NuoveNote2021-2023

1.

Problema della trasparenza. Annelies Moors, "The Trouble with Transparency", Ethnography, 2019. Dopo aver pubblicato un testo sulle donne olandesi che si sposano in zone ISIS, ricevono attacchi dall'alt-right, addirittura un'investigazione parlamentare, che allude al fatto che il cyberjihadismo influenza la ricerca accedemica. L'università nomina una commissione e un anno e mezzo dopo la pubblicazione esce un rapporto di 13 pagine che di fatto genera un altro round di pubblicità negativa. Origine degli attacchi è l'equivalente olandese della campagna USA per un nuovo 'Bill of Rights' accademico promosso dal David Horowitz Freedom Center, fortemente islamofobo e pro-Israele, e che usa l'espressione 'totalitarismo di sinistra' per promuovere la 'diversità' di opinioni politiche nele facoltà accademiche. Nel 2002 ha promosso un 'Bill of Rights' che usa un linguaggio apparentemente neutro, per invocare il controllo statale sul lavoro accademico. In Olanda, l'equivalente di Horowitz (più destra mainstream) ha lanciato una campagna di allarme per la libertà accademica nelle università, sostenendo che i ricercatori di destra sono discriminati. Il problema della trasparenza e' che la legittima richiesta di esporre i conflitti d'interessi viene confusa intenzionalmente con la pressione per rendere pubbliche le proprie posizioni politiche, che inoltre viene applicata in modo differenziato: chi ha posizioni politiche mainstream viene considerato neutrale, ed e' su chi e' dissidente che si esercita la pressione. Nel caso di Moors, quello che veniva messo in questione era il 'Muslim background' della ricercatrice piu' giovane, considerato in se' un potenziale di distrust nella presentazione dei risultati della ricerca: una categoria gia' 'under scrutiny'. Il board dell'universita' chiede: 'To what extent should researchers (...) know about, control and/or report about the real identities of respondents?' contraddicendo gli ethical statements firmati per l'ERC che finanziava il progetto. Ma l'università ha preferito non esporsi dall'inizio. L'anonimato era una delle questioni centrali negli articoli degli opinionisti, che lo presentavano come prova della mancanza di correttezza scientifica, sostenendo che i dati etnografici dovevano essere consegnati per rimediare. Ma note e dati di campo sono co-prodotti e sempre già mediati: non possono essere 'consegnati', né anonimizzati completamente per poterli sottoporre a scrutinio esterno. Questione epistemologica che rende l'antropologia particolarmente esposta alla marginalizzazione, se prende piede il paradigma della trasparenza. Birchall (Introduction to ‘Secrecy and Transparency: The Politics of Opacity and Openness’. Theory, Culture & Society 28(7–8): 7–25, 2011), doppio legame, un regime che sostiene la trasparenza facilmente cade nella sorveglianza, soprattutto quando non applica la stessa esigenza di trasparenza alle proprie azioni. Strathern (The tyranny of transparency. British Educational Research Journal 26(3): 309–321, 2000). Shore (Audit culture and illiberal governance: Universities and the politics of accountability. Anthropological Theory 8(3): 278–298, 2008).

2.

"[T]he public policies developed towards the bidonvilles consist essentially of dramatizing the urban deficiencies of these spaces, and in seeing in their resolution... the solution to social problems..., such that they serve... to crystallize social relations in spatial terms. The policies adopted contribute above all to depoliticizing the problem of the karyens, in that they reduce it to a problem of environment and obscure (even reinforce) the unequal division of socio-economic resources" (Zaki 2006: np, my translation)

3.

Veena Das, Deborah Poole (2004) Anthropology at the Margins of the State. "we were interested in moving away from the idea that these reforms had somehow produced a weakening or shrinking of the forms of regulation and belonging that supposedly constitute the modern nation-state"., p.3. "An anthropology of the margins offers a unique perspective to the understanding of the state, not because it captures exotic practices, but because it suggests that such margins are a necessary entailment of the state, much as the exception is a necessary com ponent of the rule", p.4. Lo stato sembrava lontano dai temi dell'antropologia, che si dedica proprio al 'non-stato', ma ha sempre ossessionato (haunted) la disciplina, come se lo studio dei 'primitivi' in qualche modo implicasse la scoperta dell'origine dello stato, "Thus, in mapping the effects and presence of “the state” in local life, anthropologists often look for signs of administrative and hierarchical rationalities that provide seemingly ordered links with the political and regulatory apparatus of a central bureaucratic state", p.5, da cui Herzfeld e tutto il turn dell'antropologia verso lo stato, come sistematizzazione di meccanismi che producono ordine. Ma quindi i margini vengono visti come 'sites of disorder, where the state has been unable to impose its order', p.6. Discende da una lettura weberiana dello stato, come struttura che rimpiazza la vendetta privata con la 'rule of law', a sua volta basata sull'idea di Kant e Hegel che lo stato tracciava confini netti tra dentro (stato, legge, violenza legittima) e fuori (famiglia, etica, violenza illegittima), e che deve continuamente evocare il rischio della violenza dello 'stato di natura' che lo minaccia, da dentro o da fuori: quelle interne dovevano essere controllate con l'educazione ("Thus, demands for popular justice wrere interpreted as an expression of facets of human nature that had not yet been mastered by rationality" p.8). Quello che  esterno allo stato, i margini, sono sia limite che punto d'origine per lo stato: quindi (1) i margini sono sia il luogo in cui lo stato non ha presa, che quelli in cui si riconfigura e ristruttura continuamente. Il margine  anche (2) lo spazio in cui lo stato si configura non come un progetto di leggibilità, ma di illeggibilità (delle sue pratiche, documenti, parole). Nonch quello in cui (3) il controllo del territorio si combina con quello sui corpi - attraverso la produzione della normalità, della disciplina, della biopolitica.

Il concetto agambeniano di eccezione non si applica solo alla produzione di corpi 'uccidibili' (killable) - non in un remoto passato, ma nel quotidiano! - ma anche alla creazione di soggetti impuni,big men al di sopra della legge, che combinano l'autorità dello stato con l'autorità personale pre-statale. I poliziotti incarnano l'autorità dello stato, ma anche l'impossibilità di un ordine legale. E' nei processi dell'everyday life che lo stato mostra il suo continuo riconfigurarsi sui margini. Ma la patologizzazione di chi abita i margini non implica la loro passività: e la canonizzazione della 'resistenza' pu oscurare i processi della vita quotidiana: "it appears that agency is seen primarily in acts of resistance. Our emphasis, instead, is on the ways in which the conceptual boundaries of the state are extended and remade in securing survival or seeking justice in the everyday. This does not mean that we consider all kinds of margins to be somehow homogeneous, with categories of minorities, refugees, or immigrants essentially similar. Rather, we take the indeterminate character of margins to break open the solidity often attributed to the state", p.20. Sul rapporto tra margini e biopolitica, è importante che l'infinita serie di atti legislativi coloniali finalizzati a controllare l'igiene delle popolazioni colonizzate 'both public debates on these issues and the scientific rationales given for them constructed the inhabitants of the colonies as credulous, unhygienic, irrational, and in need of discipline' p.27. Foucault non mostra solo che la patologizzazione è l'essenza del biopotere, ma anche che quello che si applica ai margini si può generalizzare per tutta la popolazione.

