaine sta per uscire di prigione, dopo neanche 4 anni. Mentre la lotta alla mafia è universalmente identificata con la condanna al carcere di massima sicurezza di Roberto Spada per una capocciata, i giornali passano sotto silenzio lo sconto di pena al responsabile diretto di gran parte della speculazione operata sulle sofferenze di migliaia di persone. Odevaine aveva truccato un bando da 100 milioni di euro come componente della commissione per l'affidamento del Cara di Mineo, affidandolo alla Coop La Cascina dietro pagamento di 250 mila euro di tangenti; condannato anche per turbativa d'astaa e falso nella concessione degli appalti per i servizi nel Cara; in seguito aveva convinto il prefetto di Catania Scotto Lavina a trasformare in centro d'accoglienza l'hotel di un imprenditore, che gli promise soldi per acquistare e modificare dei pullman da trasferire in Venezuela, e che gli avrebbero fruttato ulteriori guadagni. Capo gabinetto di Veltroni.

Dopo la capocciaata di Spada, espulso il male simbolico da Roma - come il rex nemoriensis, confinato nel non-umano, nel santuario di massima sicurezza di Tolmezzo - quello reale ottiene la cittadinanza che rischiava di perdere. Accontentato il popolo con un sacrificio, la gestione della città torna ad essere business as usual.

(sto lavorando in parallelo su due tipi di narrazioni simboliche che hanno un fine politico occulto. Ma ancora non trovo la convergenza)

54.

Quello che sto combattendo è il monopolio - dello wahabismo in un mondo rituale plurale, dello stato in una società complessa, della città omologata su quella vernacolare. Sto riscattando la presenza di pratiche sociali che implicitamente veicolano l'adesione ad un ordine sociale orizzontale, non gerarchico, confederale, mutualista e autorganizzato. Il seme sotto la neve ben più in superficie che nei collettivi e centri sociali; nella religione popolare, nelle dinamiche di quartiere, nell'autocostruzione. Queste costruzioni sociali devono essere nascoste agli occhi dei più, e soprattutto allo sguardo del potere politico, che quanto più si conosolida più le teme. Ogni pratica sociale che rimette a una legittimità diversa o preesistente rappresenta un pericolo. Dev'essere occultata, e i suoi detentori cercano sempre nuovi modi per toglierla dalle scene.

Lalla Fatima Zohra, figlia del Profeta, si trova un giorno presa da uno strano languore: non parla più, non vuole mangiare, deperisce. Inquieto, il padre si rivolge a Bilal, suo schiavo etiope liberato, il quale confeziona delle nacchere di legno e decora la sua tunica con gusci di lumache. Così preparato si presenta davanti a Lalla Fatima cantando e facendo giravolte al ritmo delle nacchere. Questa danza riesce a far ridere la figlia del profeta, e a farla uscire dal suo abbattimento. (Hell, p.54).

55.

Sulla questione dell'assistenza sanitaria pubblica, cuore con la scuola della legittimazione dello stato, non si può parlarne senza conoscere bene le mutue, cioè il sistema corporativo decentralizzato in vigore fino al '78. Scrive Antonio Bove su LSDC n.0: "Chi, pur non avendo vissuto quegli anni, abbia visto il celebre film di Luigi Zampa, Il medico della mutua, uscito nel 1968 e tratto dall'omonimo romanzo del medico scrittore Giuseppe D'Agata, riesce a ricavarne un'idea precisa e drammatica di cosa fossero le mutue, rispetto alle quali la riforma del '78 rappresenta una svolta radicale, nonostante gli esiti e il carattere incompiuto. Il sistema mutualistico si fondava su 'assicurazioni sociali' a cui era possibile aderire in maniera volontaria o obbligatoria in base alla propria condizione lavorativa. Le mutue rappresentavano 'il terzo pagante' per le prestazioni di diagnosi e cura dei propri iscritti. Si trattava di un sistema a carattere assicurativo-risarcitorio, in cui la salute costituiva un diritto non di cittadinanza ma legato al lavoro e garantito per appartenenza a una categoria; un modello dagli evidenti limiti, che basava la fornitura di servizi su particolari posizioni contributive e lavorative (p.85). Come CatSalut? In ogni caso, appena 6 anni dopo la riforma della 833, nel 1984 "si registra la primma proposta di riforma in senso aziendalista della sanità pubblica, che si concretizzerà nel 1992 anche come conseguenza della mancata attuazione della 833/78, tradita dal cattivo funzionamento delle USL e dai meccanismi di lottizzazione politica" (p.86).

Insomma: centralizzare ed estrarre profitto sono un processo unico. Sarebbe ora di eliminare l'illusione.

56.

O insieme delle cose! Di forza t'impossessi dei nostri cuori, e, a mo' d'attore, ti diverti a celare, sotto [mille] varie parvenze, la tua vera natura! Chi ti chiama insenziente, lui davvvero è insenziente, incolto, e a torto pretende una sensibilità che non ha! E, io penso, questa insensienza che gli attribuiamo gli è titolo di lode, ché, almeno, ha una qualità in comune con te! (Abh, Tantraloka)

57.

Ancora sul disprezzo delle periferie. (poi uscito qui) Paesaggio sordido e brutalità umana. Tutto il film di Garrone (Dogman, 2017) si regge su questo correlativo oggettivo, l'ambiente riflette la società, forse la produce, di certo la sostiene, la ingabbia, in dei meccanismi di azione/reazione impossibili da spezzare. La desolazione di Castelvorturno, che abitata da gente che parla romano evoca Ostia, la nuova periferia maledetta della capitale, non fa solo da sfondo alla violenza e all'omertà di un'umanità ormai perduta - tornerò su quest'avverbio - ma la rappresenta, la incarna, ne diventa il vessillo. Lo spazio urbano basta in sé, con un uso magistrale della fotografia, a mostrare la catastrofe morale che poi il film deve, per convenzione narrativa, attardarsi a narrare. Al di là della storia, brutalità e disgregazione sociale in ogni fotogramma si riflettono nel cemento armato mangiato dalla salsedine, nei muri scrostati e nelle giostre abbandonate del piazzale su cui si muovono i personaggi. Il film estende la broken window fino alle estreme conseguenze: lasciata a se stessa, l'umanità precipita nella violenza cieca, nell'homo homini lupus e nella legge del più forte, che i pochi deboli o puri possono al massimo ribaltare in legge del taglione, ma sacrificando la purezza. Come il fondo del mare è correlativo oggettivo dell'amore pulito tra padre e figlia, l'odio e la sopraffazione elevata a sistema vengono veicolati da un paesaggio estraniante e surreale, postcatastrofico ed estremo, ma che tuttavia richiama luoghi ben precisi, che il pubblico riconosce; si può sintetizzare in una parola: periferia. Il margine della città è così il margine della morale, del rispetto, del legame sociale. La fine della città, è la fine della civiltà. Mai sentenza più reazionaria poteva pronunciarsi sulle periferie e sui suoi abitanti, in un presente dominato dal terrore del diverso e dello sconosciuto; non è un cattivo a nascondersi in banlieue, ma la banlieue intera a crearlo, a sostenerlo, a proteggerlo senza sapere perché, spinta forse dalla rassegnazione implicitamente contenuta nel paesaggio che la costituisce e che la tiene insieme.

É impossibile non proiettare su questo luogo immaginario altre periferie, reali, di cui giornali e tv non cessano di elencare gli orrori. San Basilio o Corviale, luoghi senza speranza per la stampa mainstream, che insegue il noir adattando la realtà alle paure dei suoi lettori. E Ostia, naturalmente, dove un ex pugile terrorizza un quartiere intero. Cosa succede in questi luoghi, per la narrazione corrente, borghese? Lo stato manca. Sono abbandonate. Quando le istituzioni non fanno il loro 'dovere' (ideologico), l'umanità collassa, precipita nell'anarchia. Ogni articolo che descrive le babygang o i supermercati della droga è un grido di indignazione che reclama il ritorno dello stato, quindi della luce, dell'Ordine, della giustizia, in un inferno fatto di altri, dove l'unica salvezza verrà da fuori, e dall'alto. Niente di più profondamente reazionario, e falso. Ormai non c'è più.

Un paesaggio archetipico, una violenza archetipica, che cercano di connettere luoghi reali, iperreali, ad un discorso sulla natura umana. E in questo pendolo tra filosofia e geografia, naturalmente, manca la storia. Perché la storia, ogni volta che la si prende in considerazione, smentisce entrambe, filosofia e geografia. Quella violenza esiste per delle ragioni. Quei legami sociali sono rotti a conseguenza di qualcosa. Quei luoghi sono devastati per responsabilità di qualcuno. Il canaro sevizia e uccide una vittima/carnefice in un luogo preciso: la Magliana, dove nasce la banda, il primo quartiere di displacement di Roma, dove migra, con l'aspirazione alla comodità e allo status borghese, anche l'efferatezza dei crimini borghesi, quelli del Circeo, del fascismo, che è sempre un prodotto dello stato, di una volontà di potenza e sottomissione che non può essere indotta da altro che dal delirio gerarchico e centralista di uno stato nazione in sofferenza. Una collettività che ricostruisce i suoi legami sulle macerie, appoggiandosi su impotenza e risentimmento, sulla paura del prossimo e di se stessa, e in fondo sull'attrazione e il culto della morte. La fondazione di ogni stato. La violenza individuale del canaro, del serial killer, dell'arancia meccanica, non è il residuo non assorbito del processo di urbanizzazione e civilizzazione da cui procede il contemporaneo. Ne è invece la massima espressione, come Moriarty e Lupin lo erano della modernità. Il noir esalta l'odio serbato in silenzio nella moltitudine, la perversione come via di fuga dalla società di massa; non è la violenza pre-moderna delle borgate, dei ragazzi di vita e dei papponi, che con la stessa leggerezza uccide e accoglie.

"Je n'ignorais pas le moeurs étranges de ces nomades. Ils tueraient un croyant sans un moment d'hésitation, pour s'emparer d'une bourse ou d'une monture, mmais il suffit de faire appel à leur génerosité pour qu'ils se transforment en hôtes prévenants et empressés. Un proverbe dit qu'ils ont toujours un poignard à la main, 'soit pour t'égorger, soit pour égorger un mouton en ton honneur" Amin Maalouf, Léon l'africain, p.302.

É invece macchinazione silenziosa covata nell'isolamento di un ottavo o nono piano, perturbante perché sempre insospettabile, sempre esplosione di violenza di un vicino brava persona, radicalizzatosi perché abbandonato da papà stato e mamma polizia. Non perché figlio di quella violenza e disperatamente bisognoso di riprodurla per sentirsi figliol prodigo. Si sente parlare di rifondare una sinistra. Se questa si basa su narrazioni reazionarie e antipopolari come questa, riprodotta meccanicamente in decine di liturgie cinematografiche nei teatri del centro storico, è preferibile aspettare tempi migliori. E discorsi sensati che escano dalla tirannia dell'ormai. Di 'quando c'era lo Stato'. È stato un tempo il mondo...

58.

Caratteristica fondamentale del rituale? ognunx vi proietta ciò di cui ha bisogno. Come al cinema, è uno schermo che a ognunx parla in un modo diverso. Le ombre che ci avvolgono mentre assistiamo alla proiezione ci permettono di eludere gli elementi contraddittori e concentrarci sull'oggettivazione di ciò che è eminentemente soggettivo. Così, nella gnawa, Lapassade vedeva la prova di stati di coscienza alterativ. Madame Paques il segno di una cosmologia africana che attendeva una donna bianca per riscattarla; Randy Weston le sue radici africane; io, la prova dell'esistenza di rituali comunitari acefali che mettono in questione in qualche modo l'ordine costituito e la razionalità moderna. C'è tutto questo lì dentro? E se anche i maalem stessero proiettando? Se non ci fosse un senso reale?

59.

Come premessa al suo racconto sull'Africa, Leone l'africano racconta due episodi: quello del carnefice che frusta l'amico più che se fosse uno sconosciuto (come africano, sarebbe stato più duro nei giudizi sulla sua terra), e quello del pesce-uccello che per non pagare i tributi passava dal regno dei pesci a quello degli uccelli e viceversa. Natalie Zemon-Davis fa notare come il tema dell'identità multipla che consente di eludere le responsabilità si ritrova sia nella hila (inganno) dello struzzo che non vuole né volare né portare pesi dichiarandosi sia cammello che uccello, ripresa da Rumi, che in una favola di Esopo in cui un pipistrello sfugge alle donnole chiamandosi prima topo volante, poi uccello. Non è casuale il riferimento agli animali: è sulla base degli animali che si costruiscono totem e proibizioni, le categorie strutturali che poi si traslano e conformano le divisioni e i segmenti tra i gruppi. Costruendo la propria identità come multipla e manipolando attentamente i messaggi, sempre twofold (non devono offendere né gli uni né gli altri), Yuhanna al-Asad ribalta il paradigma della "doppia assenza", rendendosi doppiamente presente su entrambe le sponde del mediterraneo. Mentre gli eserciti e i sovrani creavano identità e confini per raccogliere attorno a sé i loro sudditi con l'inganno di un nemico esterno, pochi viaggiatori cercavano un nuovo codice in grado di appianare le nuove barriere quando venivano create. É la politics of revolutionary love di Houria Bouteldja, esattamente mezzo millennio prima? Non saranno anche le pratiche che cercavano di risolvere la 'crisi della presenza' delle forme folk di costruire quello stesso linguaggio condiviso, con cui restituire agency a individui e comunità gettate nella doppia assenza? Gli effetti del displacement: un grande vuoto. Dal vuoto emergono gli spiriti. La musica li calma, ricollega.

L'uccello anfibio, come lo struzzo, come il pipistrello, come l'autore ma anche come i neri del Marocco o i marocchini di seconda generazione in Europa, sono matter out of place perché mettono in crisi le categorie: come gli omosessuali, i musicisti o i pazzi, hanno accesso a due mondi separati, ognuno invisibile all'altro. Per ognuno l'altro è fantasma, o jinn, e il rituale delimita in uno spazio e un tempo protetto l'apparizione di entrambi contemporaneamente. Si codifica una procedura che permette ad alcuni di incarnare l'apparizione dell'altro, del rimosso, di un nulla che ha realtà solo in quanto rimosso; ogni partecipante vi proietta il proprio invisibile e la propria assenza, collettivamente rendendole corporee, grazie al sacrificio dei pochi che attraverso la jdeb danno realtà a ciò che non si vede; come gli alberi muovendosi rendono manifesto (hadra) il vvento.

"Usando i termini italiani 'mescolanza' o 'mescolata', egli sembra cercare l'equivalente di una parola araba connotata positivamente, mizaj(ovvero 'mistione', 'amalgama', 'miscellanea', 'combinazione'), anziché del termine più forte e talvolta peggiorativo khalit, dove il mischiarsi volge alla promiscuità, alla confusione, al pasticcio e addirittura alla follia. (Ricordiamo che takhlit è il termine usato dallo zelante al-Maghili nel denunciare come impura la persistenza di riti preislamici contemporaneamente a quelli dell'islam). Per Yuhanna al-Asad la mescolanza, anche là dove comporta una lingua 'corrotta' o dolorose malattie, non distrugge la buona poesia né la possibilità che gli abitanti di territori contigui riescano talvolta a vivvere in pace". NZD, p.152.

60.