'In one of his political reflections, Agamben says that only by breaking the nexus, at any point between the “vicious entangling of language, people, and state," will thought and praxis be equal to the enormous task “at hand” (Agamben 2000:67-69). The task “at hand,” we hope, is that the work done on the margins will be recognized for what it is. It may not be able to break such a nexus once and for all, but it does show that the defeats and victories of everyday life have the ability to return us from the metaphysical to the ordinary. This, at any rate, is how we see the ethnographic objective reconstituted' p.30. Nei margini è dove si vede l'instabilità intrinseca dello stato

Talal Asad, "Where are the margins of the state?" (epilogo del libro), nell'Italia rinascimentale 'stato' è un particolare 'tipo' di governo, ma anche le strutture con cui un principe o governatore controllava il suo dominio. Ma è Hobbes che astrae l'idea di stato dall'idea repubblicana di struttura delegata dalla cittadinanza. E' a quel punto che la delega della sovranità diventa alienazione. Lo stato non è un feticcio come la merce, perché non nasconde la sua realtà di ordinatore dei rapporti sociali. Astrazione, categorizzazione, sostituibilità di tutti i soggetti, sono l'essenza dello stato. Tra la legge e l'applicazione c'è uno spazio di sospetto e dubbio: è l'essenza del patto tra esseri 'razionali', che tiene a bada la religione. Il dominio della religione viene subordinato a quello della legge, secondo Locke, perché sulle questioni religiose non possiamo accordarci, mentre su quelle laiche sì, perch in esse vi sono certezze. Questo era il margine dello stato. Ma anche le questioni non religiose, è apparso immediatamente evidente, non ci sono certezze: così un'infinità delle questioni della vita pubblica - economia, discriminazione, multiculturalismo, educazione, etica medica, pornografia, identità di genere, educazione religiosa... - sono costantemente approcciate con statistiche, numeri, politiche. Does the margin therefore now pervade the entire state? (p.286). Per Das, l'unico modo per identificare i margini dello stato è capire l'incertezza pervasiva della legge ovunque, e quindi l'arbitrarietà della legge che cerca di renderla certa. Il linguaggio della statistica è diventato consustanziale allo stato, che ha imparato a vivere su probabilità e rischio, quindi sui margini dello stato. Tutto lo stato è un margine. O, la sua sovranità è il continuo tentativo di superare il margine.

4.

Antonio Gramsci, Q11 [XVIII], § 38-39. "Porre la scienza a base della vita, fare della scienza la concezione del mondo per eccellenza, quella che snebbia gli occhi da ogni illusione ideologica, che pone l'uomo dinanzi alla realtà così come essa è, significa ricadere nel concetto che la filosofia della praxis abbia bisogno di sostegni filosofici all'infuori di se stessa. Ma in realtà anche la scienza è una superstruttura, una ideologia. Si può dire, tuttavia, che nello studio delle superstrutture la scienza occupi un posto privilegiato, per il fatto che la sua reazione sulla struttura ha un carattere particolare, di maggiore estensione e continuità di sviluppo, specialmente dopo il Settecento, da quando alla scienza fu fatto un posto a parte nell'apprezzamento generale? Che la scienza sia una superstruttura è dimostrato anche dal fatto che essa ha avuto dei periodi interi di eclisse, oscurata come essa fu da un'altra ideologia dominante, la religione, che affermava di aver assorbito la scienza stessa: cosí la scienza e la tecnica degli arabi apparivano ai cristiani pura stregoneria. Inoltre: la scienza, nonostante tutti gli sforzi degli scienziati, non si presenta mai come nuda nozione obbiettiva: essa appare sempre rivestita da una ideologia e concretamente è scienza l'unione del fatto obbiettivo con un'ipotesi o un sistema d'ipotesi che superano il mero fatto obbiettivo. E' vero però che in questo campo è relativamente facile distinguere la nozione obbiettiva dal sistema d'ipotesi, con un processo di astrazione che è insito nella stessa metodologia scientifica, in modo che si pu� appropriarsi dell'una e respingere l'altro. Ecco perché un gruppo sociale può appropriarsi la scienza di un altro gruppo senza accettarne l'ideologia [...].

E' da notare che accanto alla più superficiale infatuazione per le scienze, esiste in realtà la più grande ignoranza dei fatti e dei metodi scientifici, cose molto difficili e che sempre più diventano difficili per il progressivo specializzarsi di nuovi rami di ricerca. La superstizione scientifica porta con sé illusioni così ridicole e concezioni così infantili che la stessa superstizione religiosa ne viene nobilitata. Il progresso scientifico ha fatto nascere la credenza e l'aspettazione di un nuovo tipo di Messia, che realizzerà in questa terra il paese di Cuccagna; le forze della natura, senza nessun intervento della fatica umana, ma per opera di meccanismi sempre più perfezionati, daranno alla società in abbondanza tutto il necessario per soddisfare i suoi bisogni e vivere agiatamente.

Contro questa infatuazione, i cui pericoli sono evidenti (la superstiziosa fede astratta nella forza taumaturgica dell'uomo, paradossalmente porta ad isterilire le basi stesse di questa stessa forza e a distruggere ogni amore al lavoro concreto e necessario, per fantasticare, come se si fosse fumato una nuova specie di oppio) bisogna combattere con vari mezzi, dei quali il più importante dovrebbe essere una migliore conoscenza delle nozioni scientifiche essenziali, divulgando la scienza per opera di scienziati e di studiosi seri e non più di giornalisti onnisapienti e di autodidatti presuntuosi. In realtà, poiché si aspetta troppo dalla scienza, la si concepisce come una superiore stregoneria, e perciò non si riesce a valutare realisticamente ciò che di concreto la scienza offre".

5.

(Un post su facebook, 8 marzo 2022). Abbiamo perso PETER MARCUSE, il più grande studioso dei trasferimenti forzati causati dall'aumento di prezzo delle case e dei terreni urbani - il displacement e la gentrification. Proprio nel giorno della morte di questo grandissimo studioso, che ha ispirato tutta la ricerca urbana di cui mi sono nutrito in questi anni, apprendo che il Comune Di Roma ha approvato una delibera con cui stipula la "delocalizzazione" dell'#Idroscalo di Ostia. Ancora displacement, ancora gentrification.

Il 10 febbraio un consiglio municipale straordinario aveva espresso "solidarietà alla comunità" dell'Idroscalo, rifiutando il trasferimento. Io stesso ero stato convocato dal presidente del municipio, insieme ad Andrea Schiavone, per riflettere su come ridurre il rischio idraulico, come ricategorizzare il terreno per regolarizzare le abitazioni, come costruire una forma di concessione collettiva dei terreni demaniali. Avevamo già fatto una prima riunione con alcuni rappresentanti degli abitanti, per costruire un progetto collettivo. Il quartiere, che è ora considerato un 'insediamento abusivo' da rimuovere, poteva diventare un 'borghetto ecosostenibile' da tutelare, esempio dell'antropizzazione spontanea dei borghetti romani, e protezione permanente della Foce del Tevere dalle speculazioni e dalla devastazione ambientale. Si veda la pagina di LabUr - Laboratorio di Urbanistica, il muro di Paula Filipe De Jesus e quello della Comunità foce del Tevere per sapere quante cose si potrebbero fare all'Idroscalo, e a Ostia in generale. Ne avevamo parlato a lungo con il presidente del Municipio Mario Falconi.

Ma stavamo perdendo tempo. Perché nel frattempo il Comune Di Roma già stava stanziando i fondi per costruire le palazzine dove spostare le prime 125 famiglie. Così dice la delibera. L'amministrazione di Roberto Gualtieri, l'assessore al patrimonio Tobia Zevi, per Ostia prevedono le stesse risposte che dieci anni fa diede #Alemanno. Nuovo #cemento sul litorale, nuove macerie da smaltire, una visione urbanistica che risale agli anni Cinquanta, e un nuovo trasferimento forzato, come quelli studiati tanti anni fa da #Marcuse.

I trasferimenti causano sofferenza e disgregazione sociale, indeboliscono le persone e frammentano le comunità. #Marcuse li chiama "displacement"; i romani li chiamano con un termine più forte: "deportazioni", un chiaro riferimento storico. Anche quando mossi dalle migliori intenzioni - e non è certo questo il caso - il risultato è sempre una sofferenza che poi ricade su tutta la città. Un quartiere a due passi dall'Idroscalo, #NuovaOstia, mezzo secolo dopo non � ancora riuscito a rialzarsi dalla violenza di un grande trasferimento forzato. Dovrebbe servire da monito, per prendere strade più ragionevoli, più sostenibili, più adatte al tempo e alla crisi ambientale, più rispettose delle popolazioni locali. E invece le istituzioni NON IMPARANO, non studiano, non ascoltano. Funzionari e politici sembrano robot, non si rendono conto del dolore che provocano nelle fasce di popolazione più vulnerabili, non si prendono le responsabilità delle loro scelte. Si trincerano dietro il solito discorso miserabile e irrazionale della mancanza di alternative.

Un grande geografo, e amico, Tom Slater, anni fa scrisse un articolo fondamentale, "Missing Marcuse", in cui si lamentava della mancanza della prospettiva critica di Marcuse negli studi urbani e nelle politiche urbane. La demolizione dell'Idroscalo sarebbe l'ennesima prova di quanto ci manchi #Marcuse, e di quanto le istituzioni siano impermeabili al pensiero scientifico, alla ricerca e alla stessa razionalità. E' questa la vera "#societàirrazionale" del rapporto del Censis.

RIP Peter Marcuse (1928-2022).

6.

Pull, Baeten, Listerborn, Persdotter, "Housing displacement: Conceptual and methodological issues", introduzione a un volume Routledge 2021. Il concetto di displacement nasce con Eunice e Georg Grier (1978), incaricati dal Department of Housing and Urban Development, e concludono che il motore non è necessariamente un privato ma anche l'amministrazione, un ente semipubblico, 'even the forces of nature'. Le vittime non sono per forza i più poveri o membri delle minoranze. Qualche anno dopo esce Hartman, Keating, LeGates, Displacement, How to fight it (1982), e nel 1985 il lavoro di Marcuse su New York, grazie a cui il displacement viene considerato come un fenomeno che va oltre gli sfratti individuali, ma come la faccia nascosta della gentrification. La novità di Marcuse è che il displacement è visto come risultato di cicli di investimento e disinvestimento; e si basa sulle quattro famose forme Direct last resident displacement, obbligato dal padrone di casa o per ragioni economiche; Direct chain displacement, inquilini che vanno via nella prima fase del declino o dell'investimento; Exclusionary displacement, che impedisce agli inquilini di trasferirsi in un alloggio perché sono cambiate le condizioni o i requisiti; e Displacement pressure, quando è la trasformazione generale nelle condizioni di un quartiere a spingere fuori i residenti.

Negli anni Ottanta ci sono tre dibattiti principali sulla gentrification. Il primo, a seguito dell'idea che la gentrification sarebbe finita presto per la recessione economica. Il secondo, sulla teoria del rent gap. Il terzo, tra l'economia politica marxista che leggeva la gentrification come supply-driven, cioè legata alla produzione e allo scambio capitalista, e le spiegazioni culturali che la legavano invece a un processo consumer-driven dovuto alle preferenze della classe media. Tutti questi dibattiti sono attraversati dal 'back to the city' movement - un movimento di capitali verso il centro delle città (quindi supply-driven). Negli anni Novanta e Duemila la ricerca diminuisce e si concentra di nuovo su prospettive culturali e legate al consumo (la 'gentrification of gentrification' di Wacquant, e 'eviction of critical perspectives' di Slater): di displacement non si parla proprio più - finché negli anni 2010 ricominciano le prospettive critiche legate all'estensione planetaria di gentrification e displacement (e quindi Lees, Brenner, Harvey).

Un'altra lettura parte dal lavoro di Fried, ripreso dalla fenomenologia (Relph, Tuan, Heidegger, Lefebvre) ma che, secondo Davidson riduce un fenomeno sociospaziale ad un evento puramrnte spaziale (2009). Da lì emergono termini come un-homing, domicide, root-shock. In quanto a etnografia, c'è Desmond e Hern, che mostrano quello che Engels già sapeva: che il displacement, e la precarietà abitativa, sono elementi integrali e funzionali dell'organizzazione urbana capitalista. Displacement then is not only the backside of gentrification but the backside of the capitalist mode of city production itself - infused by naturalized notions of ownership that often operate along racist, gendered, and classist logics, entwined in the western history of property and the history of land theft or indigenous land (p.6). Il displacement avviene anche senza gentrification, ed è un fine in sé, per rendere le città più attraenti non attraendo i ricchi ma rimuovendo i poveri.

Elliot-Cooper, Lees, Moving beyond Marcuse, criticano la caoticitè dei termini unhoming, domicide, root shock: neither precise enough, not sufficiently encompassing, to capture the range of displacements that occur in the context of urban gentrification. La questione chiave è proprio il legame con la gentrification. Superare Marcuse vuol dire riconoscere che la categorizzazione delle quattro forme di displacement oggi non ci permette di leggere forme contemporanee come 'state-led gentrifications occurring outside the Global North', e che il focus sul valore dei terreni non ci aiuta a comprendere le sue dimensioni fenomenologiche e affettive, e la rabbia e disperazione intrinseca all'esperienza del displacement. Si estende quindi la lettura di Brickell et al. (2017) del displacement come rupture e quella di Atkinson (2015) di unhoming che taglia i legami tra i residenti e le comunità a cui appartengono. Negli ultimi decenni la suburbanizzazione ha reso evidente che il displacement dovesse essere considerato cruciale in ogni analisi della gentrificazione, nonostante le elite evitino sempre il concetto e molti studi si concentrino sulle classi medie gentrificatrici. Ma studiarlo è molto più difficile, perché la vendita e cessione di proprietà fa parte della vita normale delle comunità. Tuttavia, ci sono situazioni molto diverse in cui attori pubblici o privati eseguono sgomberi o sfratti di massa, specialmente 'in favelas or slums where the state or NGOs have made infrastructure investments'. Anche se non propriamente gentrification, le somiglianze tra questa 'gentrification by mass eviction' nel sud globale, e lo urban renewal del nord globale, sono molte. La categorizzazione di Marcuse distingueva last resident e chain displacement proprio per segnalare le diverse velocità tra displacement diretto dell'ultimo residente, e graduale diffusione del displacement. Ma è difficile sapere quando gli 'unhoming' individuali diventano displacement generalizzato. Per questo Hamnett è riuscito a negare il displacement a Londra, considerandolo invece 'replacement' e ascesa sociale. Slater sostiene al contrario che anche chi non viene obbligato ad andare via può subire gli effetti del displacement pressure: inoltre, il primo stadio della gentrification, anche quando non provoca direttamente displacement, prepara il terreno per quelli futuri. Anche sulla 'newly built gentrification' non c'è omogeneità di vedute: Henig sostiene che se si tratta di nuovi palazzi non c'è gentrification, ma Davidson e Lees che anche la costruzione di nuovi palazzi per le classi medie può provocare displacement indiretto.