Cosa dice la storia dell'uccello-pesce? che la mobilità è uno strumento di resistenza. Per quasi due secoli lo stato nazione ha imposto un paradigma carcerario sul mondo intero, e il modello del cittadino ubbidiente ha pervaso la narrazione dominando anche gli oppressi. Un mondo rinchiuso in compartimenti stagni favorisce solo chi comanda ogni compartimento, perché relega su un piano inferiore, marginalizza, chiunque abbia un rapporto con il confine. Per imporre l'obbedienza definitiva al sovrano, bisogna sacralizzare il confine, rendere homo sacer chi lo attraversa senza autorizzazione, separare dal resto chi mantiene la mobilità.

In Assam "the state is currently updating the National Register of Citizens (NRC) - the first time since 1951 - as part of a government campaign to identify undocumented immigrants from neighbourhing Bangladesh. The 2.9 million women, most of whom are Muslim, and nearly 4.5 million others are part of about 13 million people who were left out from the first draft NRC published in December last year". Al Jazeera, 31/5/2018. Per paura di essere dichiarati 'doubtless voters' (D-voters) o apolidi o srtranieri ed essere imprigionati, decine di persone hanno commesso suicidio, impiccandosi o avvelenandosi. Una psicosi si è diffusa tra i poveri perché molti non hanno conservato i documenti d'identità.

61.

Corrispondenze religiose nella fondazione delle città. A Bangkok, la galactic polity si struttura nel moang, che è stato, civiltà, nazione; a Roma la città nasce dalla divinazione, dal mundus, dal sulcus primigenius. A Casablanca, la città sta cambiando forma: da città sufi a città monarchica. L'ideologia che sottende alla costruzione della città la rende accettabile? E Roma, come scrivono Sotgia e Marchini, è del Vaticano, o piuttosto, come dice Herzfeld, l'abusivismo ha una matrice religiosa? Divisione tripartita indoeuropea per Dumezil: contadini, artigiani, guerrieri. Divisione dei terreni: sacri, pubblici, privati.

62.

Gentrificazione dell'immaginario. L'espressione era di José Luís Ponce rispetto all'appropriazionemodernilla (neoborghese) della mitologia sulle periferie del Vaquilla e di Perros Callejeros, culminata nell'esposizione al MACBA di una mostra sulla cultura quinqui. Che non era la periferia che si appropria degli spazi della cultura del centro, bensì il centro gentrificato e igienizzato che si dichiara così immune dal pericolo, da permettersi voyeristicamente, e paternalisticamente, di esibire il proprio rimosso. Se quei film hanno prodotto danni in periferia - il rifiuto della Mina verso José Antonio de la Loma non ha un parallelo nel rapporto tra Ostia e Amore Tossico, ma tra Torbella e Jeeg Robot! - in centro diventano il segno di una frattura ormai compiuta, della limpieza étnica de los señoritos conclusa e a buon fine. "Perché non parli?" chiedono alla ragazza di periferia i congressisti del Convegno di Punta Corsara. Il silenzio vuol dire: non saprei da dove cominciare, e non ascoltereste. "Facciamo i muti per i politici sordi" hanno scritto a Nuova Ostia pochi anni dopo il trasferimento: all'Acquedotto Felice avevano scritto addirittura una lettera al sindaco, altro che muti. I politici erano sordi uguali; ma lo spazio li rendeva capaci di parlare. Questa è una versione urbana di Can the subaltern speak di Spivak - il gesto finale dell'indiana che si impicca quindi non è da interpretare come prodotto del suo essere subalterna, ma di un certo modo di esserlo, prodotto storico e geografico particolare. In altre circostanze quella stessa subalterna avrebbe parlato. "Sure, but can the powerful listen?" è la prima risposta, e "Why should they speak to you" la seconda.

La gentrificazione è la conquista definitiva dello spazio della parola - non solo scritta: anche orale, televisiva, spettacolarizzata, mediatizzata, culturalizzata, pubblica insomma - da parte di una classe sociale privilegiata economicamente, che spossessa della sfera di espressione culturale, e quindi linguistica, sociale, economica, politica, le altre classi, sottraendo loro il terreno che - per la forza fino ad allora inquestionabile della tradizione -esse consideravano indisputabilmente loro. La battaglia per il terreno, per lo spazio, è sempre battaglia per il terreno del discorso: non a caso le metafore della sfera pubblica sono sempre spaziali - agora, arena, campo, etc. (italiano piazza e spagnolo calle, entrambe metafore della sfera pubblica - le piazze, la voz de la calle).

In breve: lo spazio del centro della città è sempre molto più delle sue caratteristiche fisiche. Il possesso fisico di quei luoghi (cioè il loro uso, la presenza con i corpi nello spazio, non certo la detenzione dei titoli di proprietà!) è garanzia di presenza e voce nella sfera pubblica. La compresenza storica di classi diverse nei centri storici non è stata solo un'occasione per la creazione di legami interclassisti, quindi per il clientelismo e la pacificazione sociale, e il consequente soffocamento del conflitto, ma anche la possibilità di inscenare la dialettica tra classi in vivo, tra persone in carne ed ossa, non tra persone reali vs. immagini idealizzate (quindi demonizzate). Tant'è vero che il clientelismo e la pacificazione tra classi sono sopraggiunte e si sono manifestate appieno dopo la periferizzazione delle città, quando i rappresentanti politici delle classi subalterne hanno acconsentito a sostenere il vecchio progetto della borghesia ottocentesca: haussmannizzare, sventrare il centro, deportare i poveri fuori città, in campi di concentramento progressivamente abbelliti fino a farne quartieri. I sostenitori organicisti della città giardino non capivano quanto male avrebbe fatto agli operai e alle operaie la perdita del centro: Cebrià de Montoliu si ridusse all'esilio. (E la città orizzontale di Adalberto Libera?)

Ora, è importante ricostruire questo processo in tutta la sua longue durée, evitando di focalizzarci solo sul turismo, su airbnb, o sui grandi eventi, dall'Expo ai mondiali, o sul ruolo della cultura e del consumo (il tofu di Giovanni Semi). Quindi, situare i diversi eventi come l'occupazione di Palazzo Nardini o della Vida a Venezia, o il teatro Valle e i grattacieli di Moradia para Todos a Sao Paulo, in questa dialettica storica che si esplicita nella geografia, nell'oscillazione tra centro e periferia. Non farci più catturare dall'apologia per un vento della storia che ormai ha esalato l'ultimo respiro, e che considerava lo spazio solo in termini di standard urbanistici definiti su un modello astratto (Signorelli); e recuperare la lettura dello spazio come prodotto sociale, multifunzionale, e quindi ricostruire nel dettaglio come lo spazio veicola o veicolava certe forme sociali o culturali. L'esempio della gnawa nella medina è il più chiaro, ma anche la forma corporativa delle città medievali, o le etnotecniche che dipendono dalla vita en la puerta al Bon Pastor. Tutto questo si può strutturare anche fuori dal centro, e anche grazie all'isolamento; ma dove avviene in centro esso ha un potenziale politico molto più determinante, perché occupa lo spazio della voce pubblica. Terzo: ricostruire la diffusione del fenomeno.

1870, Haussmann. 1900-1920, Roma, grandes avenidas. 1950, urban renewal: Boston, Robert Moses, East End a Londra. 1960, Olimpiadi di Roma. 1980, liberalizzazione del mercato, eroina, mafie. 1990, liberalizzazione arriva in sud Europa. 2000, boom finanziario, grandi opere: Cina, India. 2008, GFC. 2010, Istanbul, Addis Abeba, Casablanca, Dubai. 2016, Copa Brazil, Olimpiadi Beijing.

63.

Ghassan vede il displacement di Casablanca come una sottrazione di valore per alcuni a profitto della collettività, mentre è sottrazione di valore della collettività a profitto di alcuni. Il valore creato su quei territori non è quantificabile: è la città. Quantificarlo, cioè tramutare la città in valore di scambio, come scrisse Lapassade nel 1983 all'entrata di Essaouira, 'ville à vendre', è per definizione un'enclosure, sebbene le risorse sottratte non siano economicamente di immediata riconoscibilità. Le reti di vicinato permettono di sottrarsi al mercato o al welfare, la vicinanza alle fonti di reddito (nella medina di Casa era il porto, all'Acquedotto Felice le case dei borghesi dove si andava a pulire, o i cantieri per gli uomini) scongiura il rischio della dipendenza, e il legame con luoghi emblematici (le rovine di Pozzuoli per Signorelli) fa da axis mundi collettivo, mantenendo insieme un universo simbolico condiviso. Il profitto che si genera con la 'messa a valore' è misurato sul valore di scambio, perché il valore d'uso non è quantificabile: ma un valore veniva effettivamente prodotto su quei terreni.

64.

Storia sociale della musica: come si rapporta la gnawa alla trasformazione dello spazio urbano? Una storia simile funzionerebbe ad esempio con i luoghi della techno a Roma, o della salsa brava a Barcellona (Muna Makhlouff), che mostrano un panorama legato a: classi sociali, migrazioni interne, aree di scambio, aree di assenza. Disegna una geografia sociale.

"On peut supposer que le 'comportament mythique' disparaitra à la suite de l'indepéndance politique des anciennes colonies", Eliade, aspects du mythe, 1963, p.14.

65.

Pedro Pitarch spiega in La ciudad de los espíritus europeos che l'immaginario indigeno (nahua, kuna, puné) si è europeizzato: le anime vivono ora all'interno di montagne dove l'abbondanza prende la forma illusoria di grattacieli, elettrodomestici, automobili e cellulari. Di questo processo c'erano segnali tra i kuna già negli anni 20, secondo la testimonianza di un etnografo scandinavo, Nordenskiold. Ma la lettura secondo cui questo sia segno di una perdita di indigeneità è errata: sarebbe prova di acculturazione invece se l'aldilà non fosse rappresentato come europeo, come nel messico attuale dove gli antenati sono 'indios antiguos' da cui si discende. Questi mondi di abbondanza non sono paesi di cuccagna come quello rinascimentale di Brüghel il vecchio, in cui i desideri e bisogni corporaali contadini sono risolti (fiumi di latte e vino, alberi di dolci). Sono invece luoghi di simulacro, popolati di oggetti inutili per la vita india, come cravatte, parchi giochi o banche. Precisamente europeizzare l'aldilà è invece garanzia di decolonizzazione dell'aldiqua, cioè della vita quotidiana. È il maintaining sameness through alterity di Taussig, ma anche la proiezione nell'immaginario dei conflitti e della violenza che si vuole eliminare dalla vita quotidiana, come rileva Graeber sul Madagascar. Le anime adottano il mondo e la storia europea, godono del simulacro dei suoi oggetti, così i corpi possono rimanere indigeni.

I prodotti occidentali per gli indios sono incarnazioni di rapporti sociali, in particolare della relazione tra indigeni e società occidentale. Quanto più questa relazione si intensifica, tanto più spesso devono eseguirsi i rituali con cui si visita l'aldilà. Se gli europei hanno manifestato sempre interesse per i beni materiali americani e disprezzo per le loro ideologie, gli indios hanno dimostrato sempre interesse per le idee e religioni europee (al punto di convertirsi al cristianesimo) ma disprezzo/sfiducia per i loro oggetti. Nei loro mondi virtuali invece abbondano gli oggetti europei, mentre ideologie e forme di organizzazione sociale sono completamente assenti.

Tanto desde un punnto de vista europeo como indígena, la modernidad es tecnología [...]. Pero para los europeos todo esto es un producto reciente de la historia humana, el resultado de una tremenda aceleración de las fuerzas de producción. En términos indígena, sin embargo, estos fenómenos pertenecen al dominio del más allá, de aquello sobre lo cual los seres humanos carecemos de posibilidad de acción. La modernidad indígena es anti utilitaria y está contra la producción. La modernidad forma parte de un estado virtual que sólo se actualiza de una manera variable y desigual. Pertenece a un tiempo que no pasa, un dominio que siempre ha estado ahí y siempre estará.

66.

Tra il Morocco Mall e l'isolotto, ora penisola, di Sidi Abderrahman, mi pare evidente che tutta la costruzione dicotomica moderna tra economia e religione, che va da Aristotele ai Patti Lateranensi, passando per la cacciata dei mercanti dal tempio e la donazione di Costantino, si basa su un'enorme fallacia interpretativa, probabilmente voluta. Non c'è nessuna modernizzazione laica che sostituisce un passato religioso che stenta a morire, o a volte risorge trascinando la storia all'indietro. Ci sono scontri tra forme organizzative che basano la ripartizione delle risorse su diverse cosmovisioni le quali di fatto includono sempre una gestione dell'invisibile. All'entrata del Morocco Mall, che ospita la FNAC, IMAX (come al Port Vell) e Orange, c'è una targa argentata che ogni visitatore è obbligato a notare: dice "هذا من فضل رب".Invece, sotto al santuario di Sidi Abderrahman c'è un sottobosco di commmercianti di spiaggia, musicisti, donne che fanno tè e msemmen, eccetera. E dentro ci sarà un'economia dei sacrifici e delle offerte. Tutto questo è particolarmente evidente qui in Marocco, dove chi prende una banconota la bacia e mormora bismillah, dove il potere politico è in mano al comandante dei credenti. L'islam è chiaro da subito, quando il dio è immediatamente definito rabbi el 'alamin, signore dei DUE mondi, quello visibile e quello invisibile: la religione presiede su tutto, economia e politica incluse, perché materiale e spirituale sono manifestazioni di un'unica realtà. Ma nelle città europee questa compresenza è più nascosta, e la si trova nella narrativa legittimatrice delle operazioni economiche, urbane, politiche, che rinvia sempre all'invisibile. Lo dicono solo Delgado e Herzfeld: ma l'urbanistica, dal condono all'urban renewal, è sempre redenzione dal peccato e pulizia simbolica dello spazio.

Ora, la logica della separazione che presiede all'intera enterprise illuminista, e che ha la sua manifestazione più diretta nella presunnta desacralizzazione dello spazio pubblico (e che diventa, di fatto, la conquista protestante dello spazio pubblico!) è multiforme e tentacolare, e la si ritrova in forme inaspettate. Come si comportano i giovani borghesi come Khalil e Mehdi verso gli gnawa? ne idealizzano la parte immateriale, e stigmatizzano quella materiale, che diventa cultural intimacy da tenere fuori dalla rappresentazione. È un'interpretazione modernista, coloniale, del concetto di rouhaniya, che originariamente non esclude affatto lo scambio monetario, sebbene lo concettualizzi in modo ben diverso dal cristianesimo riformato (più simile agli incanti dei santi in Calabria, direi). La baraka non si vende né si compra, ma rimette in causa il dono su cui si fonda la società stessa. Quindi include il denaro. E la richiesta di denaro e doni da parte degli gnawa è anch'essa parte della logica spirituale che fonda il loro ruolo nella società. Il sacro è sì separato dal resto, come dimostra la lila gnawa dove non si ammette l'alcol, simbolo del mondano; il fatto che tecnologia, soldi, innovazione, siano assorbite, forma parte della logica del rituale.

C'è un'essenza di separazione da qualche parte (direi che anche in arabo c'è un termine come sacer che si riferisce a un recinto: mi pare sia proprio haram). Non la vedo ancora, perché è coperta dalle nebbie della dicotomia modernista che ancora non riesco a (dipanare). Ma ne percepisco una manifestazione. È questo ponte che connette l'isolotto alla terraferma. Non doveva esserci. Lo spiega Anita Seppilli in Sacralità dell'acqua e sacrificio dei ponti. Alcuni dominii vanno tenuti separati, unirli crea il bisogno di altre divisioni, queste però sbagliate.

67.

Tobie Nathan legge L'Afrique phantôme, l'episodio del 27/12/32, quando Leiris mette la mano sotto la veste della figlia della sacerdotessa Malkam, Emanawish, avvolto dall'oscurità della notte di zar.