Insomma, è il displacement, e non la rivalutazione del prezzo dei terreni, al centro della definizione di gentrification. Dobbiamo concentrare gli studi su come la gentrificaione distrugge (severs) le comunità, così teniamo insieme sia gli aspetti psicologici che quelli fisici. Zhang (2018) riporta che chi subisce la gentrification in Cina la mette in relazione con la guerra (c'era anche nel mio libro su Barcellona, tre anni prima, ma non ha fatto headlines!). Questa concezione va messa in relazione con le situazioni in cui la gentrification porta benessere ad alcuni - tenendo presente che le case non sono solitamente percepite come assett economici, quindi anche il prezzo economicamente giusto difficilmente compensa la perdita emotiva. Anche il miglioramento delle condizioni del quartiere, dice Baeten, può funzionare come forma di violenza sistemica. Questo è ancora più evidente se mettiamo la possibilità di essere displaced in relazione con la 'razza', con la salute mentale, con il genere. Tuttavia, gli studi devono prendere in considerazione i displaced non solo come vittime, concentrandosi anche sulla capacità di reazione - ad esempio nel 'right to stay put' (anche in Maeckelbergh 2012), un diritto all'abitare che non si risolva con uno spazio astratto 'casa', ma con il diritto a vivere il proprio spazio, casa o quartiere. Insomma: bisogna tenere attenzione sia al displacement diretto che a quello indiretto, e alle temmporalità che implicano ad. es. i grandi eventi. Il displacement non è mai un evento singolo, ma 'a series of attritional micro-events that unfold over time, generating different emotional and mental states for those affected' (p.502).

In breve: Abbiamo un'infinità di concezioni della gentrificazione, ma pochissime del displacement. Quelle di Marcuse devono essere aggiornate. Da Marcuse prendiamo il fatto che il displacement dev'essere considerato una questione centrale della gentrificazione. Il displacement urbano non è paragonabile al settler colonialism o allo sradicamento dei migranti senza documenti, ma sono forme di violenza socio-spaziali da studiare a fondo. Al 'diritto di sfrattare', an overwhelming fact of life (Hartman) bisogna contrapporre un right to stay put che serva da base per affermare il diritto alla città. Infine, per farla finita con chi sostiene il displacement e chi sostiene il replacement, ci vogliono più dati, anche sulla scala e la velocità del displacement, cioè sulle diverse forme che assume il displacement nei diversi contesti.

Tom Slater, 2009, Missing Marcuse: On gentrification and displacement. L'obiettivo di giustizia sociale che muoveva Ruth Glass nel 1960 non è così evidente nella ricerca contemporanea sulla gentrificazione. Anzi: concentrandosi sui gentrificatori, molti studiosi hanno provato a dare un significato positivo al termine. Chris Hamnett sul Guardian ad esempio. Pur essendo stato negli anni 80 un critico della riforma urbana di Londra, mostrando negli come la gentrificazione stava erodendo l'accesso alle case popolari, Hamnett negli anni 90 critica la teoria del rent gap di Neil Smith, negando che ci sia stato displacement a Londra; affermando invece che è la professionalizzazione degli abitanti a rappresentare un cambio di classe. Se negli anni 90 Smith rilevava che Hamnett stava aderendo a un individualismo filosofico sempre più pronunciato, negli anni 2000 sembra essere andato oltre. Nell'editoriale del Guardian ricorda il decay del centro di Londra nel dopoguerra, e si chiede 'dove dovrebbero andare le classi medie', dando per scontato che la loro presenza migliora la città - in stile Richard Florida! - ma anche che vengano davvero maggioritariamente dai suburbs, e che la gentrification sia l'unico rimedio possibile al decay. Inoltre, l'uso dei dati censuari elimina dalla mappa i disoccupati, gli anziani, di fatto circa il 23% della popolazione londinese. But perhaps such an apolitical interpretation is to be expected in the city where Hamnett is based: just recently, a house in Highgate Cemetery sold for £6 million (see Davis and Alexander, 2008). The most famous occupant of that cemetery is doubtless turning in his grave. Slater analizza tre altri contributi alla posizione 'gentrification is good': 1) Jacob Vigdor, economista, che studia la gentrification di Boston dal punto di vista delle 'preferenze dei consumatori', senza mai nominare la classe (due volte in 40 pagine, precedute da middle- e upper-). Le sue conclusioni sono che il displacement è aneddotico, ma che lo stato dovrebbe promuoverlo (!). 2) Lance Freeman, che in There goes the 'hood (2006) sostiene che non ci sono prove chiare del legame tra gentrification e displacement, e che basandosi sui dati censuari trova che le famiglie più povere sono il 19% meno propense a muoversi che nei quartieri non gentrificati, ipotizzando che si beneficiano dell'arrivo di famiglie più ricche e quindi dall'aumento di tax base. USA Today riprende il suo studio con un articolo intitolato 'Gentrification is a boost for everyone'. E infatti il problema di questi studi che si pretendono 'nuanced' è proprio che contengono sufficiente ambiguità per essere usati dai giornali per invalidare la ricerca rigorosa e radicale. 'Freeman and his respondents see gentrification as better than the 'alternative' of severe disinvestment and its symptoms, and that while gentrification raises the 'spectre' of displacement, it has a good side to be encouraged because it makes places look better than they did before, and provides them with better services. (The crucial question never considered by Freeman is: why does it have to be gentrification that brings better services?) However, ethnographic analyses of gentrification in black ghettos, such as Michelle Boyd's work in Bronzeville, Chicago (2005), rejects as an illusion the contention that gentrification is happening in the interests of—and with the approval of—the poor black residents it threatens to displace. Class—the essence of gentrification—is something experienced through race in Boyd's analysis; in Freeman's, race trumps class, thwarting an investigation of gentrification that is sensitive to its conceptual content and its historical meaning. 3) McKinney et al. (2008) confermano gli studi di Vigdor e Freeman, presentando come risultati nuovi e basati su archivi prima non disponibili la conclusione di senso comune che la gentrificazione crea spazi attraenti per le classi medie. Il National Bureau for Economic Research fa circolare il paper, finché arriva su Time con il titolo Gentrification: Not ousting the poor? Questi comunicatori della bassa tassa di mobilità tra i poveri hanno bisogno di un correttivo analitico, e questo potrebbe essere proprio Peter Marcuse.

(straordinaria citazione di Wittgenstein in apertura: 'What makes a subject hard to understand - if it's something significant and important — is not that before you can understand it you need to be specially trained in abstruse matters, but the contrast between understanding the subject and what most people want to see. Because of this the very things which are most obvious may become the hardest of all to understand. What has to be overcome is a difficulty having to do with the will, rather than with the intellect.' (Ludwig Wittgenstein, 1977 [1931]). Dei due processi apparentemente contraddittori in corso a NY negli anni 80, l'abbandono e la gentrification: i policy maker presentavano il secondo come unica alternativa al primo, considerando secondario il pericolo del displacement. Marcuse svela il legame tra i due poli di questo false choice urbanism, mostrando che l'abbandono alimenta la gentrificazione e viceversa, e che entrambe sono effetti della polarizzazione economica della popolazione: i poveri sono continuamente a rischio di displacement, e i ricchi continuamente in cerca di quartieri gentrificati dove trincerarsi. Questa spiegazione smonta le interpretazioni 'consumer sovereignty' secondo cui l'abbandono si deve alla scarsa domanda e la gentrification all'aumento di domanda: i due fenomeni avvengono uno accanto all'altro, per cui non possono essere il risultato di scelte individuali, bensì delle scelte istituzionali pubbliche e private soggiacenti alle scelte individuali.

7.