Il aurait pu pénétrer le continent mysterieus dans ses tréfonds, comme le fit sans dout Rimbaud, comme il arriva bien plus tard à Pierre Verger, qui poussa l'initiation jusqu'à dévenir lui-même maître des esprits. C'est ainsi qu'il serait peut-être parvenu à changer d'être, à se metamorphoser, à changer son monde en changeant de monde. Mais Leiris prit peur (Nathan, Philtre d'amour, 2013, p.32) [...]. Il se raidit, son esprit s'éloigna. Par la suite, il se tint à distance. Leiris à refusé la relation qu'il avait lui-même initiée, qui lui est apparue soudain fonctionnelle, mercantile. Leiris est français, européen; il oppose l'amour et l'intérêt. L'Afrique n'est pas ainsi! Là-bas, l'amour est toujour aussi intérêt. Elle l'avait vu tantôt gonflé de désir et voilà qu'il lui opposait une froideur de bourgeois croisant dans une soirée mondaine la pensionnaire qu'il serra naguère dans un bourdel. Elle tenta de ranimer la flamme, néanmoins. Vainement... (p.31).

Dei tre elementi che gli apparvero quella prima sera di dicembre, cioè il ginocchio nudo di Emawaysh, il perineo del montone, e il diario di Abba Jerome, il suo interprete, egli ha scelto senza dubbio l'ultimo: non l'amore, non la possessione, ma la scrittura, c'est à dire la censure. La stessa sessione di zar diventa ai suoi occhi solo un teatro.

Sa percepcion du rituel des zars'était aussi transformée. Les scènes avaient perdu leur relief; les pensées s'étaient rabbatues sur des intérpretations triviales. L'image qu'il avait de la transe s'était ternie. La viellie encore, dans ses moments d'enthousiasme, ce ritual lui semblait culte à Dionysos surgi du fond du temps. Les animaux sacrifiés, les poules, les coqs et les moutons, lui étaient panthères sur le Cythéron. Les Éthyopiennes viellissantes aux seis usés par les grossesses lui semblaient Ménades échevelées, membres de congregations divines, compaignes de Bacchus. Castré par sa propre déconvenue, il s'est alors attaché aux faux-semblants du rite, insistant sur la capacité des adeptes à simuler la transe. Sa théorie s'est modifiée aussi, s'attachant à décrire la mise en scène et aboutissant sur une comparaison entre les zarset le théatre. Les Atrides, échappés de l'antiquité, qui le contemplaient naguère derrièr leurs tambourins, sont dévenus en un instant de pauvres gens dans la misère, seulement intéressés par l'argent qu'ils pourraient tirer de lui (p.35).

Ou à disparu l'Abyssine de ses rêves? Emawayish restera à jamais la chanche ratée de Leiris, la route vers Rimbaud qu'il n'aura pas osé emprunter. Mais, plus que l'amour, c'est la metamorphose qu'a manquée Leiris; la transe qu'il n'a pas vécue, l'initiation qu'il n'a pas reçue - et qu'il a en revanche parfaitement décrite. On peut penser qu'il ne pouvait pas... Peut-on à la fois entrer en trance et en faire la théorie? Aussi peu sans doute que décrire l'orgasme au moment ou on le vit...

68.

(Antoni Viller)

Nathan situa cronologicamente la passione amorosa dopo la possessione da parte di essere invisibili. È la prima ad essere modellata sulla seconda. L'invisibile precede il visibile, si potrebbe dire; come l'uso materiale del denaro è successivo a quello rituale, secondo Graeber. E il mercato e la città nascono dal santuario e dalla festa, come il teatro dal rituale. E si potrebbe continuare. Ma quali tracce hanno lasciato le divinità coinvolte in queste attività, al di là dei nomi dei giorni della settimana? (Più quotidiani di quelli...). Le forze che hanno sottomesso il pensiero rituale, trasformando i rapporti con l'invisibile in rapporti tra visibili, hanno sublimato l'invisibile altrove. La potenza sottesa a ogni aspetto del quotidiano è stata assorbita e concentrata, non certo dispersa. È diventata prima polarità indefinita di bene e male, con operatori specializzati che se ne sono arrogati l'esclusiva. In seguito, attraverso una guerra durata secoli, combattuta con il fuoco dagli inquisitori e con la parola dagli illuministi, essa si è fatta stato - potenza di azione e fonte di verità unica che con il terrore quotidianamente occupa le menti e i corpi dei soggetti, neganndo loro il diritto al rapporto con l'invisibile. Unico invisibile ammesso, lo stato combatte ogni giorno i suoi antichi rivali. Perché essi lo minacciano più che una rivoluzione: essi sono le basi del suo potere.

69.

L'essenza della controversia con Fiorenza riguarda l'individuazione che stato e mercato operano per massimizzare controllo e profitto. Gli aerei, gli aeroporti, sono l'apoteosi di questa forma di dominio, e le frontiere in genere sono strumenti anticonviviali miranti a fissare ognuno nel proprio slot e così rinsaldare il legame di ognuno con il Centro. Da cui incessantemente si emette offerta e si registra movimento, poi messe a sistema. Unica forza che abbiamo per opporci è la convivialità informale - non i beni comuni, non nuovi strumenti legislativi, non partiti o sindacati: ma il genuino clandestino intessere di legami, el discretìssim camì del fer i desfer de cada dia. Perciò il discorso presuntamente postcoloniale che ossessiona la buona borghesia inglese e americana, per quanto abbia una parvenza liberatoria (da suffragetta), è uno strumento anticonviviale. Costringe ognunx a definire il proprio rapporto con il prossimo in termini di caratteristiche individuali: preferenze sessuali, estetiche, apparenza fisica, colore della pelle, tratti somatici. Con la scusa di liberare gli individui dall'obbligo di identificarsi (per un nero, dover sempre spiegare di dove sei, è pesante. Perché solo perché ho tratti cinesi devono pensare che sono cinese? Se mi vedono donna non devono desumere con chi vado a letto), il discorso individualizza e monadizza ognuno, tagliando i rapporti con i suoi simili, o i legami con chi si trova in una situazione analoga, forzando ognuno a diventare cittadino qualunque di cui non si può presumere nulla tranne l'affiliazione con uno stato. Non è considerato imbarazzante chiedere di cosa si è cittadini. Solo indagare sulla storia.

Inoltre, è un linguaggio anti-intuitivo, per la sua complessità solo appannaggio di una minoranza colta, di fatto strumento di distinzione. I riferimenti al colore della pelle e all'etnia sono sempre considerati segno di ignoranza, per contagio di xenofobia. La frittata è fatta: il razzismo appartiene agli esclusi, l'antirazzismo dei potenti e dei colti. La stessa logica del disprezzo per le comunità, per i gruppi, per i legami, che ha animato la feroce critica a Nathan,notamment accusato di voler rinchiudere i migranti negli angusti limiti delle rispettive culture, patologizzando le loro appartenenze (o meglio: culturalizzando le loro patologie), come Carothers aveva attribuito al presunto carattere insubordinato dei kikuyu la diffusione della rivolta anticoloniale dei Mau-Mau. Il terrore dei ghetti, dei simili, ossessiona lo stato e i suoi difensori, che vorrebbero solo individui disaffiliati da governare e far lavorare (e consumare). Ma le culture (ed è questo il cuore dell'opera di Nathan) non sono anguste. Non più degli stati, almeno. Esse possiedono i loro strumenti per gestire la diversità, per negoziare i conflitti e per evolversi insieme alla storia. Esse non sono, con Levi, escluse dalla storia, ma più con De Martino, tenute in silenzio, nascoste ma presenti.

70.

Amador Fernández-Savater commenta il libro di Pignarre e Stengers, Stregoneria capitalista, che trasforma l'idea dello spettacolo di Débord in un vero incantesimo da cui ci si salva solo recuperando la possibilità di agire. Si agisce non perché si pensa o sa qualcosa, ma perché si vuole capire insieme. La lotta è l'intellettuale; scaturisce non da un sacrificio, ma dalla trasformazione dell'attenzione, che libera il pensiero catturato. È un appiglio, che ci toglie dallo schermo delle alternative infernali, creando nuovi potenziali. Una situazione di lotta è l'intellettuale più potente: non solo descrive la realtà, ma la crea, suscitando nuove connessioni, problematizzando nuovi oggetti, inventando nuovi enunciati. In effetti, gli intellettuali-portavoce (nuovi e vecchi) sorgono molte volte in assenza di situazioni di lotta, per rappresentare coloro che non pensano.

Quindi: la sinistra che segue la destra nel contendere il vittimismo; che compete con Salvini per incanalare il risentimento; non fa che sfruttare la stessa posizione di spettatori in cui "la gente" è stata ridotta, cercando di diventare portavoce. Dobbiamo smettere di ripetere che la gente non sa, che la gente non può, che non ha tempo né lucidità per pensare o agire, che non può apprendere o produrre esperienze nuove, che può solo delegare e che l'unica discussione possibile - tra quelli 'edotti', chiaro, tra quelli che non sonno 'la gente' - è su quali modi di rappresentanza sono migliori di altri. Hay mucha derecha en la izquierda. Que la gente piense: no convencer o seducir a la gente, considerarla como 'objeto' de nuestras pedagogías y de nuestras estrategias. Abrir procesos y espacios donde plantear juntos nuestros problemas, tejer alianzas inesperadas, crear nuevos saberes. [...] Pensar es el único contra-embrujo posible. Implica ir más allá de lo que se sabe y empmieza por asumir un 'no-saber', arriesgarse a dudar o vacilar. Es el arte de liberar la atención de su captura y volcarla en la propia experiencia. Poner el cuerpo, precisamente lo que le falta a la posición de espectador, de tertuliano, de comentarista de la política, de polemista en redes sociales.

71.

Commenti del 1988 sulla società dello spettacolo:

Perché l'agorà, la comunità generale, non c'è più, così come le comunità ristrette a corpi intermedi o istituzioni indipendenti, ai saloni o i caffè, o ai lavoratori di una singola compagnia. Non ci sono più posti dove la gente possa discutere delle realtà che li riguardano, perché non possono più liberarsi durevolmente della schiacciante presenza del discorso mediatico e delle varie forze organizzate per trasmetterlo.

72.

Dal 18 brumaio, sul Secondo impero e i suoi 500.000 burocrati: "[Everything was] mamde a subject for governmental activity, whether it was a bridge, a schoolhouse, the communal property of a village community, or the railways, the national wealth of the national university of France". I partiti politici aspiravano al dominio di quest'immenso edificio come loro bottino di vittoria. Questo a sua volta deve costruire il terrorismo come alternativa unica al proprio dominio - alternative infernali! Ma soprattutto, avvolgere l'intera esistenza dei sudditi spettacolarizzati in un alone di mistero, una cappa di segreto intorno al reale funzionamento dell'istituzione, in modo che ognuno vivesse continuamente all'oscuro del funzionamento dei poteri che lo dominavano. Débord cita Tucidide nnel libro VIII cap.5 della guerra del Peloponneso:

"Instead the people kept quiet, and were in such a state of terror that they thought themselves lucky enough to be left unmolested even if they had said nothing at all. They imagined that the revolutionary party was much bigger than it really was, and they lost all confidence in themselves, being unable to find out the facts because of the size of the city and because they had insufficient knowledge of each other. For the same reason it was impossible for anyone who felt himself ill-treated to complain of it to someone else so as to take measures in his own defense; he would either have had to speak to someone he did not know or the someone he knew but could not rely upon. Throughout the democratic party people approached each other suspiciously, everyone thinking that the next man had something to do with what was going on. And there were in fact among the revolutionaries some people whom no one could ever have imagined would have joined in an oligarchy. It was these who were mainly responsible for making the general mass of people so mistrustful of each other and who were of the greatest help in keeping the minority safe, since they made mutual suspicion an established thing in the popular assemblies".

Riprende Débord: In all areas of social life the degree of intermingling in surveillance, disinformation and security activities gets greater and greater. The plot having thickened to the point where it is almost out in the open, each part of it now starts to interfere with, or worry, the others, for all these professional conspirators are spying on each other without really knowing why, are colliding by chance yet not identifying each other with any certainty. Who is observing whom? On whose behalf? And actually? The real influences remain hidden, and the ultimate aims can barely be suspected and almost never understood. So that while no one can be sure he is not being tricked or manipulated, it is rare for the string-puller to know he has succeeded. And in any case, to be on the winning side of manipulation does not mean that one has chosen the right strategic perspective.

73.

Bruno Latour ha perso la testa, oltre ad essere uno sbruffone. Ma l'unica cosa che si può tirare fuori dal suo planetario concettuale è: la supremazia dell'ambientale su qualunque altra variabile. Ogni scelta politica va misurata in primo luogo dagli effetti che avrà sul clima, prima ancora che sulla società. Il che vuol dire: come leggere razzismo, speculazione, frontiere, tecnologia, politica, a partire dalle conseguenze ambientali. Proviamo:

Sgomberi. L'industrializzazione richiede accumulazione primitiva che spossessa contadini, che diventano vagabondi e squatters. Leggi contro vagabondaggio spingono a lavoro salariato forzato. Chi non lavora è punito. Settlements di squatters vengono resi non approfittabili e quindi sfrattati per recuperare profitto per terratenenti (marx). Politiche dell'abitare capitaliste mirano a costante rilocazione delle case dei lavoratori, ciclo infinito di displacement (engels). Bisogna legare dispossessione urbana e rurale, farne uno stesso fenomeno. Denaturalizzare la primaa e rinaturalizzare la seconda.

73.

Ieri N. mi spiega che i metodi investigativi e gli strumenti giudiziari che negli anni '90 erano passati dall'antiterrorismo all'antimafia, ora stanno passando dall'antimafia all'antiONG, antiimmigrazione illegale, antiassociazionismo solidale. Mi sembra scontato, o almeno noto. Più interessante la storia secondo cui Luttvak (amico di amici dei suoi genitori) si sarebbe incontrato a Mazzara del Vallo con i boss dei pescatori e trafficanti della zona, su incarico della polizia, e li avrebbe allertati che potevano continuare a portare tutti i migranti che volevano, ma se fosse arrivato un solo terrorista sarebbero finiti i giochi. Un mafioso alza la mano per chiedere come l'avrebbe riconosciuti, e lui "dal computer portatile". La seconda parte molto implausibile (N. aggiunge: io su quelle barche ci sono stato e avevo il computer...).

74.

Su Ostia, alcuni punti chiave: 1) non è il disordine o l'autogestione a fomentare la penetrazione mafiosa (come in De leo o lo stesso Martone, p.75: "Da un lato l'urbanizzazione disordinata - sia privata che pubblica [la nota rimanda a Ferrarotti] - ingenera elevata concentrazione di svantaggio sociale e residenziale: quartieri malmessi, inondati da un flusso demografico che rifocilla vere e proprie sacche di riproduzione di diverse forme di delinquenza (rimanda a Wilson 87 e Enrico Pugliese 99). Tant'è vero che Idroscalo è sano, Nuova Ostia malata. proprio dal confronto tra questi due quartieri possiamo ipotizzare un passaggio da criminalità malavitosa a mafia (la leggera!) e displacement, con atomizzazione e mercificazione dei rapporti. Mafia prosecuzione dello stato, cioè effetto di politiche pubbliche che preferiscono la guerra all'autogestione. Qui anche la mia critica a Dogman, e a Amore Tossico, che non distingue, alimentando il disprezzo per le periferie. E Forgacs!

2)L'opera dell'ambiguo discorso alimenta l'alienazione dei cittadini tra loro, verso le istituzioni, e verso il resto della città. Come si sente un capro espiatorio, o la vittima di un'accusa di stregoneria? quando essa è formulata non dalla comunità (e quindi strumento di controllo reciproco) ma dal potere, quindi strumento di dominio, pur usando il linguaggio della società, la disgrega, crea terrore e sospetto.

3) Il dibattito sulla mafia è sempre stato dominato da una polarità: mafia come gruppo di persone, o mafia come sistema di rapporti. Schneider dicono: dal maxi processo, prevale la prima. Ma rimangono fuori un sacco di fenomeni. Tutto il gruppo di lavoro di Naor e Théo cerca di dimostrare le implicazioni culturali. Reagisce Deborah Puccio-Den, ribadendo la posizione univoca dello stato e della legge, tacciando di culturalista (essenzialista) il lavoro di Theo, che accusa di basarsi sull'hearsay omertoso e quindi di sostenere implicitamente la mafia (ad esempio, nello screditare i pentiti). La mia posizione è americana: la legge dello stato ricalca un modello religioso, in questo caso precristiano, e va analizzata come uno degli elementi nel gioco, non come discrimine tra giusto e sbagliato. La retorica bipolare adottata da stampa e politica ( mafia come gruppo di persone) è intrinsecamente sbagliata e potenzialmente dannosa, perché proiettando il male di cui lo stato è parte attiva in un altro esterno e sconosciuto, di fatto contribuisce a fomentare il male in esso, senza aver sradicato il problema dentro di sé. Di fatto, moltiplica il problema, e allora sì crea terreno fertile per la mafia. L'antropologia deve proprio raccogliere lo hearsay, quello che non accede ai media e alle denunce, non credere alla separazione tra parole e fatti - le parole SONO fatti - per prefigurare l'effetto che determinate politiche o discorsi pubblici avranno sui territori incompresi.

4) La caratterizzazione in senso pre-moderno: clan, feudo, famiglie. Evoca affiliazioni pre-statali, far west: "Il fortino degli Spada", che implicitamente reclamano il ritorno dello stato. La stessa esotizzazione opera sull'Idroscalo, pur in assenza di alcuna connessione con la mafia. In generale, si proietta un pregiudizio di barbarie, panico morale ottocentesco, in cui tutte le alterità si confondono: urbanistica, familiare, etnica, economica, sociale. Ma come denunciare questa modalità discorsiva senza supportare la mafia? Mostrando che la dicotomia stessa è una mistificazione (terzo mondo / ultramoderno porto...) finalizzata a creare distanza dal male con lo schema stato/antistato, angeli/demoni, per nascondere la contemporaneità e interrelazione di tutti i fenomeni.

Il disegno di Roberto Spada serve solo a screditare l'ipotesi dualista, vittime e colpevoli. È un altro mondo, che capisce solo chi vi abita. E se chi sta fuori, invece di fare sforzi per comprenndere, demonizza, il risultato è solo di farli diventare demoni davvero. Per questo la logica secondo cui la mafia sia la struttura sociale che emerge in assenza o nelle crepe dello stato, è da rifiutare in blocco. "Sin dalla sua edificazione, l'area non presentaa le caratteristiche sociali e abitative utili a porre le basi per un tessuto sociale consolidato, tendendo al contrario a produrre l'isolamento delle famiglie e il cedimento delle istituzioni che regolano la vita sociale. In un contesto siffatto si rendono intellegibili "processi di quotidianizzazione della violenza", in cui la carenza della regolazione istituzionale configura strutture di opportunità per la sopraffazione mafiosa che in alcuni casi rimpiazza l'assenza dello stato (Massari in Santoro 2015, Riconoscere le mafie). La rigenerazione del litorale doveva essere una risposta, ma incancrenisce ulteriormente il problema. Non solo: Spada, Fasciani e Triassi sono titolari di concessioni sul litorale. Demaniali, cioè pubbliche.

75.

Capitale sociale mafioso. Ammirazione per il potere, sottomissione servile, paura delle ritorsioni; dall'altra, socialità caratterizzata dal sistematico dileggio delle norme con la satira, la beffa, la sorpresa. La pace a Roma si mantiene evocando continuamente la violenza - come l'eterosessualità normativa attraverso l'evocazione continua dell'omosessualità. Così però si rende presente il rimosso, lo si fa familiare, e forse si propizia il suo manifestarsi. La funzione apotropaica tradita dalla sua stessa performatività. Ma va' a morì ammazzato, vatti a buttà ar fiume non rendono certo più accettabili omicidi o suicidi, come A bel maschione non rende più accettati i gay. Bisogna capire la funzione performativa delle utterances, legarla al discorso.

76.

La vicenda di Nuova Ostia dimostra che il potere mafioso non è una preessenza violenta prestatale che si dibatte dove lo stato è più debole, bensì una struttura di poteree moderna che si costituisce in concomitanza e grazie all'azione dello stato. È il trasferimento dai borghetti che agglutina i disperati in strutture in grado di negoziare con parti dello stato - non più come nelle baracche, come piccoli confidenti o informatori di quartiere, bensì come vero e proprio braccio armato per settori della borghesia che permettono loro l'accumulazione di profitto a scapito del pubblico. Balini è in grado di ottenere la concessione perché sa di poter controllare il sottobosco criminale, e Tassone può garantire l'erogazione di alcuni servizi perché ha i contatti con Mafia Capitale da una parte, e con Balini dall'altra che gli assicura la pace sociale. Gli Spada, da ladri di cavalli, diventano parti di un meccanismo che assicura loro protezione politica a cambio della messa a servizio del loro potenziale aggressivo per un settore di borghesia e di istituzioni che ne ha bisogno per fare affari o consolidare il proprio potere.

È l'ontogenesi del processo filogenetico che ha portato al passaggio delle Squadre rivoluzionarie del '48 alla mafia del 1860: lo descrive Paolo Pezzino in "La tradizione rivoluzionaria siciliana e l'invenzione della mafia" (1990). La mafia, o meglio, il "paradigma mafioso" emerge quando lo stato liberale inizia ad attribuire un significato politico alle reti complesse e misteriose che legavano popolo e borghesia, e aristocrazia, e che si erano sviluppate nella lotta contro i Borboni, e che si sarebbero aspettate riconoscimento del proprio ruolo rivoluzionario nel nuovo stato, ma che invece trasformarono "in una sorta di potere diffuso gli stretti rapporti con i rappresentanti dello stato e dei poteri locali".

5) L'altra caratteristica che devo mettere in luce, in linea con Theo, è la radice religiosa (o comunque sociale) dell'azione giudiziaria. Per lui essa si ritrova nella genealogia ideale del pentito, struttura confessionale; per me nel rituale del capro espiatorio, in cui interviene oltre che la magistratura anche la politica locale e la stampa mainstream. Questo è il ruolo dell'antropologia: mostrare gli impliciti culturali di ogni parte della società, compresi quelli dello stato, ed evidenziare le connessioni tra diverse sfere della vita sociale.

77.

Bill Granara conosce molto bene Moulay Hisham, il cugino del re, che vive a Cambridge. Lecturer in un'università qui. La figlia di Srinivas lavora su spazio e religione a Bangalore. Tracy va messa in contatto con Livia Decandia. Suo marito Bernie, native american del New Brunswick (vivono a Milwakee) mi vuole parlare del libro A Poison Stronger than Love. All'ASA, di fronte a Tim Ingold e Peter xx, si è alzato - tutto il panel era WASP - e ha raccontato la storia dell'indiano che dice quest'inverno sarà molto freddo. (Ma nella sua storia sono gli indiani a raccogliere legna, e l'uomo delle previsioni del tempo si basa su di loro. Nella versione di mio padre erano i cow boys a raccogliere legna e Toro Seduto a basarsi su di loro). In ogni caso, dopo aver raccontato la storia, hanno cominciato a intervenire studenti neri.

78.

Herzfeld:già è chiara la connessione: possessione/spossessione, abitare/essere abitati. (sakan/maskun). Non ti serve altra teoria. Persone marginalizzate usano la propria marginalità per combatterla. Come gli immigrati in Italia.

79,

Michael Lambek, 1981, Human Spirits, con il fine di rendere accettabile il punto di vista locale dei comoresi che considerano gli spiriti delle realtà dotate di vita propria, scrive un'etnografia in cui analizza l'interazione tra spiriti e umani. Come se ci fosse altro che umani, di fronte ai suoi occhi. Per assumere il punto di vista del nativo ne snatura il ragionamento, con conclusioni ridicole (tipo: che gli spiriti si comportano in modo simile agli umani). L'antropologia studia solo l'umano - non è interessata alla psiche, ai diavoli, agli spiriti, ai fluidi invisibili e agli umori, a meno che essi non rappresentino qualcosa di significativo per gli umani. In contrasto al funzionalismo, ed all'approccio ugualmente alienante di psicologisti, fisiologisti, o sostenitori dell'interpretazione simbolica come Bastide, o teatrale come Leiris, questa fenomenologia rischia (lo diceva Brelich) di diventare religione essa stessa.

Più proficuo l'approccio di Stoller, una decina di anni dopo, che cerca di mettere al centro il corpo, riprendendo Boddy di Wombs and Alien Spirits. Lo zar sarebbe un processo contraegemonico che permette l'incontro di "testi" contrastanti nel corpo delle donne-medium. Per capire quanto l'analogia testuale sia fuorviante, però, basti pensare che nel contesto coloniale tutte le parole sono duplici: la schiavitù è abolita dai colonizzatori per instaurare il lavoro forzato e le tasse, e i campi di lavoro erano chiamati villages de la liberté (Stoller, 95, p.64).

"Spirits always addressed humans as 'bodies'" C. Achebe, Things fall apart, p.90.

80.

Andrea Chiovenda, assistente di Byron Good, sostiene la critica di Fassin contro Nathan. "Ha scritto cose insostenibili". Insisto: le ha scritte in polemica con lo stato francese, macchina per l'abrasione delle diversità, e di fatto contro il tentativo omogeneizzatore di ogni stato, che si fonda sempre sulla potenziale intercambiabilità di tutti i cittadini. Uguaglianza. E Nathan: "Gli ebrei generano ebrei, i berberi generano berberi, e devono stare vicini altrimenti si ammalano". Ha detto davvero questo? Della critica di Fassin ricordo che il parallelo con Carothers e i kikuyu si basava sulla presunta comune psicologizzazione dei fatti sociali. Come la rivolta dei Mau-Mau era attribuita dallo stato coloniale britannico ad un presunto carattere bellicoso e patologico dell'etnia, e non alle condizioni di sfruttamento a cui erano sottoposti, così la lettura culturalista, etnicista, di Nathan, fissa i migranti francesi nei loro ghetti che producono patologia se vengono smantellati.

Quello che non ho mai avuto chiaro di questa critica: la patologia è legata allo stare insieme (Mau-Mau) o all'essere separati (Nathan)? É evidente che Nathan non rivendica ghetti né la fine del métissage. Ma sta mettendo in luce che la migrazione, l'urbanizzazione (il contatto prolungato con situazioni di alterità?) hanno le loro implicazioni culturali. Proietta la salute in presunte comunità omogenee premigratorie? Se lo fa, è per riportare quanto sentito dai migranti stessi. Salute e patologia, identità e alterità, sono sempre presenti nelle comunità umane - cambiano le forme in funzione della storia e degli spazi, ma non è la pulizia etnica a garantire la salite mentale, questo è fuori dubbio. C'è di più: l'erede della mentalità coloniale di Carothers non è Nathan che difende la creazione di enclaves ma lo stato francese che le combatte. Perché lo stato francese non tenta di evitare le concentrazioni monoetniche perché si pensa multietnico, bensì perché si sa francese - nessuna voce di scandalo di fronte alle gated communities monoetniche bianche, o alla francia rurale che non ha mai visto un nero. Sono loro che non si possono concentrare, per paura che costruiscano legami più forti di quelli che lo stato costruisce con i propri cittadini disaffiliati. Per gli stati europei le concentrazioni monoetniche dei neri vanno più che bene fuori dall'Europa - anzi, sono attivamente promosse. È in Europa che a chi si assembra viene detto circolare! Ed è di questo che parla Nathan.

81.

Bianco da noi, multicolore fuori: ricorda non solo l'ideologia soggiacente al "Forum delle Culture" dove una mano bianca ne incontrava una con l'henné, ma anche il mito delle statue classiche: per secoli si è negata l'evidenza del fatto che la scultura greca e romana fosse colorata, proiettandoci sopra un bianco spettrale che contrasta con la scultura policroma di tutto il resto del mondo. "Nobody has a problem hailing Nefertiti as a spectacular piece of world art, and nobody says that it's unfortunate that it's painted. Because it's not Western, it is perfectly OK for it to be polychrome. But let's not have it in our part of the world, because we are different, aren't we?", dice Jan Stubbe Østergaard, ex curatore del museo Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, e fondatore di una rete di ricerca sulla policromia. I classicisti romantici come Winckelmmann, o Rodin, erano convinti del mito della bianchezza, che persiste nel senso comune ma è particolarmente venerato dall'estrema destra - gli stessi che protestano per lo sceneggiato BBC in cui Achille è nero, o negano che l'Odissea considerasse la pelle scura un simbolo di bellezza (Secondo la teoria umorale, gli Etiopi erano più intelligenti, perché siccome il sole ti disseccava il sangue, dovevi pensareper capire come conservarlo). É contro questa proiezione collettiva, un errore concettuale che si è consolidato in un'immagine mitica, che lavorano i classicisti Mark Abbe, Vinzenz Brinkmann, Marco Leona, Tim Whitmasch, David Batchelor ('Cromophobia'), Julie Van Voorhis (Da un articolo di Margaret Talbot, "Color Blind", sul New Yorker del 29/10/2018)

Insomma: il mondo esterno un'accozzaglia di diversità, tenute rigidamente al posto loro, per preservare un'Europa uniformemente bianca. Questa è la malattia concettuale che ha contagiato gli europei, o almeno gran parte di essi, dalla fine dell'800 a oggi, e che sembra impossibile curare. Iniezioni continue di realtà si sono dimostrate inefficaci, Bisogna ricostruirne le radici coloniali, e districarne le ramificazioni anche nei discorsi presuntamente affini: nel catalanismo, nello statalismo borghese, nel comunismo.

82.

Howard Zinn: Come sono riusciti i grandi terratenenti inglesi che hanno colonizzato l'America, a tenere fedeli a sé grandi masse di servi bianchi, prigionieri e al limite della fame, evitando che fuggissero e si unissero agli indiani? E come hanno tenuto alla larga gli schiavi neri, che in rarissimi casi si sono uniti ai bianchi poveri in rivolta? (La ribellione di Bacon nel 1767 è un caso raro). I numeri avrebbero garantito il successo: nel 1750 nelle Caroline c'erano 15.000 bianchi, 40.000 schiavi neri, e 60.000 Creek, Cherokee, Choktaw e Chickasaw. Sono riusciti non solo ad evitare le rivolta ma a mandarli a combattere e morire per loro nella guerra contro l'Inghilterra. Il meccanismo è duplice: 1) creare delle buffer zones di bianchi poveri da tenere sulla frontiera con gli indiani, garantendo protezione e benefici perché non cambiassero lato; 2) costruire un discorso gerarchico che situi i bianchi poveri in una comunità d'intenti riconoscibile - la razza - e che li separi dalle potenziali alleanze pericolose.