Emily P. Achtenberg, Peter Marcuse, 1983. Toward the decommodification of housing, in America's Housing crisis: what is to be done?, edited by Chester Hartman, Boston, Routledge & Kegan Paul, 218-30. Durante la Grande Depressione, il rischio di massive unrest sulla casa e la sicurezza sul lavoro ha portato a una moratoria sui pignoramenti, a un programma di case popolari, e a sussidi federali per la proprietà della casa. Nel 1960 di nuovo la casa è stata al centro delle proteste sui diritti civili e per il welfare. Poi però sono rimasti frammentati su linee di proprietà e di razza, e si sono ridotte a obiettivi specifici. Non hanno ampliato le richieste alla natura sistemica della crisi abitativa; quindi col peggioramento dell'economia negli anni 70 è stato sempre più difficile avere nuove concessioni, e il movimento è finito - lasciando spazio perché Nixon congelasse i sussidi sulla casa, e facesse partire l'attacco ideologico all'abitare (housing standards) Negli anni 70 c'è stato un movimento soprattutto di proprietari che ha ottenuto riforme, ma non è riuscito a gestire l'aumento skyrocketing dei tassi di interesse e la mancanza del credito sulla casa, che hanno reso impossibile migliorare la qualità dell'abitare e mantenerlo affordable. Anche il rent control non ha risolto il problema, quando applicato. Con il peggiorare del contrattacco sulla casa, è l'occasione di sviluppare un movimento progressista ampio. Le distinzioni sulla proprietà diventano meno importanti, perché la proprietà diventa più elusiva, più difficile ottenere guadagni dagli investimenti sulla casa. Ci vuole un programma.

Principi generali: To provide every person with housing that is affordable, adequate in size and of decent quality, secure in tenure, and located in a supportive neighborhood of choice, with recognition of the special housing problems confronting oppressed groups (especially minorities and women). Decommodification potrebbe essere un termine adatto. Tuttavia, il termine commodity normalmente si riferice alla produzione, mentre la distribuzione è chiave. Inoltre, anche le case che sono fuori dal mercato come gli squatter settlements o company housing, non per forza sono decenti, affordable, o sicure. Non tutti gli aspetti della casa devono essere demercificati. Anche a Cuba le case sono merci, ma la loro produzione e distribuzione è soggetta al controllo sociale, e solo limitatamente considerata sulla base del profitto. In una società opulenta chi lavora di più aver diritto a comprare di più anche se si tratta di case. Quindi, demercificare dev'essere inteso nel senso di provvedere case allo scopo di produrre o garantire profitti (incluso interessi e rendita terriera) per gli interessi privati/ Questo programma non riguarda la demercificazione della produzione delle case, ma anche di come le risorse sono gestite, di come si prendono le decisioni, e di come avviene l'uso. L'obiettivo è limitare il ruolo del profitto nelle decisioni sulla casa, sostituendo ad esso il principio di bisogni socialmente determinati.

Social ownership. Eliminare i costi della proprietà speculativa e il controllo arbitrario che hanno i proprietari orientati al profitto. Quindi, regolare gli affitti privati, preservare gli alloggi pubblici e riorentarli verso la proprietà sociale, aumentandone il controllo sociale anziché quello burocratico. Si può fare in tante forme, dalla proprietà diretta del governo o di entità no profit, a cooperative controllate dai residenti, o proprietà non speculativa dei residenti. Non importa la forma, ma che le case siano rimosse dal mercato speculativo. Gli affitti si pagherebbero sui salari, quindi molti non pagherebbero nulla o avrebbero sussidi, e i residenti avrebbero il diritto all'occupazione permanente se non interferiscono con i diritti altrui.

Social production. La produzione può rimanere in mano ai privati, ma il controllo sulla produzione dev'essere soggetta al controllo pubblico. I sussidi devono essere legati ai benefici sociali, e le case finanziate trasferite al pubblico o ai residenti per proprietà sociale. Bisogna muoversi verso la proprietà sociale dell'industria dei materiali, e un ruolo crescente per le compagnie di costruzione pubbliche o controllate dai lavoratori.

Public financing. Ridurre la dipendenza della produzione dal credito bancario, e aumentare il controllo pubblico del capitale finanziario immobiliare. Finché legata al credito privato, anche la produzione di alloggi sociali sarà cara e poco disponibile. La produzione e la ristrutturazione delle case dev'essere finanziata direttamente dalla spesa pubblica, esattamente come si costruiscono le strutture militari. Non ci devono essere ipoteche o debiti da ripagare.

Social control of land. Controllare l'uso speculativo della terra, ed aumentare la disponibilità dei terreni sotto controllo e proprietà pubblica. La terra ha un'influenza enorme sulla vita comunitaria, e controllarla è fondamentale.

Resident control of neighborhoods. Limitare l'impatto degli svilluppi orientati al profitto sui quartieri più poveri, e aumentare il controllo dei residenti sulle decisioni del quartiere, su base non esclusiva. Ogni progetto di sviluppo dev'essere regolato per minimizare gli impatti avversi, includendo gli abitanti nelle scelte sui loro territori.

Affirmative action and housing choice. Eliminare gli usi discriminatori, escludenti ed oppressivi dell'abitare, , soprattutto verso minoranze e donne, e offrire case in forme e modi che tengono in considerazione la situazione speciale di gruppi oppressi, incluso il diritto a rimanere o di spostarsi in altri quartieri di scelta. Le risorse devono essere usate per revitalizzare le comunità per affermare il diritto delle minoranze a migliorare le proprie condizioni rimanendo sul posto se scelgono di farlo, ma anche tutelando il diritto alla mobilità.

Equitable resource allocation. Le risorse devono essere assegnate sulla base dei bisogni, e beneficiare le fasce più deboli. Le risorse devono essere aumentate, e un uso non speculativo le renderà molto più efficaci.

Finally, efforts to oppose federal budget cuts for housing can be tied to demands for a reallocation of government spending priorities, elimmination of regressive housing tax expenditures, and large-scale progressive tax reform. And alternative programs for housing production, finance, and ownership can be devised to show how the increased funds might be used in a progressive way. Ad esempio, eliminare cento bombardieri B-1 dal budget militare genererebbe 28 miliardi di dollari per la costruzione di 500,000 nuove unità abitative, attraverso la spesa diretta governativa per una proprietà sociale libera di debiti. L'eliminazione di finanziamenti sulla casa per investitori e proprietari con redditi superiori ai 50,000 dollari potrebbero fornire circa 15 miliardi all'assistenza agli affitti per inquilini di appartamenti di proprietà sociale, per ridurre i costi dell'alloggio a livelli più abbordabili. Inoltre, una tasse del 10% sui profitti corporativi potrebbe offrire altri 12 miliardi di dollari per i miglioramenti nei quartieri (…). Queste campagne, ovviamente, dovrebbero essere legate agli sforzi di altri gruppi progressisti per restaurare la spesa sociale e opporsi al militarismo degli USA, in patria e all'estero. In these ways, one hopes, programs and strategies to challenge the commodity nature of housing and solve our housing problems can become part of the solution to the problems of our economy and society as a whole.

8.