Il secondo stratagemma è discorsivo, sovrastrutturale, e mobilita la religione; il primo è spaziale, geografico, e richiede forme specifiche di stanziamento sul territorio. Ma entrambi sono rimasti all'opera anche oltre il contesto coloniale. Qui è l'origine della linea del colore, e il suo legame con la struttura produttiva; la necessità di implementare meccanismi coercitivi e punitivi per farla funzionare dimostra l'inesistenza di una base naturale del razzismo, l'assenza di un'inclinazione naturale o di una repulsione sulla base del colore della pelle. E la necessità di costruire questo discorso che naturalizza l'esclusione, per evitare la fuga dei bianchi verso le terre indiane, e l'alleanza dei bianchi povveri con gli schiavi neri. Scrive Edmund Morgan: "If freemen with disappointed hopes should make common cause with slaves of desperate hope, the results might be worse than anything Bacon['s revolt] had done. The answer to the problem, obvious if unspoken and only gradually recognized, was racism, to separate dangerous free whites from dangerous black slaves by a screen of racial contempt" (Zinn, p.65).

Dov'è ancora attivo questo dispositivo? Ovunque. È più visibile nelle colonie israeliane in Palestina, dove misrahi ed ebrei poveri vengono mandati sulla frontiera dei palestinesi, creando barriere impenetrabili, spaziali ed ideologiche. In zone chiaramente colonizzate come il Sahara occidentale o il kurdistan. Ma lo vediamo anche nelle nostre città: un articolo de El Diario oggi riportava con delle mappe la coincidenza pressoché completa, nelle città spagnole, di migranti e poveri. I quartieri poveri sono anche quelli con più migranti. La frontiera può essere uno strumento teorico efficace per spiegare le periferie urbane, buffer zones in cui il razzismo e la naturalizzazione della differenza sono promosse istituzionalmente. E poi imputate come colpe a chi casca nella trappola. Ultima vuelta de tuerca, il discorso progressista interculturale diventa proprietà delle élite, lontane dalla frontiera, e il razzismo dei poveri alibi per delegittimare le loro parole.

"The forces that led to removal did not come, [Dale] Van Every [in his book The Disinherited] insists, from the poor white frontiersmen who were neighbors of the Indians. They came from industrialization and commerce, the growth of populations, of railroads and cities, the rise in value of land, and the greed of businessmen" (Zinn, p.136).

83.

Francesca Del Bello, presidentessa del Municipio, a Communia, davanti a una folla che maschera la propria subalternità con qualche applauso a voci lievemente meno timide, parla della volontà del municipio di fermare il traffico di droga, ridurre il consumo di alcool e combattere l'abuso di licenze per il somministramento di alcolici. Dell'uso della legge sulla rigenerazione urbana per l'area di via dei Lucani, ma tutelando Communia, che non può restare occupata. Vi voglio vedere in uno spazio pubblico, non in un capannone privato occupato. È un messaggio cifrato, di cui i presenti sono destinatari incoscienti. Dice: "Lasciateci costruire e vi daremo qualche metro quadro, a patto che manteniate il riserbo su quanto il Comune sia complice del narcotraffico e della speculazione edilizia. Entrate con noi nella spartizione della torta e aiutateci a sconfiggere i nostri nemici politici. Sapremo ricompensarvi. In fondo, conviene anche a voi che nulla cambi, vi siete conquistati una posizione e non vorrete certo perderla". Il linguaggio del clientelismo è così profondamente intrecciato alla cultura politica romana, che non ci si rende neanche più conto quando si sta diventando complici di quello che ci si proponeva di combattere. Si considera normale anche che la politica lasci l'uditorio di 400 persone anzitempo, per assistere ad una proiezione del film su Cucchi. Le capacità di tergiversazione e recupero di questa gente non hanno limiti - sanno che pronunciare il nome di Cucchi garantisce l'impunità del compagno, è una strizzata d'occhio. E qual è il rapporto tra il messaggio del film e le promesse all'uditorio? La compartecipazione alla denuncia del film la porta forse a rivedere il sennso dell'evangelio securitario-buonista che è venuta ad annunciare? Mai portare le allusioni alle loro conseguenze. Ammiccare e passare oltre. E lasciare l'uditorio quanto prima, che siano quelli di sempre a fare le domande. Con la frusta complicità di guardie e ladri, che sanno bene cos'aspettarsi gli uni dagli altri.

84.

Due libri sulle occupazioni: SQEK, Fighting for spaces, fighting for our lives: squatting movements today, Editions Assemblage, 2018, Münster; e Miguel A. Martínez López, ed. The Urban Politics of Squatters' Movements, Palgrave 2018. Tra una produzione DIY e un libro Palgrave venduto a 120$, quale ha più possibilità di raggiungere il grande pubblico? E quale più rischio di invalidare il contenuto per amor del contenitore? Se l'occupazione non sovverte le regole dell'estrattivismo accademmico, chi deve farlo?

85.

Diaspore africane, i Siddhi in India (karnataka, ma poi migrati in Pakistan e altrove) sono inclusi nella casta degli shudra, convertiti all'induismo benché intoccabili, ma chiamati siddi, illuminati (anche se la parola può avere altre origini). Praticano lo hiniyaru, ancestor worship, nella forma di spiriti, invocati in occasioni particolari o nello Holi, e secondo il NG sono vittime di land grabbing. Ma come sempre, nel disprezzo è contenuto un germe di adorazione. Simile la posizione dei Bori in Nord Africa, schiavizzati e mantenuti in subordinazione, vengono però consultati dalle classi alte: "It is somewhat strange to find that whereas in Nigeria we have forbidden the practice of the bori rites in consideration of the Filani protests, here in North Africa (which is surely more mohammedan) the negroes are encouraged to continue them, because their magic is acknowledged to be much more powerful than that of the pure and undefiled True-Believers. In fact, in Tunis, one of the cousins of the Bey has a private bori temple, and in Tripoli several members of the karamanli encouraged the rites.

Che in Europa il paradigma umanitario - sono più NOI di NOI - non sia che la versione locale di questa ambiguità strutturale tra purezza e pericolo?

86

Andrea Chiovenda è stato tenente dei parà del reggimento Tuscania, attivo con la Nato in Kosovo e Afghanistan, poi reporter dall'Iraq per Limes, ora assistente di Byron Good, cosa scrive sull'Afghanistan? Che nei territori tribali di frontiera del Pakistan, proprio per l'opposizione allo stato e per l'istituzionalizzazione nei campi di tanti rifugiati - detribalizzati scrive David Edwards - i talibani trovano sia rifugio che terreno fertile per il proselitismo. Sono dinamiche importanti; come si declinano le frontiere, da spazi di scarsa penetrazione dello stato a spazi "canaglia" dove proliferano i migliori nemici che ne legittimano l'esistenza...

87.

Il problema qui è sempre tenere insieme. Cosa accomuna i tre territori di cui mi sto occupando? La questione della casa. La perdita dell'abitazione scatena reazioni che rinviano a un livello superiore, risvegliano ricordi sopiti e fanno crollare sistemi di significato, quindi può essere compresa nelle sue conseguenze solo da una scienza che si occupi non delle persone o delle cose, ma dai rapporti tra le persone e le cose. Questa scienza necessariamente si oppone alla lettura normativa e materialista che la sinistra istituzionale, ma anche i movimenti sociali, fanno della questione delle abitazioni. Di fronte agli sgomberi, la questione di classe riemerge più evidente delle divisioni ideologiche. Destra e sinistra lodano gli sgomberi come dispositivi di purificazione e controllo, nonché di affermazione del potere dello stato sul territorio. Sgomberi e demolizioni incarnano lo stato e il mercato, manifestando la loro natura simbiotica. Chi viene sfrattato riceve invece un messaggio di esclusione, ed è portato a dover ricostruire la propria concezione dei rapporti tra sé, il prossimo, i propri cari, e la società intorno. Lo stato e l'identità che essa fornisce (impone) ai cittadini era fino ad allora un elemento chiave nella struttura di tali relazioni: io →cittadino; prossimo →cittadino oppure no; famiglia →struttura base della società; società →città a cui si appartiene, parte di una nazione. Esclusi dallo stato, tali rapporti vengono riconfigurati in chiave oppositiva; io →nemico; prossimo →nemico o compagno di sventuracittadino oppure no; famiglia →unica salvezza; società →insieme ostile di persone che si vogliono liberare di me.

Metafore della casa: piccola patria, a casa loro, noi, domestic affairs - è il banal nationalism di Billig, con cui lo stato si appropria di metafore familiari per rendere accettabili e cherished le proprie imposizioni. In arabo abbiamo dar el islam.

Metafore della città: A civiltà, urbanità, corrisponde l'arabo hadariya, che indica la correttezza nei rapporti vs. la campagna, i beduini, i berberi. Qual è la dialettica esatta di queste associazioni d'idee? e che rapporto ha hadara "città" con hadra "presenza"?

Cacciati dalla comunità nazionale, gli sfrattati possono rispondere aderendo in massa a un altro progetto comunitario, o ancora peggio dividendosi tra due progetti contrapposti, uno filostatale e uno antistatale; o ritirandosi ad accettare l'imposizione. Nel caso di Ain Sbaa, le comunità sembrano aver abbracciato da subito un progetto antistatale. Se ci togliete la casa non siamo più cittadini. Nel caso di Bon Pastor, sembra che la reazione sia stata più un introversione rancorosa, con sprazzi frustrati di protesta molto poco organizzata. La società è più disgregata, meno capace di riconoscersi in un orizzonte comune. Il caso di Roma è ancora più estremo: la reazione può essere l'adesione in massa a un progetto organizzato di rancore collettivo, che legittima una piccola élite senza basi sociali ad agire in nome di tutti. Si regala il quartiere alla mafia e alla criminalità - legittimando così ogni tipo di intervento, per quanto astruso. Ma ci siete mai andati a parlare con chi vive lì? non con i vostri rappresentanti, con gli abitanti comuni. La promozione del degrado, quant'è consapevole? Si può applicare a Roma lo stesso grado di pianificazione che a Barcellona, o a New York? Ma l'eccezionalismo italiano non sarà invece una grande bufala, fatta proprio per disattivare le letture coerenti della realtà?

San Lorenzo: per dimostrare planned shrinkage, cercare: - le pratiche di gestione del verde rispetto ad altri quartieri; - le domande di intervento delle forze dell'ordine, rispetto ad altri quartieri; - l'illuminazione, la pulizia delle strade, la raccolta rifiuti; - le pratiche urbanistiche, le licenze; - sgomberi, repressione; - la biblioteca, la scuola; - gestione dell'immigrazione. - Quando le istituzioni hanno disatteso, boicottato, ostacolato, represso, il tentativo dei cittadini di farsi carico dello spazio pubblico, o di offrire servizi alternativi? Chi ha firmato, non firmato, fatto pressioni? Si può ricondurre a un'intenzionalità, ci sono spiegazioni razionali, si può paragonare a altri spazi?

88.

Catastrofe climatica. Traduzione (pessima) su Dinamopress di un articolo di Naomi Klein che critica duramente l'essenzialismo del romanzo breve di Rich uscito sul New York Times, The decade we could have stopped climate change, che attribuisce il fallimento delle negoziazioni sulle misure di contenimento a noi, la natura umana, non alle lobby petrolifere, al capitale insomma. Risponde su Esquire un certo Massimo Sandal che insiste: non si poteva far niente, la distruzione dell'ambiente è conseguenza della vita stessa, da quando i primi microorganismi hanno iniziato a consumare ossigeno. Costruzione di basi scientifiche per la rassegnazione e per l'impotenza politica. "Se anche un governo, uno solo, avesse la volontà e il pugno di ferro di fare tutto il necessario: pensate che tutto ciò possa accadere senza che il giorno dopo intere popolazioni assaltino i palazzi e annientino quello stesso governo?". Le stesse popolazioni che hanno tollerato il bailout delle banche in tempo di crisi. Abbiamo visto capovolgersi in pochi anni l'intera industria delle telecomunicazioni, ma quella dell'energia dobbiamo immaginarla inalterabile. "Chi nega il cambiamento climatico non è più stupido di noi. Cerca di difendere il suo presente, la sua identità, ciò che desidera rispetto a un futuro descritto il più delle volte da astratte Cassandre gonfie di virtue signalling la cui soluzione, spesso, è credere che basti un guru-ingegnere, che lancia fiammanti Tesla nel cielo" (sic!)

89.

Pietro Saitta, Prendere le case: fantasmi del sindacalismo in una città ribelle è fondamentale su molti piani.

1) è una delle prime critiche motivate al benecomunismo al potere. Il Sindacato autonomo popolare non solo incalza e confligge con il sindaco 'ribelle' Renato Accorinti, ma si distingue dalle sue basi per aver subito un conflitto conseguente alla legalizzazione e istituzionalizzazione di un teatro occupato, il Pinelli, vicenda parallela ad altre in altre parti d'Italia. Rispetto al sindacato di riferimento si distinguono sulla metodologia e obiettivi, che identificano con autogestione, non dipendenza, che crea chi vede l'occupazione come un mezzo per ottenere case popolari. Insomma, un messaggio politico importante.

2) descrivendo le pratiche quotidiane degli occupanti e dei sindacalisti, costruisce una rappresentazione naturalista e dettagliata del sottoproletariato messinese, che ricorda le etnografie anni 60 tipo Suttles o Whyte. Come mi faceva giustamente notare Dario Tuorto, in Italia manca l'etnografia dell'underclass (Slater dice di non usare mai questo termine). Tutte le contraddizioni di classe - pietismo, strategie di sopravvivenza, individualismo, consumismo, fascismo, guerra fra poveri, razzismo, violenza, omertà, sono raccontate nel concreto, negli episodi (quasi tutti verbali di assemblee); i quali mostrano anche la complessità del rapporto tra classi e della presa che ha l'azione politica rivoluzionaria, o della sua mancanza di presa. Insomma, una riflessione sociale.

3) la questione della one-person ethnography (come Tuhami) non mi pare rilevante; con la scusa di Crepax si descrive un mondo. Di fatto, il suo "delirio" non è che il condensato di tutte le contraddizioni che la circondano. Il libro cala solo quando cede allo psicologismo; avrei mantenuto un tono più antropologico, semmai teorizzando (oltre che mostrando) quanto il delirio sia parte di una personalità lievemente paranoica o ossessiva, ma soprattutto risposta adattativa ad una serie di pressioni sociali anche autoimmposte - e quindi molto più simile ad un'ascesi mistica che a una follia persecutoria. La causa è un orizzonte mitico con cui Crepax trascende un quotidiano piccolo borghese deviante, unendo la propria insoddisfazione di classe con quella di altri, ma trovandosi di nuovo SOLA di fronte all'acccomodarsi della maggioranza a un reward simbolico garantito dalle istituzioni 'ribelli'. Crepax crolla di fronte a questo ossimoro - la sua è una crisi politica, come tutto il personale. Il libro a volte cala sul dualismo, pur offrendo tutti i materiali per superarlo. Qui il suo messaggio è metodologico.

4) e infine, l'apporto princcipale,, che è propriamente etnografico: gli spiriti. L'etnografia deve ricominciare a studiare questo rimosso - mettendo in crisi il positivismo laico. Spiriti urbani, sottoproletari, anche se influenzati dalla mediatizzazione TV, che però svolgono un ruolo politico e sociale - rinsaldano alleanze e legittimano divisioni e decisioni. Poca attenzione alla genealogia di queste pratiche (glie lo critica Palumbo) e molta al ruolo che svolgono nel presente. Gli spiriti appaiono con le liti, con le paure, con l'inquietudine, si confondono con gli sbirri ('mi sento osservato') e quindi consentono alcuni comportamenti umani - fanno da orizzonte condiviso di significato che legittima azioni e relazioni. Incarnano il senso comune. E per questo convivono e si rapportano con il mondo di whatsapp e della metropoli che li circonda. Ma ricordando il rimosso (la bambina mongoloide, il morto ucciso), mettono al centro di ciò che tiene insieme proprio quello che non si vuole vedere -l'invisibile appunto. L'anima -

che ne sarà delle anime di tutti i morti in mare?