C'è quest'articolo di Raffaele Torella in una rivista di egittologia, se non sbaglio, che s'intitola "Gli dei, pare, amano ciò che è oscuro. È un articolo bello, in cui riflette sulla diffusione straordinaria, inaspettata e trasversale, di un'espressione dei Brahmana, che viene ripetuta da varie fonti in modi diversi, e che sostanzialmente dice: "Gli dei amano ciò che è oscuro, e odiano ciò che è palese". Lui parte per una riflessione sui due termini usati per dire oscuro e palese, e questo lo porta dove finisce sempre - Torella finisce sempre a Bartrhari, cioè all'etimologia, alla linguistica indiana, e sostanzialmente alla natura del linguaggio per la linguistica indiana. Per Bartrhari e tutti i linguisti posteriori il linguaggio non svela la parola ma la copre, la parola è incarnata dalla dea Vac, che è sfuggente, è libertina, preferisce le danze agli inni, è insomma inafferrabile; quando si getta una parola sulla realtà la parola la copre come una rete, e di fatto la ingabbia, le impedisce il movimento. Non mi ricordo esattamente come Torella analizza questa dinamica tra "le parole e le cose" in rapporto a questa frase dei Brahmana; quello che mi sembra interessante però è che il linguaggio non rivela ma copre gli oggetti, ingabbia gli oggetti, acchiappa gli oggetti. Io credo che questa sia una riflessione sulla natura del linguaggio fondamentale in un momento storico in cui cerchiamo di capire che ruolo deve avere la scienza nei confronti dell'azione. Nel momento in cui capiamo che descrivere la realtà, quello che cerchiamo di fare continuamente - io adesso anche quando metto su carta il racconto delle giornate passate nel centro di accoglienza dove sto lavorando, mi sembra sempre che manchi qualcosa di quello che ho visto, sempre come se dovessi overemphatize un aspetto e trascurarne altri, io scelgo una certa narrazione della realtà non perché la trovi più aderente al "reale", bensì più evocativa, più adatta all'espressione verbale, e in particolare perché la trovo utile per un richiamo all'azione. Io voglio che le parole servano per degli effetti, sortiscano degli effetti nella realtà, quindi acchiappo la realtà in un determinato modo, perché chi riceve il messaggio della mia narrazione si comporti in un certo modo nei confronti della realtà - cosciente del fatto che sto tenendo fuori delle altre modalità di narrazione della realtà. Mi chiedo addirittura se tutta la dinamica in cui ci ritroviamo, diciamo di contropotere in questo momento storico, in cui l'intero discorso pubblico è improntato a una narrazione, a una costruzione discorsiva che è il neoliberismo, che aderisce alla realtà in molti punti, per quanto ha a che vedere con l'iniziativa individuale, con il bisogno di autoaffermazione, l'individualismo, una serie di esigenze e oggettività che esistono nel reale, ma ne tiene fuori una serie di altre: i diritti di chiunque indipendentemente dalla propria capacità di lavorare e inserirsi; il non monetario, il non quantificabile - rimangono fuori da questa narrazione della realtà e noi cerchiamo continuamente di recuperare l'egemonia di un'altra modalità di descrizione della realtà che però tiene fuori le parti che la narrazione neoliberista aveva invece afferrato correttamente. Quindi, si deve raffinare continuamente la narrazione della realtà, al fine di propiziare una specifica azione. Quello che è interessante è che se è vero che gli dei amano ciò che è occulto, oscuro, è perché probabilmente gli dei sono precisamente quello che rimane fuori dalla descrizione della realtà. Quello che la rete non riesce ad afferrare. Il dio sta in quello scarto tra la parola e la cosa, su cui il linguaggio non riesce a posarsi. Gli dei non riescono ad afferrare la parola, ma la parola non riesce ad afferrare gli dei; c'è comunque un oltre, che rimane fuori da qualunque narrazione e costruzione discorsiva sulla realtà e quel qualcosa prende la forma delle divinità. Io dico spesso che la sociologia è la scienza di quello che la gente dice, e l'antropologia è la scienza di quello che la gente non dice; ed è per questo che l'antropologia ha un rapporto privilegiato con la religione, con il non verbale: perché la religione si sviluppa proprio dallo scarto, da quello che non viene integrato nell'ordine sociale palese e luminoso.

9.

Da Jacobin, Tobia Savoca, A scuola dai nazisti. "Milgram e Zimbardo negli anni Sessanta e Settanta realizzarono due esperimenti che rilevarono come la disumanità sia una funzione della distanza sociale. È molto facile essere crudeli verso qualcuno che non vediamo né udiamo. L'organizzazione burocratica nel suo complesso diventa uno strumento per l'apparente cancellazione della responsabilità. Tutti questi studi non affermano nemmeno lontanamente l'innocenza dei nazisti obbedienti a ordini superiori bensì affermano che l'apporto scientifico permise a vaghe volontà antisemite di diventare lucida realizzazione di un genocidio."

10.

The Conversation del 5 agosto 2022 descrive l'arma utilizzata per uccidere Zawahiri in Afghanistan, parte di una nuova generazione di armi automatiche che possono uccidere senza guida umana e senza GPS. Ne fanno parte anche cani robot col mitra sulla schiena, che circolavano intorno ad una mostra di armi in USA. Queste armi automatiche non sono regolate da nessun trattato, e aanche i trattati già in vigore stanno perdendo adesioni importanti, tipo gli USA. Non posso evitare di metterlo in rapporto con un video recente dalla Russia, che mostra un robot che 'per errore' spezza un dito a un bambino con cui stava giocando a scacchi - gli organizzatori incolpano una mossa troppo rapida del bambino, che ha 'confuso' il robot. Simili spiegazioni sono immaginabili anche quando un auto teleguidata di Uber investe un pedoni in California, o un robot impala un operaio in Cina (qui. La questione è: come costruire un discorso che renda evidente la presenza di un gruppo di umani ossessionati dalla morte e dalla distruzione, nonchè dalla tecnologia, in grado di provocare sofferenza a non finire, ma che tengono in pugno le leve dell'opinione pubblica europea e nordamericana? Il rischio è di ripetere l'errore della Scuola di Francoforte, per cui la critica alla tecnologia diventa critica al pensiero illuminista e alla ragione; oppure il neoluddismo, che non fa distinzione tra tecnica e tecnologia. Forse il punto di partenza potrebbe essere proprio la questione energetica. Una global hierarchy of value pone ai gradini più alti chi più consuma, e chi è maggiormente in grado di aumentare i propri consumi. Agli ultimmi posti ci sono coloro che consumano e sprecano di meno. Pur di non perdere punti sulla scala, chi è in alto è obbligato ad accaparrarsi nuove risorse, dispiegando armi sempre più potenti e devastazioni sempre più terribili. Non c'è un'altra ragione che muova tutto questo dolore. I rappresentanti di questa &ecute;lite hanno un disperato bisogno di sostenere le proprie azioni con la propaganda. Quindi, dovrebbe affermarsi un movimento di opinione pubblica basato su una gerarchia completamente opposta, in cui la riduzione del consumo, dell'accaparramento e della violenza fosse considerata il primo valore, e il contrario stigmatizzato. L'ostacolo non è di natura ideologica ma economica: la retorica dominante dispone di risorse indescrivibili. L'omicidio a distanza di Zawahari con un'arma automatica non regolata è presentato come 'giustizia' dal presidente Biden, rappresentante del progressismo democratico internazionale, bastione alla minaccia di Trump. È necessario anche elaborare un discorso ben strutturato che estenda ad altre situazioni il 'modello Ostia' di costruzione del nemico pubblico. I discorsi sono tutti intrecciati e bisogna districarli.

11.

Un articolo di Erhard Schüttpelz e Ehler Voss su Revue des Sciences Sociales (qui) mi ricorda come Favret-Saada avesse già concettualizzato il rapporto tra razionale e irrazionale come un campo di forze; il precursore è Michelet: "Car toutes nos ambitions scientifiques, nos opinions politiques, notre scepticisme, notre incrédulité, notre athéisme, notre curiosité, notre volonté de liberté, tout cela a été qualifié de sorcellerie, comme l'accomplissement d'un acte d'apostasie et comme volonté d'alliance avec le mal. Tout ce qui est devenu «les Lumières» était autrefois sorcellerie. Michelet ne fait que tirer les conséquences de cette anamnèse nécessaire de l'histoire européenne, et ce sont des conséquences fantastiques que chacun devrait lire lui-même. Dans l'histoire de la recherche sur les sorcières, le point de vue de Michelet a été partagé par un nombre étonnant d'intellectuels au cours des années 1970: par le mouvement féministe avec ses auto-identifications comme sorcières (Federici 2004; Hauschild 1987; Hauschild, Staschen, Troschke 1979; Hutchinson 2010; Hutton 1999) et par la diffusion de l'ésotérisme wiccan parmi les universitaires (Bowker 2010, Luhrmann 1989), de Carlo Ginzburg (1966) à la défense historique de l'idiosyncrasie des personnes accusées de sorcellerie par l'Inquisition, jusqu'à Hans Peter Duerr (1976) et la défense épistémologique de la réalité du vol des sorcières (y compris de nombreuses rééditions et impressions pirates du livre de Michelet)".