90.

Orientalismo in un solo paese (Schneider). Tutta la questione meridionale è informata dall'enorme dilemma coloniale: lo sviluppo da una parte richiede il massiccio investimento di capitali, grandi opere e saperi tecnici a cui si attribuisce la capacità di modificare la società, di trasformare "soggetti pre-moderni, estranei alle nozioni di uguaglianza e libertà, in cittadini moderni" (Saitta 2013, 15). Dall'altra ha bisogno di buffer zones periferiche dove aprire mercati per le eccedenze del nord e da cui attingere manodopera ricattabile per rompere il mercato del lavoro al nord, nonché di risorse sfruttabili poste sotto il controllo dei potentati locali docili al potere politico. Gli abitanti di queste zone sono quindi soggetti a un doppio legame che impone loro una duplice relazione con il centro. Ed è da queste due polarità che si dirama la questione meridionale.

91.

Come il colonialismo e il potere politico si sono rapportati con l'islam popolare dei sufi? In un primo momento, il potere sorge dai sufi (e anche il colonialismo delle crociate era un prodotto delle confraternite). Poi il colonialismo lo sospetta di sedizione e resistenza; ne fa una leggenda nera; si rapporta meglio con lo wahhabismo; e il potere politico prende la stessa deriva. In realtà ci sono sempre state aree ostili: Arabia Saudita, il cuore. Poi quando l'islam politico cresce, e il sufi entra nella controcultura, il potere deve sussumerlo in qualche modo. Da qui i festival e le iniziative culturali. Il sufi reagisce modificando la dinamica off stage / on display per adattarsi a tutte queste pressioni variabili.

92.

Presidio dei mercatari del balòn a Porta Palazzo. Una trentina di marocchini di Khouribga, facce e mani da minatori, intorno ai bidoni col fuoco all'angolo del piazzale, e un centinaio di solidali, cani sciolti torinesi, con gruppetti cupi di autonomi che sorvegliano a distanza. La musica alterna Rino Gaetano, Prodigy, Ghali e Cha3bi, e marocchini e torinesi creano legamim che forse dureranno. Migliaccio: li stiamo soffocando.

93.

Leggenda nera. L'idea che la gnawa sia rebel music è la diretta discendente di un pregiudizio coloniale, quello che il neo-sufismo sia un focolaio di rivolta contro l'autorità e la modernità europea, il cui razionalismo sarebbe osteggiato da superstizioni arcaiche: "Le zawiya e gli altri edifici religiosi sono diventati, in seguito, dei focolai di fanatismo, dei piccoli covi di sentimenti ostili a tutti i governi, e dal fondo della tomba del marabutto soffia un vento d'insurrezione perpetua; dalla terra donata a Dio, sorgono dei fanatici, invulnerabili secondo i loro adepti, irriducibili secondo gli altri; degli agitatori permanenti che solo l'uso della forza può domare. Sono Octave Depont e Xavier Copponali, in Les cofréries religiouse musulmanes, Algeri, A. Jourdan, 1897, che insieme a Les cofréries musulmanes di Louis Petit, e Marabouts et Khouans di Louis Rinn, conformano il corpus della litérature 'de surveillance' prodotta dal colonialismo per favorire la penetrazione nella società musulmana. Rinn propone di controbilanciare l'influenza sufi creando in ogni città algerina una moschea ufficiale con un imam salariato dal governo (Rinn, p.516) così che "nel tentativo di disciplinare le attività degli khouan, portandole a una progressiva scomparsa, si potesse realizzare la trasformazione della società musulmana" (Leccese, p.70). Depont e Coppolani chiamano le confraternite "uno Stato nello Stato" che resiste alla missione civilizzatrice e all'autorità dello stato (coloniale), a cui contrappongono i loro network globali fatti di viaggi, pellegrinaggi e luoghi santi, legati a una religiosità fanatica e ignorante. Ma il ruolo dei maestri sufi era spirituale, non mondano, anche se le confraternite sostenevano i discepoli anche materialmente. L'esempio della Senussiya veniva esteso all'intero mondo sufi, creando un modello di rete ribelle per cui l'antidoto era l'islam riformaato, da sostenere e rendere compatibile con lo stato.

94.

Mi sorprende a questo proposito l'Appendice V della Terra del rimorso, che De Martino scrive con Vittoria De Palma, assistente sociale. Il problema dell'intervento (che per Amalia Signorelli è l'unica concessione demartiniana all'antropologia applicata) si pone nei termini di un contributo a disgregare il mondo e l'orizzonte culturale del tarantismo. Si esplicita la continuità con la battaglia ecclesiastica contro i dèmoni, quella dell'inquisizione, per farla breve: Si trattava dunque di continuare con altri mezzi e in un'altra prospettiva l'operazione che il clero aveva condotto da alcuni secoli. Dov'è la presa di coscienza gramsciana della funzione storica del mondo magico, la presa di distanza dall'idea di civiltà contadina di Carlo Levi, il rifiuto dell'idea di superstizione, e il riconoscimento invece del limite della penetrazione della cultura delle classi dominanti?. "L'opera del clero poteva essere indispensabile per disarticolare nella coscienza della gente il nesso fra S.Paolo, la taranta e la pratica esorcistica, e per abituare gli animi a considerare la crisi del tarantismo come un insieme di fenomeni interamente appartenuti all'ordine naturale e la devozione per S.Paolo come del tutto incongrua con la tarantella esorcistica e con le manifestazioni in cappella" (p.380).

Questo non è un progetto di emancipazione culturale. Non ci si propone di intervenire perché le classi dominanti riconoscano e rispettino i linguaggi e i mondi dei subalterni, contribuendo così a che gli stessi assumano coscienza del valore dei propri prodotti culturali. Ci si adopera, al contrario, perché i valori fondamentali del pensiero dominante penetrino con più vigore nei mondi subalterni, forti di una maggiore comprensione degli stessi. È un progetto di colonialismo culturale, di acculturazione e genocidio antropologico; di pacificaione, culturale, politica e religiosa. "se dal punto di vista storico il tarantismo era un simbolismo mitico-rituale che si era reso autonomo rispetto agli stati morbosi somatici e psichici che lo avevano occasionato (dal che discendeva l'inefficienza, in sede storiografica, del criterio 'riduttivo' della letteratura medica tradizionale), dal punto di vista dell'intervento attuale occorreva compiere il processo inverso, combattendo la residua autonomia culturale del simbolismo in quistione, e riducendo il fenomeno di volta in volta a una ideologia arretrata da combattere con la persuasione o ad una malattia definita da curare con l'impiego sistematico dei mezzi scientifici" (ivi).

Questo istinto di morte è in palese contraddizione con le riflessioni, ben più feconde, dello stesso De Martino in "Mito, scienze religiose e civiltà moderna" (in Furore, p.81-127), dove nota come all'eclissi del sacro corrisponda una sua rivalutazione teorica, tanto nella psicologia (con l'influenza di Otto su Jung) come nella filosofia del simbolico di Cassirer, e nell'antropologia culturale, che supera l'evoluzionismo ancora presente in Lévy-Bruhl, verso una comprensione della presenza permanente del mito nell'umano (Klukholn). Ora, se questa rivalutazione rischia di diventare apologia del cristianesimo (in Jung stesso, alla fine della carriera, ma anche nell'etnocentrismo critico demartiniano, che continua a vedere l'insieme Occidente/cristianesimo/imperialismo come un costrutto unico), l'intuizione sul simbolo e sul rituale come strumenti dell'umano, ponti verso il mondo degli uomini, è un potentissimo strumento di dignificazione dell'altrui - che lo sottrae anche all'evoluzionismo marxista. E le considerazioni finali sull'orizzonte millenarista dello sciopero generale di Sorel come sostituto contemporaneo - e socialista - del simbolo religioso, del mito, sono estremamente lucide e importanti; perché mostrano che la battaglia del presente non si combatte tra un campo simbolico e uno ormai realizzato, materiale, razionale, ma tra un'infinità di piani simbolici che collidono tra loro.

95.

"È da osservare che l'ottimismo non è altro, molto spesso, che un modo di difendere la propria pigrizia, le proprie irresponsabilità, la volontà di non far nulla. È anche una forma di fatalismo e di meccanicismo. Si conta sui fattori estranei alla propria volontà e operosità, li si esalta, pare che si bruci di un sacro entusiasmo. E l'entusiasmo non è che esteriore adorazione di feticci. Reazione necessaria, che deve avere per punto di partenza l'intelligenza. Il solo entusiasmo giustificabile è quello che accompagna la volontà intelligente, l'operosità intelligente, la ricchezza inventiva in iniziative concrete che modificano la realtà esistente" (Q XIV) p.25 v.57.

"Da che viene l'irrequietezza? Perché l'azione è 'cieca', perché si fa per fare. Intanto non è vero che irrequieti siano solo gli 'attivi' ciecamente: avviene che l'irrequietezza porta all'immobilità: quando gli stimoli all'azione sono molti e contrastanti, l'irrequietezza appunto si fa 'immobilità'. Si può dire che l'irrequietezza è dovuta al fatto che non c'è identità tra teoria e pratica, ciò che ancora vuol dire che c'è una doppia ipocrisia: cioè si opera mentre nell'operare c'è una teoria o giustificazione implicita che non si vuole confessare, e si 'confessa', ossia si afferma una teoria che non ha una corrispondenza nella pratica" (Q. I) p.22 v.57.

"Molti individualisti anarchici popolareschi sembrano proprio balzati fuori da romanzi d'appendice" (Q. I) p.26. Perché folkloristici, cioè anacronistici, slegati dal livello di cultura che la nazione ha raggiunto. Istrionismo italiano; individualismo italiano, che "al partito e al sindacato economico 'moderni', come cioè sono stati elaborati dallo sviluppo delle forze produttive più progressiste, si 'preferiscono' forme organizzative di altro tipo, e precisamente del tipo 'malavita'; quindi le cricche, le camorre, le mafie, sia popolari sia legate alle classi alte" (p.27)

È importante valutare il ruolo storico del movimento okupa di Barcellona. Nonostante il suo carattere intrinsecamente di avanguardia, sembra essere già stato superato almeno due volte, dal 15M e dall'indipendentismo. Ora, se entrambi hanno aperto nuovi spazi politici, avvicinato ancora gente alla battaglia contro lo stato, è vero anche che entrambi si sono presto richiusi su una forma istituzionale cristallizzata di delega; definitivamente il primo, non ancora del tutto il secondo. In mezzo a questo aprirsi e chiudersi, il movimento okupa è rimasto uguale a se stesso, permanente, nutrendosi dei diversi movimenti politici ma anche alimentandoli al bisogno, spingendo nella direzione corretta. Anacronistico? Come gli indigeni negli stati nazione: testimoni della non ineluttabilità del determinismo tecnologico, portano avanti uno sviluppo parallelo a quello della maggioranza. Nel mondo okupa si continuano a studiare gli stati di coscienza, la gestione autonoma della conoscenza, della devianza, della violenza (dibattito sul veto: anche in ambienti femministi si comincia a dubitare dell'opportunità di allontanare chi sia stato anche solo accusato di abuso sessuale. Si apre un dibattito, di fatto, sulla giustizia autogestita, su come far corrisponderee delitti e castighi fuori dall'intervento della legge). Incontri semestrali di infrastrutture libertarie, e accento sugli aspetti tecnici della produzione: il pane artigianale, i trattori e la macchina per sminuzzare i rami di olivo, le serrature e i lucchetti, ma anche il Raspberry Pi open-source di U., che usa per i pannelli solari. Il livello relazionale: dibattito programmato da Any sull'infanzia e pre-adolescenza in ambito libertario, etc. Manca ciò che tiene insieme tutto questo, cioè la teoria. Che è naturalmente quello che dice U., chiamandola organització, quando contrappone la sua domanda: val, i si guanyem qué fem? alla risposta del suo amico e currela F., insurrezionalista di Terni, ja veurem. Fatalismo spontaneista che no deixa de recordar-me la profecia di Cristo quando sarai davanti al giudice saprai cosa dire. Il pragmatismo dei politici catalani giudicati dall'establishment postfranchista e ritrasmessi in diretta da TV3 convince molto di più di questo luogo comune rovesciato che accomuna chi si ritira dal mondo per non farsene contaminare, e chi per raggiungere il regno dei cieli. Jordi Sánchez non ha solo preparato pazientemente (e collettivamente) la sua difesa per anni; ha addirittura imparato a parlare castigliano corretto, a pronunciare la doble erre, a dominare, insomma, il linguaggio del nemico. Il luogo comune rovesciato cade nell'anti-intellettualismo proprio come il luogo comune al dritto.

Definizione: "Per molti essere 'originali' significa solo capovolgere i luoghi comuni dominanti in una certa epoca: per molti questo esercizio è il massimo della eleganza e dello snobismo intellettuale e morale. Ma il luogo comune rovesciato rimane sempre un luogo comune, una banalità. Forse il luogo comune rovesciato è ancora più banale del semplice luogo comune. Il bohémien è più filisteo del mercante di campagna. Da ciò quel senso di noia che viene nel frequentare certi circoli che credono essere di eccezione, che si pongono come un'aristocrazia distaccata dal vivere solito" (Q IV) p.154 v. 57

Lo snobismo di F. di C.P. che si burla di chi segue il processo catalano proprio quando diventa una questione di massa , quando sulla riva del Besòs si discute della corruzione del potere giudiziario e del rapporto tra la libertà politica e la libertà sociale, tradisce un sentimento profondamente antipopolare, purtroppo molto radicato nell'ambiente okupa: meglio una serie TV che il procès - quando abbiamo sempre predicato che il popolo si interessasse di politica e non di spettacolo. Il pericolo percepito qui è: essere superati dalla massa, dalla storia.

"Leonardo sapeva trovare il numero in tutte le manifestazioni della vita cosmica, anche quando gli occhi profani non vedevano che arbitrio e disordine" (Q. XX) p.88 v.57.

Come reazionario diventa il progetto, che pure nasce da un individualismo sano che gli detta l'assunto malthusiano di non riprodursi di contentare la compagna accettando un figlio da un altro uomo, che pure accetterà di curare e di crescere. Si aderisce implicitamente al determinismo biologico, che beceramente considera rilevante solo la paternità biologica, non la costruzione di genitorialità attraverso la cura. E ci si ritaglia una via d'uscita, che finisce per essere la stessa del mercante di campagna, che con la scusa di me tiene un hijo si riserva il diritto di abbandonare moglie e prole a piacimento.

È necessaria una teoria per tutto questo. Ma non c'è bisogno di inventare nulla. La teoria è contenuta implicita nella prassi già rivoluzionaria delle assemblee disciplinate ma aperte dei Sindicats d'Habitatge (ho assistito a una riunione della Cinètika lunedì 25/2), nell'efficacia di boicottaggi come quello a Danone o a Ain xx in Marocco, nella pressione popolare da cui nasce la CUP e che preme su istituzioni borghesi per spingerle a portare a termine i progetti annunciati, nelle reti multiformi della Valsusa, nella costruzione popolare di Can Batllò sotto Trias, in tutto ciò che dimostra insomma continuamente che non c'è bisogno di prendere il potere, anzi, c'è bisogno di organizzarsi per evitare di prenderlo.

96.