12.

Haraway: «Only partial perspective promises objective vision. All Western cultural narrativves about objectivity are allegories of the ideologies governing the relations of what we call mind and body, distance and responsibility. Feminist objectivity is about limited location and situated knowledge, not about transcendence and splitting of subject and object. It allows us to become answerable for what we learn how to see». «The alternative to relativism is partial, locatable, critical knowledges sustaining the possibility of webs of connections called solidarity in politics and shared conversations in epystemology. Relativism is a way of being nowhere while claiming to be everywhere equally» (584).

13.

B. tornando da I., sul lumpenproletariato. Che fine faranno? Che vita avranno? È terribile. Che cosa ne sarà di loro? Ho un moto contro il paternalismo e il classismo, radicato in una tradizione novecentesca di stato sociale che cura e provvede per i più vulnerabili. Nella mia tradizione lo stato non può far altro che minacciare e tornare a prendere anche le briciole. Restarne fuori non garantisce certo superare ignoranza e marginalità, ma garantisce contro l'asservimento - lo sguardo di B. è quello di Ferrarotti all'Acquedotto Felice; compara la grandezza della Roma erede dei papi con la miseria materiale del suo popolo, e soffre per la mancata redistribuzione. Il pianto della sua scavatrice non ha portato che nuova miseria, nessuna emancipazione si combina con l'aumento della ricchezza dei proprietari terrieri. E l'impeto emancipatore, il rosso straccio di speranza è diventato vessillo della nuova accumulazione, da cui loro sono stati, sono e saranno sempre tagliati fuori. Allora il diritto che rimane, perso quello all'educazione, al welfare, alla giustizia, alla città, alla casa, è il diritto di restare dove si è - unica base per costruire un'alternativa, per quanto costi generazioni.

14.

La casa dello Stembali di Tunisi, la Zauoia Sidi Ali Lasmar, è stata messa in vendita dal proprietario che l'ha ricevuta dallo stato negli anni '70. La zaouia è una delle quattro case create dal Bey Ahmed 1r dopo l'abolizione della schiavitù nel 1846. Nel decreto, la proprietà era chiamata milkiyya e gli schiavi sudan. Il decreto stabilisce che le logge sufi di Sidi Muhriz della Bakriyya e di Sidi Mansur devono registrare prove dell'atto di manomissione da realizzare su ogni servo che si presenti contro il suo padrone. Emancipazione si chiama fakk, ragabaatihi e l'atto viene realizzato nel nome del bene comune, chiamato maslaha. Le quattro case sono: Dar Koufa, Dar Jemaa, Dar Barnou e Zaouia Sidi Ali Lasmar. Quest'ultima è l'unica in cui sia conservata la tomba di un santo nero nella vecchia medina, ed è l'ultimo luogo sacro dello Stembali a Tunisi. Sempre secondo l'articolo di Femmes et réalités del 7/4/2022, l'ultimo rappresentante dello Stembali (uno degli -) è Riad Ezzawech, uno degli ultimi arifa.

Electrofolk tunisino: Ifriqiyya electrique, Amine Metani (label: shouka), producer Ghoula, Arabstazy collective.

Bou Saadiya, il padre che cerca la figlia rapita dai mercanti di schiavi. Lo porta, in una foto su Pan-African-Music del 25/1/2021, il guardiano del santuario di Sidi Merzoug dedicato agli spiriti del Banga, a Nefta, nel Djerid tunisino. Considerato centro del sufismo, ha 24 moschee e 100 marabout.

15.

Bologna, 22/5/22, via Zago.

16.

Finance - Endgame and close of the market system, Janie Merchant, Brooklyn Rail 03.22. La narrativa neo-keynesiana sulla finanziarizzazione sembra suggerire che lo stato debba recuperare il suo ruolo anteriore. Questo 'nazionalismo fiscale' idealizza una forma di vita sparita per confrontare un presente radicalmente distinto. Conjuring ghosts from the past does not help to grasp the present, much less transform it. What Keynesians imagine as the “public interest in fact has little to do with the current practices of state actors, who treat financialization not as a problem, or as some parasitic growth to be removed from the real economy, but as the established paradigm of governance, the infrastructure of concepts and practices required for growth in present conditions. La finanza è governamentalizzata e il governo finanziarizzato, in un regime di crypto-planning that dare not speak its name, e che sta liquidando le stesse istituzioni liberali che sostengono la sua legittimità ideologica e la sua vitalità economica, che sono di fatto quelle del capitalismo stesso. La teoria della finanziarizzazione astrae dalla produzione e si concentra sulla distribuzione. Alla base c'è la securitization: ogni ricchezza esistente viene vista come una potenziale fonte di pagamenti. L'espansione dell'industria e la sua fusione con il sistema bancario ha ridefinito la ricchezza come proprietà di asset e liabilities. Ma ha comportato anche l'inserimento di milioni di persone prive di proprietà nella produzione di massa a scala mai vista prima. Il capitalista finanziario non è interessato a questa forma di produzione, ma solo agli interessi che riscuote sul prestare, trasformando il tempo stesso in una funzione del denaro. Questo è il feticcio al cuore della security finanziaria. Tutti i derivati si basano su una pretesa di pagamenti futuri, ma il denaro oggi vale più di quello di domani, e per mantenere stabile l'illusione della stabilità dei profitti, è necessario mantenere il feticcio della liquidità che nasconde la realtà: che i profitti dipendono dalle alternanze della lotta di classe. La finanza è un'espressione della tendenza alla centralizzazione del capitalismo stesso; è un'astrazione della dinamica capitalista di massimizzare i profitti sostituendo le macchine con la proprietà dei mezzi di produzione. Tutti gli investimenti fluiscono in un'unica global pool of money capital, fonte del sistema finanziario, controllata da enormi banche e compagnie di gestione degli asset. Da questa pool escono tutti i crediti per tutte le imprese produttive, e vi ritornano come interessi, segnati come enormi quantità di capitale fittizio sui bilanci delle compagnie di investimento. La fonte del profitto finanziario è l'interesse pagato da altre forme di capitale. Quindi tutto questo valore è in ultima analisi dedotto dai profitti dell'industria. Ma per un 'doom cycle' iscritto nella struttura stessa del capitalismo, la finanza richiede continue innovazioni tecniche, di cui però si beneficiano solo i primi ad applicarle, quanto più si generalizzano più si abbassa il tasso di profitti spingendo a cercarne di ancora nuove. Così la finanza continuamente fa evaporare la sua stessa fonte di profitti. Quanto più aumentano i profitti finanziari, tanto più declina la produttività industriale, facendo annegare ogni compagnia nei debiti: In 2019, the debt-to-surplus ratio for US non-financial businesses reached 9.5, meaning the debt load for the average American corporation is 9.5 times its profit rate—and this was before the COVID-19 pandemic. A questa disfunzione strutturale risponde sempre lo stato, con quantitative easing e altri mezzi che dovevano essere ultime risorse, e sono diventati invece strutturali. Così le banche centrali eutanasizzano il mercato per mantenere un ordine sociale ormai obsoleto. Come conseguenza, il mercato azionario ha sempre meno bisogno di meccanismi di mercato. Ad esempio, quindi, si estendo i fondi di investimento basati su indici come Standards and Poor 500, che è direttamente manipolato dalle corporazioni come Blackrock per evitare competizione: si investe dove SeP dice di investire. The asset management firms Blackrock, Vanguard, and State Street Advisors are the largest single shareholders in 9 out of 10 companies on the S&P 500, on average owning more than 20 percent of the shares of every company on the index, so it is naturally in their interest to discourage any competition that could lower profits. Blackrock è direttamente partner del FED e del Tesoro, che gli commissionano l'acquisto di MPS e corporate bonds dopo le crisi del 2008 e 2020. Insomma: non c'è nessuna soluzione politica a tutto questo, che è una forma solidificata di governance transnazionale che necessariamente estrae continuamente risorse dalla vita quotidiana. Solo un'organizzazione transnazionale del lavoro che metta un limite all'estrazione di profitti.