X. sta lavorando in regione con Marco Cacciatori dei 5s, che però è riuscito a imporre alla Lombardi come segretario della consiglieria urbanistica un alunno di Insolera che ha già lavorato con Berdini. Mi spiega il piano che avrebbe la Raggi sui rifiuti, e che emerge sia dall'audizione di Baudolino, ex dirigente Ama nominato e poi cacciato dalla Raggi, che dalle denunce della Montanari, assessore all'urbanistica dimessasi il mese scorso. Il piano è far fallire l'Ama, impedendo di approvare il bilancio per tre anni consecutivi, negandole i crediti non solo dei rifiuti cimiteriali, ma addirittura della TARI, che non raccoglie più Ama ma Comune, al fine di portarla alla privatizzazione. Per aggirare il piano di Zingaretti che costringe ogni comune a gestire i suoi rifiuti, quindi ad abbandonare la strategia degli inceneritori per puntare su termo valorizzatori e trasformazione rifiuti in materie seconde da vendere - l'Ama svenduta sarebbe acquistata da Acea, che è partecipata soprattutto da Suez. Acea ha già un inceneritore a Terni, e quindi tratterrebbe i suoi rifiuti nel suo inceneritore. Mi sembra perfettamente in linea con la strategia fallimentare delineata nel 'colloquio' che ho avuto per l'assessorato all'urbanistica. I 5s mi chiedevano di 'fare la voce grossa', 'fa er coatto' con l'Ama; sembravano un'orda di barbari insediati nel palazzo del potere; ed era chiaro che volevano solo esacerbare le tensioni, non governare.

97.

Giornata mondiale per il clima, 15M, tra le rivendicazioni ne manca una centrale: no cemento. Scrive il Guardian: "Il cemento, dopo l'acqua, è la sostanza più usata sulla terra. Se l'industria del cemento fosse un paese, sarebbe il terzo produttore mondiale di Co2, con fino a 2.8 miliardi di tonnellate. [...] Questo materiale è la fondazione dello sviluppo mmoderno, provvede tetti sulle teste di miliardi, rafforza le nostre difese contro i disastri naturali e provvede una struttura per salute, educazione, trasporto, energia e industria. Concrete is how we tame nature". L'ammontare di cemento sulla terra potrebbe avere già superato quello degli alberi, la plastica prodotta negli ultimi 60 anni è 8 miliardi di tonnellate. L'industria del cemento ne produce di più ogni due anni. Ma il problema è considerato meno grave. Ci protegge dalla natura ma ne amplifica l'impatto, rendendo impermeabile il suolo. È responsabile del 4-8% delle emissioni di Co2, solo inferiore al carbone, petrolio e gas. Un decimo dell'acqua industriale del mondo è usata per il cemento, e il 75% di questo impiego è in zone aride. Nelle città assorbe il calore del sole e fa aumentare la temperatura. Produce silicosi e altre malattie respiraatorie. Anche l'estrazione della sabbia è un processo distruttivo e spesso violento. La crisi della biodiversità è in gran parte prodotto dell'urbanizzazione del territorio.

Anni 50, la produzione del cemento era pari a quella dell'acciaio; negli anni successivi è aumentata di 25 volte, 3 più del metallo. Anni di Lecorbusier e Niemeyer. "Party leaders need the donations and kickbacks from building firms to get elected, state planners need more projects to maintain economic growth, and construction bosses meed more contracts to keep the economy rolling in, staff employed and political influence high. Hence the self-perpetuating political enthusiasm for enviromentally and socially dubious infrastructure projects and cement-fest like the Olympics, the world cup and international exhibitions". Japan, a "doken kokka" construction state, un racket: prima per costruire le città, poi le infrastrutture per uno sviluppo super rapido, Olimpiadi del 1964, Expo di Osaka etc. Uomini politici come Kakuei Tanaka, Yasuhiro Nakasone, Noburo Takeshita, erano giudicati sulla loro capacità di attrarre progetti; e la Yakuza faceva da mediatrice. I monopoli delle sei compagnie (Shimizu, Taisei, Kajima, Takenaka, Obayashi, Kumagai) restituivano hefty kickbacks ai politici. Negli anni 90 era già insensato, maxi ponti e autostrade tra villaggi minuscoli. Cementificazione delle coste. In nome della protezione dai terremoti! Ma il terremoto e tsunami del 2011 fu devastante anche per questo : le enormi barriere costruite nel corso di decenni sono state distrutte in pochi secondi. Le enormi barriere costruite nel corso di decenni sono state distrutte in pochi secondi. 16000 morti e un milione di edifici distrutti. E ancora peggio a Fukushima. Ma dopo, di nuovo l'industria del cemento è tornata all'attacco, creando barriere ancora più alte. Che separano il paese dall'oceano.

Ma soprattutto, il cemento serve al GDP. Gli economisti keynesiani consigliavano al Giappone della crisi del 97-98 di fare buchi e riempirli di cemento se possibile, solo per creare favori e profitti. È l'idea del New Deal degli anni '30, quando negli USA fecero dighe come la Hoover Dam - 3,3m metri cubi di cemento. "Construction firms claimed it would outlast human civilisation". Ma tutto questo è nulla confronto alla Cina, miglior illustrazione di come il cemento trasforma una cultura (a civilisation intertwined with nature) in un'economia (a production unit obsessed by GDP statistics). Dal 2003 la Cina ha prodotto più cemento ogni tre anni che gli USA in tutto il XX secolo. Oggi la Cina usa la metà del cemento del mondo. Il risultato: enormi infrastrutture vuote, 450 km2 di edifici residenziali invenduti che succhiano risorse e sprecano terreni produttivi. Ma come accontentare i 55 milioni di lavoratori dell'industria? Per adesso, esporta i propri problemi altrove (strade in Kazakhstan, dighe in Africa, ferrovie in Brasile, porti in Pakistan, Grecia, Sri Lanka). E così la China National Building Material ha annunciato 100 nuovi cementifici in 50 nazioni.

Tutto questo vuol dire soprattutto corruzione. Si veda il Brasile, da Brasilia dove furono versate 1.000.000 m2 di cemento in 41 mesi nel 1950, poi la trans-Amazzonia, poi la diga Itaipù sul Paranà, 5 volte più grande della Hoover Dam. Un record fino a quella dello Yangtze, 27 milioni di metri cubi. Il governatore di Sao Paulo, Paulo Maluf, sfuggito dal 1969 all'Interpol, arrestato finalmente nella Operation Car Wash, il più grande caso di corruzione della storia: dal 2016, conseguenza di Coppa del Mondo 2011, Olimpiadi 2016 e dozzine di altri progetti affidati a Odebrecht, Andrade Gutierrez, Camargo Correa, hanno arrestato ex presidente del Brasile, vicepresidente dell'Ecuador, e dimissione del presidente del Peru.

Miliardi di tonnellate di Co2 per progetti inutili - come la diga di Belo Monte. E le economie emergenti stanno imitando. India e Indonesia stanno entrando nella fase peak del cemento. Nei prossimi 40 anni la pavimentazione del pianeta si raddoppierà, riducendo dell'80% le malattie da parassiti, ma portando il mondo più vicino al collasso ecologico. L'urbanizzazione, la crescita di popolazione e lo sviluppo economico spingeranno la produzione di cemento 4-5 miliardi di tonnellate l'anno, e nel 2050 la produzione di Co2 dell'industria del cemento raggiungerà le 470 gigatonnellate. In violazione dell'accordo di Parigi che chiede a ogni economia di calare del 16% per non aumentare di due gradi il clima.

Alternative? Niente. Altri materiali? Usare cemento fatto diversamente.

98.

Varanasi.Al Jazeera, 6/13/19, Maria Tavernini, Anger simmers in Varanasi over plans to modernize ancient city. Narendra Modi importa il modello che aveva applicato in Gujarat, e dove si era ispirato nientemeno che a Kyoto. Sei miliardi di rupie (85 miliardi di dollari) per acquistare edifici e templi da demolire, per costruire un boulevard dal Golden Temple al Gange: 25.000 metri quadri di templi, strade, piazze, mercati, da spazzare via per "restituire la città agli antichi splendori". Ricorda Mussolini a via della Conciliazione.

Marsiglia.Guardian 21/3/19, Angelique Chrisafis, Marseille falls apart. Forse l'ultima città dove i proletari vivono ancora nel centro storico, ha 40.000 case in pericolo, vi vivono 100.000 persone. Mille in attesa di alloggio. Iniziano i primi luxury hotels e la riconquista del centro. Il sindaco Jean-Claude Gaudin, 24 anni, di destra, ha scelto deliberatamente di non fare manutenzione e non costruire case popolari, ma sostiene di avere "un piano ambizioso".

99.

Riconoscere l'anarchismo a Bon Pastor, Casablanca, va molto più nella direzione di identificare il seed under the snow da sempre presente nell'organizzazione umana, che nel progetto illuminista di fondare un'Umanità Nuova in grado di superare gerarchie e violenza associate al passato. Si tratta di aggiornare l'anarchismo a un'era post-positivista, svegliatasi dall'incubo del progresso, e collegarla invece a una riscoperta attenta di anarchia soggiacente a saperi repressi proprio dal progresso positivo. Nel senso in cui lo trova Silvia Federici, o in cui Carlo Ginzburg riconosce saperi complessi dove lo stato e la storia vedono solo ignoranza, o nel senso in cui James Scotto e Pierre Clastres scoprono società contro lo stato e arte di non essere governati dove la storia (e l'antropologia) coloniale vedevano solo 'società senza stato' e incapacità di governarsi (e di essere governati). Applicato a un centro urbano, questo progetto diventa ancora più difficile, perché spoglio di un'idea mitologica di buoni selvaggi o società che si regolano 'secondo natura'. Ben venga: stiamo superando il paradigma illuminista (ma cfr con quello che dice Antoni Domenech sull'illuminismo). Se troviamo forme di organizzazione non statali, o anti-statali, negli interstizi della metropoli, laddove lo stato per propria convenienza o ideologia preferisce mantenere solo un controllo repressivo, non il biopotere onnipervasivo che esercita sui soggetti piegandoli al proprio profitto, mmodellandoli a soggetti ubbidienti e consumatori, avremmo capito perché le gerarchie devono sempre esercitare controllo e vigilanza. Non perché in assenza di esse la società rischi di ricadere nella barbarie da cui proveniva, ma perché in loro assenza essa rischia di veder riemergere quelle forme di autogestione e decentralizzazione che era a fatica, col lavoro di secoli, riuscita a soffocare.

Sebbene sostenere che la società priva di stato spontaneamente proceda verso l'anarchia non ci sembri più ideologico che immaginare che cada nella barbarie, come sembra soggiacere ancora al pensiero costituente, qui rifiutiamo ogni naturalizzazione. La direzione che prendono gli eventi non è determinata da soggiacenti nature umane, bensì dai processi storici variabili che hanno portato al presente, e che, scontrandosi con le contingenze del presente, determinano il suo sviluppo futuro. Nel caso di Bon Pastor, il seme sotto la neve che riconosciamo tra gli abitanti più sfortunati della città è indirettamente riconducibile ad un percorso storico, la rivoluzione spagnola del 31, in cui l'anarchismo ha giocato una parte fondamentale, e che nonostante quattro decenni di terrore, esilio e carneficine, continua ad orientare l'azione politica di un settore significativo di città, l'unica in cui l'anarchismo è ancora all'ordine del giorno (e non lo si vede nel numero di iscritti ai sindacati, ma nelle pratiche reali di azione politica - persino all'interno del progetto indipendentista). Quello che proponiamo qui è insolito perché ci permette di dimostrare la permanenza di tali idee ed esperimenti sociali in una parte di città generalmente considerata sempre sotto il profilo dell'assenza - informalità, isolamento, deprivazione. La stessa distanza fisica, e culturale, che per il pensiero comune avrebbe mantenuto BP fuori dal processo urbano, e quindi ne avrebbe fatto un luogo di sofferenza e invidia (di classe?) può essere quindi riconcettualizzata come una barriera protettivva, che ha permesso ad aspetti silenziosi del processo rivoluzionario di radicarsi e fiorire, anche durante la persecuzione franchista.

Attribuisco grande valore allo spazio fisico, ma non nel senso determinista in cui lo leggono gli ingegneri sociali. La forma urbana pensata per inquadrare viene riappropriata, e la sua persistenza trasporta la memoria di tale appropriazione: la converte in un fattore identitario. Nella base della convivenza e appartenenza. Che diventa convivialità, un progetto di de-individualizzazione e decentralizzato, silenzioso, mascherato sotto l'apparenza ludica e triviale. Delgado: tra festa e rivolta la differenza è di grado, non di struttura. La convivialità di strada a Bon Pastor, soprattutto Sant Joan, veicola non tanto una potenzialità di rivolta, quanto un sapere condiviso di proprietà collettiva. E si riattualizza in tutte le interazioni di strada, nell'idea stessa di strada che vi si rivela, con la pratica. Non stupisce veder riconoscere da tanti abitanti il significato del progetto indepe ora, non certo per essenzialismo etnico, ma perché le basi sono els carrers seràn sempre nostres che richiama quella stessa proprietà di nuestra calle che crea soggettività comune, quel barrio tendria que haber sido nuestro registrato nel 2004.

Per questo l'urban planning è centrale. È usato da un governo pseudoprogressista per schiacciare gli ultimi semi di anarchismo, mascherandoli da forme obsolete e deprecabili legate alla dittatura.

L'evoluzione urbana di Casablanca non testimonia tanto il rapporto tra urbanistica contemporanea (coloniale, postcoloniale, neoliberale) e islam, quanto la storia dell'urbanistica in sé. Si pensi alla sostituzione delle piscine comunali con la moschea: "Per esempio negli anni Trenta o Quaranta si stabilì che i comuni dovessero fornire 'bagni' o piscine all'aperto economiche e accessibili, e che fosse un dovere sociale assicurare che ciascun bambino avesse la possibilità di imparare a nuotare. Negli anni Novanta quelle strutture sono oramai tutte chiuse" e qui è la differenza, che è però solo di stile "rimpiazzate da 'centri per il tempo libero' di alta qualità con annesse piscine dagli standard di lusso e comfort molto più alti, però lontani dalle abitazioni e con tariffe di iscrizione inarrivabili proprio per quei bambini che ne avrebbero più bisogno" (Colin Ward, Child in the City, p.22).

100.

Il punto centrale di tutti i saggi in Trance mediums and New media è che la religione è un dispositivo di mediazione e quindi non è incompatibile con il mediascape contemporaneo. Perché dovrebbe esserlo? Solo un post-secolarismo evoluzionista penserebbe ancora in termini di arcaismo (della religione) e modernità (dei nuovi media). Lo esprime forse meglio di tutti Erhard Schüttpeltz, che analizza quanto il discorso sui media sia erede di un discorso precedente sulla mediazione - non è secondario che l'etere siaa un riferimento comune sia della parapsicologia dell'epoca del mesmerismo, che della propagazione delle onde radio e TV. Va tutto bene, senonché si finisce per dire ovvietà, come che lo Spirito santo viaggia anche sulle onde radio, e che la baraka si può trasmettere via Skype.

Quello che manca sempre invece, è l'altro grande dispositivo di mediazione che è cambiato enormemente in questi anni: la città. "In South Korea today, kut are less a source of communal entertainment than they were before so many South Koreans came to leave in high-rise apartments and before television and electronic media were accessible in even the most remote communities. Today, most kut are held in commercial shrines, rather than in villages or low-rise urban neighborhoods where neighbors and curious passers by might be drawn into a kut by the sound of a shaman's drum" (Lauren Kendall, p.120).

101.

Le città più popolose del mondo dal 1500.

1500-1600: Beijing resta la città più grande (706.000 abitanti nel 1600), ma in un secolo Istanbul cresce fino a diventare la seconda con 700.000 abitanti. Nel 1500 Parigi è l'unica città europea sopra i 150.000 abitanti; nel 1560 già è cresciuta Napoli, che ne ha 210.000. Vijanagar era la seconda città del mondo (480.000), ma viene distrutta nel 1565. Anche Kyoto cresce velocemente fino a 300.000 (1600), mentre Cairo, che nel 1500 era la terza con 395.000, scende fino a 200.000 nel 1600.

1600-1700: Primo apogeo di Tokio (500.000 nel 1650), grande calo di Beijing (da 706.000 a 470.000 in 50 anni), salgono anche Londra (550) e Parigi (530). Crescono anche Beijing e Ahmedabad (385).

1700-1800: Il secolo europeo: cinque città europee sono tra le più grandi del mondo. Tra 1750 e 1800 Beijing ricomincia a crescere (897, fino ad essere la prima città a superare il milione di abitanti), Istanbul inizia un declino (da 700 a 571), mentre Londra e Parigi salgono: Londra diventa la seconda città del mondo con 863. Napoli ne ha 311, Amsterdam 219.

1800-1900: Esplosione di Londra, che in quaranta anni arriva a 2.304.000! Napoli inizia il suo declino, anche Beijing si spopola (aveva raggiungo 1.648, cala a 1098), mentre esplodono: Londra (6 milioni nel 1900), New York (4 milioni), Parigi (3 milioni), Chicago, Manchester, Birmingham, San Pietroburgo e Mosca, tutte sopra il milione. Le grandi città sono quasi tutte in occidente.

1900-1950: Incredibile crescita di New York, che per un secolo (1850-1950) raddoppia ogni 25 anni: da 625 arriva a 12 milioni, e per qualche decennio è la più grande città del mondo. Raddoppia anche Tokio (11 milioni) e Shanghai quintuplica (da 1.600 a 5 milioni). Londra cresce troppo poco, anche Parigi, e iniscono a calare. Nel frattempo arriva un altro continente: Buenos Aires raggiunge 2.482.000. Alla fine del 1950 si sono affacciate anche Kolkata (4 milioni) e Los Angeles (quasi 4). Ma l'equilibrio è negli USA.

1950-2000: Declino di Londra, che perde popolazione per la prima volta in 300 anni (da 8 a 7 milioni), e anche di Parigi, che sparisce dalla classifica. Tokio raddoppia la sua popolazione, arrivando a 26 milioni, è la città più grande del mondo. Ma è il momento dell'America Latina: Città del Messico (10m), Sao Paulo (9m), Buenos Aires (8m).

2000-2018: New York declina, Parigi sparisce, DF supera: ora le cinque maggiori città del mondo sono in Asia: con l'esplosione di Delhi (27m), Shanghai (25m) e Mumbai (22m, non si vedeva dal 1850) che quasi raddoppiano tutte e tre. Beijing torna dal nulla, e raggiunge 22m. Le prime cinque città del mondo sono in Asia: seguono Sao Paulo (21m) e Mexico DF (21m), Cairo (cresciuta da 13 a 19m), e Dhaka (19m). New York rimane nella classifica con 18 milioni.

102.

Una conversazione con U. mi illumina: le implicazioni millenariste del cambio climatico. Decenni di manipolazione mediatica finalizzata a distogliere l'attenzione pubblica dalle responsabilità degli stati e delle corporazioni nelle emissioni di gas serra, hanno spinto la mobilitazione sul piano dei consumi individuali: usiamo meno la macchina, spegniamo le luci, aeroplano una volta nella vita, perché è responsabilità nostra. Ora, è noto che la responsabilità giuridica è oggi una trasposizione della colpa cristiana, e non è un caso che la secolarizzazione della società abbia condotto a un'iper-responsabilizzazione individuale che rende impossibile la stessa vita sociale. Crollo della civiltà di colpa, e sostituzione con una audit culture. La questione climatica si innesta su questa matrice culturale; ma le radici cristiane di com'è impostato il problema climatico sono ancora più evidenti che in altri ambiti (ad esempio quello pedagogico). Il riscaldamento globale è l'apocalisse; essa sopraggiunge a causa dei nostri peccati; alcune azioni compensative possono illuderci di raggiungere il purgatorio anziché l'inferno (carbon shares, donazioni...), il problema è nella nostra anima (individuale), la natura si vendica del male che le abbiamo fatto.

Una delle ragioni per cui questo discorso fa presa su pochi, è proprio la secolarizzazione. Siamo abituati, giustamente, a fregarcene del paradiso, della metempsicosi e dell'apocalisse. Appena liberati da questo giogo millenario, ecco che ritorna sotto una forma nuova. Eh no! È comprensibile che il vivere alla giornata che ci ha salvato dalla metafisica sofferente cristiana sia proprio quello che ci porta a trascurare la catastrofe climatica. Come nel discorso sui media, che si modella su quello precedente sui medium, anche il discorso sulla nuova apocalisse si modella su quella di Giovanni. E risente quindi di tutte le complessità storiche associate ad esso: il ruolo che svolge diventa moralista, i suoi detentori sacerdoti che fanno leva sul senso di colpa come quelli cristiani...

103.

"The infant believes that it is by free will that it seeks the breast; the angry boy believes that by free will he wishes vengeance; the timid man thinks it is with free will he seeks flight; the drunkard believes that by a free command of his mind he speaks the things which when sober he wishes he had left unsaid... All believe that they speak by a free command of the mind, whilst, in truth, they have no power to restrain the impulse which they have to speak" Spinoza (24/11/1632-21/2/1677), osserva sub specie aeternitatis l'unità di tutto ciò che esiste, substantia analoga al brahman dei Vedanta, perciò perfetta ma indifferente, necessaria, a cui il pensiero può ispirarsi adeguandovisi e diventando quindi causa agente (non più passiva) dei propri effetti. Questa cosciena di sé e di Deus sive natura, cioè dell'intelletto infinito, è il massimo bene per l'umano, che approccia dio come oggetto di studio. Ispira Shelley che in The Necessity of Atheism mette in questione proprio la credenza in sé: "God is an hypothesis, and, as such, stands in need of proof: the onus probandi rests on the theist" (1811, p.5). Ma...

"È pertanto da accantonare subito l'angusta idea settecentesca secondo cui la religione è solo un cumulo di menzogne inventata da preti miscredenti per ingannare il popolo e assicurarsene l'obbedienza", scrive Godelier (1977, p.19). La religione è una struttura sociale che assume funzioni specifiche in relazione al politico e all'economico, ed è dalla peculiare conformazione storica di questi ambiti che si sviluppa uno specifico modo di produzione. L'intera costruzione romantica che cerca di distinguere nella gnawa una spiritualità 'autentica' da una deriva commerciale o materialista, fa a pugni contro il messaggio fondamentale della gnawa: che non si può dividere niente, che ogni aspetto del reale sfuma in tutti gli altri. Lo incarna il krima.

104.

Privatizzazioni in Italia (da wikipedia!)

2 giugno 1992: si discutono le privatizzazioni a bordo del Britannia, tra Civitavecchia e l'Argentario, con banchieri inglesi ed italiani.

1993: privatizzazione dello SME: il settore surgelati e dolciario va a Nestlè.

1991-2001: ENI acquistata da Goldman Sachs.

1992: IRI, ENI, INAL, FFSS e ENEL trasformate in SpA.

1993: Agip e SNAM. Ciampi dismette la partecipazione del Tesoro in Banca Commerciale, CredIt, Enel, Imi, Stet, Ina, Agip.

1997 (anno della riforma Treu sul lavoro): il Centro sperimentale di fotografia diventa la fondazione "Scuola nazionale cinem".

1998: la Biennale di Venezia diventa "Società di cultura biennale"

1999: privatizzati gli enti storici e di ricerca.

1999: decreto Bersani, liberalizzazione del settore elettrico.

2002: ANAS diventa SpA.

2003 (anno della legge Biagi sul lavoro): liberalizzazione del mercato del gas.

2010: bilancio della corte dei Conti: gli enti privatizzati producono più reddito, ma perché le tariffe di energia, autostrade, banche, sono molto al di sopra dei paesi europei. E all'aumento non fa seguito nessun progetto di investimento.

105.

"Alma o capital" scrive Steven Forti su CTXT, poi ripreso da rebelion.org. Cita García Oliver, che avrebbe detto che Barcellona poteva scegliere tra essere anima del mondo o capitale della Catalogna (un paese inesistente, dice). Con la sconfitta della Colau, acclamata internazionalmente a referente del mondo intero, avrebbe di nuovo scelto la seconda opzione. Un classico: la città si rifiuta di svolgere il ruolo ritagliato su di essa dall'esterno, da un gruppo di intellettuali e attivisti che si considerano di avanguardia, e segue il proprio corso, sostiene una battaglia locale - difficile da capire per chi già ha consacrato la città a schermo su cui proiettare le proprie fantasie di governo radicale ma illuminato. Ci risiamo: ribadendo il proprio essere capitale della Catalogna, la regione che sta facendo esplodere il progetto europeo neoliberista, Barcellona starebbe perdendo l'anima. Lo spirito assoluto che scorgono i commentatori illuminati, la storia, guardacaso, coincide con il programma elettorale di un partito politico. Ben poca garanzia offre una lettura che connette l'elezione di questo o quel partito con il salvataggio dell'anima, per quanto riprenda una metafora usata da un combattente anarchico. Perché l'anima non esiste: è solo una proiezione delle nostre fantasie sull'invisibile. Quello che sicuramente esiste, invece, è l'abitare: un abitare più forte della metropoli, un radicamento a terra, che è tutt'altro che mistica ctonia ancestrale, bensì un umanissimo appaesare lo spazio - e che ha come nemico proprio quel progetto urbano che trascende le categorie partitiche ed economiche: neoliberale, socialista, keynesiano, sono variazioni sul tema dello sviluppo, che prevede sempre una razionalizzazione e una messa a profitto. Cioè il contrario dell'abitare. Mettere a profitto in sé distrugge l'abitare. Potrebbe essere una chiave di lettura della disgregazione provocata da Airbnb. Quanto è disgregante il lavoro di xx all'Idroscalo? e quello di A.? Estrarre profitto trasforma sempre in individuale ciò che viene percepito come collettivo.

106.

Dal Guardian, 10/7/2016, "The Glasgow effect: we die younger here, but you just get on with it". Una ricerca del Glasgow Center for Population Health, dal titolo "History, politics and vulnerability: explaining excess mortality", il 30% di mortalità prematura in più riscontrata a Glasgow rispetto ad altre città deindustrializzate come Liverpool e Manchester si può ricollegare a tre cause: sovrappopolazione, planning sbagliato, deficit democratico. Chick Collins, coautore, spiega la politica skimming the cream già sotto osservazione in un report del 1971, "The Glasgow crisis". I più giovani e qualificati venivano relocated dalle "community" come Govan, povere ma bustling, in estates comode e periferiche come Pollok, Castlemilk, Drumchapel e Easterhouse. [Govan, in centro. Drumchapel, margine nord. Pollok, 3miglia a sud. Castlemilk, 6m a ovest. Easterhouse, 14m a ovest]. Niente trasporti o servizi o cinema. E chi rimane a Govan soffre l'assenza, il degrado, oppure si trasferisce nei palazzoni brutalisti come Sighthill o Dalmamock, poi demoliti nei 2000 per essere diventati drug havens e slums. Gli investimenti andavano tutti ai sobborghi più ricchi.

"Where has everybody gone?" si chiede un intervistato del documentario Disappearing Glasgow. Oggi si sono spopolati sia i sobborghi ricchi come Drumchapel, che quelli poveri come Springburn. Ma quelli demoliti (un terzo degli high-rise) non sono stati sostituiti; e i quartieri poveri sono circondati da vacant o derelict land. Uno studio statistico mostra un legame tra la salute mentale e la vicinanza a zone abbandonate - ma gli effetti erano minori se le comunità erano state coinvolte nella pianificazione. "Environmental/stressor", uno studio presentato all'AAG 2016 di San Francisco (c'ero!) da Andrew Maroko e Juliana Maantay (CUNY), su "association between VDL (vacant derelict land) and prevalence of mental health disorders" (through proxy variable of mental health drug prescriptions). Titolo: "At-risk places". Citano P. Phillimore 1992 "How do places shape health", in Locating Health, ed. Stephen Platt, e concludono con H.L.White 1998 "Race, class, and environmental hazards" in Environmental Injustices, Political Struggles, Duke.

Nel 2014 ci sono stati i Commonwealth Games, che hanno giustificato investimenti massicci nell'East End. Grandi infrastrutture, ma decimazione della popolazione, unsettling sense of space - and of fragmented community. Si sono sentiti "sold out". Taccagnerie sugli indennizzi, e profitti speculativi miliardari sulle compravendite di teerreni, lavori interminabili, chiusura dei negozi, strade inagibili. Il comune insiste che "People make Glasgow" (slogan), ma la città non è fatta per la gente. La maggioranza ha votato YES al referendum del 2016, e il SNP ha avuto tutti i seggi di Glasgow alle elezioni parlamentari scozzesi.

(Brexit è stato appoggiato in Scozia: 39% Aberdeen, 25% Edinburgh, 33% Glasgow)

107.

"The coherent urbanism of the old islamic city, and of many old European towns for instance, promote integration. While rows of (?) housing, or tower blocks, even when they are (?) tend to promote isolation and otherness", dice nel suo TED talk l'architetta Marwa Al-Sabouni, di Homs, che individua nel planning una delle cause dell'alienazione e della frammentazione delle comunità da cui è scaturita la guerra che ha devastato la Siria, e in particolare la sua città. "Dobbiamo costruire un'architettura che non risponda solo alle necessità pratiche ed economiche della gente, ma anche ai loro bisogni sociali, spirituali ed ecologici. Questi bisogni erano assolutamente trascurati nelle città siriane prima della guerra. Dobbiamo creare ancora città condivise dalle comunità che le abitano. Se lo faremo, la gente non avrà bisogno di cercare identità opposte ad altre identità intorno a loro; perché they will all feel at home" (11 agosto 2016).

Dal punto di vista di un architetto, Homs sembrava un caos. Ma è stata vandalizzata dai planners, molto prima della guerra. "In Syria we had a very severe state where people were segregated according to their labels basically, and the city center was just basically for small groups of people, and the others were pushed to the sides. And every aspect of shared living that we had in the old city - we had this interwoven social fabric, and urban fabric, where businesses and houses, nature and people, could blend together and have an ecosystem of architecture, basically..."

(Oltre a The Battle for Home, Thames and Hudson, London 2016, ha scritto "From a model of peace to a model of conflict: the effect of architectural modernization on the Syrian urban and social make-up" 2017, International Review of the Red Cross, 99(3), 1019-1036.

108.

bibliografia sparsa:

G.A.Crupi. I proletari della montagna sono trascinati a valle, Calabria oggi 16/10/1957, cit. in Lanternari, Folklore e dinamica culturale, 1976, p.25.

A.Warburg, La rinascita del paganesimo antico. Firenze 1966

V. Deloria, Custer è morto per i vostri peccati, Milano 1972

Manunza, Luca. Geografie dell'informe (Napoli - Tangeri - Istanbul)

Declich, Islam in 20 parole, Islam nudo

Turner, Antropologia dell'esperienza

Illich Nemesi medica, Basaglia maggioranza deviante, Fromm i cosiddetti sani

Aless. Brivio, Goro Voudou

Cristiana Giordano, Migrants in translation, UC press

Gomez, Van Herck, The sacred city

Fiamma Montezemolo, Tijuana dreaming

Herzog 2004 diamante blanco

x