17.

"In nome di Dio clemente e misericordioso,
Iddio benedica e salvi il nostro signore Mohammed, la sua famiglia e i suoi compagni.
Dal servo di Dio, gloria a Lui, Mohammed el Hassan Redà es Senussi a S.E. il rispettato Governatore di Tripoli e Bengasi.
Saluti e ossequi.
E' stata ripetuta da parte di qualche ufficiale del Governo la richiesta di pacificare il paese. Il fatto è, che questo non è possibile senza la presenza di Sua Signoria il Saied Mohammed Redà.
Se il predetto verrà, forse avverrà la tranquillità per tutti.
Dio ci assecondi.

Addì, 9 Sciuaual 1347 (15 marzo 1929)

L'ispettore generale
sigillo di HASSAN REDA'

Il vice procuratore generale
OMAR EL MUKTAR"

18.

Dalla lettura della tesi di Lorenzo Lazzari sul video comunitario a Barcellona dopo la transizione, visualizzo la continua rincorsa del mondo popolare ai mezzi di rappresentazione del potere. Dall'invenzione della stampa all'alfabetizzazione popolare, si rincorre la scrittura; nel dopoguerra si rincorre il cinema e la televisione; ora stiamo rincorrendo la pervasione del video e del linguaggio digitale. Come se appropriarsi di uno strumento di rappresentazione permetta di appropriarsi anche di una quota di potere. Per questo tutto il secondo novecento riflette su potere e rappresentazione, da McLuhan a Debord e Baudrillard. Ma le classi egemoni detengono saldamente non solo il monopolio di tutte queste forme di rappresentazione, nonché dei loro stili e modalità d'uso; sono anche le uniche a poter costruirne di nuovi. Chissà se macroeventi, grattacieli, guerra, non siano un ritorno a modalità rappresentative del potere meno basate sulla tecnologia, più basate sul potlach di energia e risorse.

19.

Fuad Baali, 1988. Society, State, and Urbanism: Ibn Khaldun's sociological thought. State University of New York press. Ibn Khaldun is a philosopher of history, he creates a synthesis between sociology and history, based on social change. He was aware of having founded a new science. Comte can no longer be considered the founder of sociology. ASABIYA defines a people and a leader: good leaders belong to people who have a strong asabiya. Leaders should not be too smart or they will try to impose on people tasks that exceed their capacities. When a state establishes, it can overlook asabiya (I would add: and try to destroy it. This is the basic dynamics of history. Social struggle has to be understood mainly as a form to recreate Asabiya). For Khaldun, when a leader is involved in commercial activities, everybody suffers. When a ruler keeps money from the state. Quando gli ufficiali del governo vanno a vivere in un'altra terra per godersi i frutti del loro lavoro, sbagliato perché questi non sono veri profitti del loro lavoro! Quando si impongono doveri o lavori forzati; e la confisca di monete o altri beni senza causa o senza compenso. Main points:

  1. Society is a reality sui generis (like in Durkheim). Groups are entities apart from individuals, and preservation of human life can only be achieved through social organization, cooperation and social unity.
  2. Human society is the subject of a specific and new science, called ilm a-umran (sociology)
  3. The core of social life is asabiya, the coesiveness of society, which may lose vigor if tyranny replaces democratic leadership
  4. A well defined division of labor is inevitable for the development and growth of the state.
  5. States rise and fall according to stages: simple, traditional religious, sacred, nomadic, towards rational, secular, urban entities.
  6. Society has/creates a culture that establishes norms and social control.
  7. Clear distinction between urbanization as a process, and urbanism as a way of life (as in Wirth)
  8. comparison between badawa and hadara, rural prople as noble savage and urban people sophysticated and immoral
  9. Differences of conditions are the result of (historical) ways to make a living, not of blood or genetics, but of history and geography
  10. Importance of economy alongside asabiya and religion: the beginning of a sociology of religion (before Durkheim and Malinowski).
  11. Great importance to natural laws and causality.
  12. The Moqaddema is based on careful observation, theoretical, cumulative, and objective. More interested in describing society than in remedying its ills as Plato's republic
  13. Based on qualitative methods (like Comte, Tonnies, Simmel, Weber). Based on North africa, ok, but all sociology is based on generalizing from the observation of small local societies! Think of Durkheim...
  14. Aware of change, and of the diversity of social change.
  15. Personal antagonistic feeling towards urban life.

20.

Video del 2011 di Ettore Davoli sulla dismissione e sul buco dell'INPDAP: 1, 2, 3 sugli stipendi dirigenti, 4 piazza pulita 15/12/2011 sulla soppressione dell'Inpdap, articolo su Contropiano 2013. Il presunto buco di 13 miliardi dell'Inpdap si deve a tre fattori: 1) che con le privatizzazioni del 92 i lavoratori delle ex aziende pubbliche pagano i contributi all'Inps, ma le pensioni continua a pagarle l'Inpdap. 2) che la legge 29/79 consente di ricongiungere i contributi per chi passa dal privato al pubblico e viceversa, ma l'inpdap è obbligato a versare in contanti all'Inps, l'Inps invece rilascia certificati. Quindi il flusso di denaro va solo dall'Inpdap all'Inps. 3) quando nel 94 si unificano le casse, tutti i contributi che i datori di lavoro (regioni, comuni...) dovrebbero versare all'Inpdap, cioè i 2/3 di tutti i contributi (1/3 lo versano i lavoratori), ma non lo versano. Lo stato dice poi li verso io, ma così si crea una voragine. La soluzione proposta: abolire il welfare dei dipendenti pubblici, con la 'finanza creativa' di Tremonti viene cartolarizzato attraverso lo SCIP, e in un anno il rendimento passa da +3% a -4%. Poi cartolarizza il credito dell'Inpdap e lo porta al Tesoro. Proposta dei comitati di base COBAS-INPDAP: Le pensioni dei dirigenti sono una spesa di 80 miliardi su 170 di tutto l'INPS. Si dice che non ci sono i soldi ma due milioni di persone hanno un surplus di ricchezza un tetto di 5000 euro a pensione la spesa scenderebbe di 87 miliardi l'anno. Dal tetto alle retribuzioni per i dirigenti privati si recuperano 10 miliardi, da quello dei dirigenti pubblici 52 miliardi, dalle limitazioni al cumulo delle pensioni per i dirigenti pubblici si recuperano altri 3 miliardi, per i privati 24 miliardi. In totale 100 miliardi.

21.

Sbatti contro le pareti delle categorie con cui il cervello organizza la memoria, ogni volta che cerchi di ricordare qualcosa che sapevi, e che un evento ti rammenta ma in modo impreciso. Era una cosa più prestigiosa - e capisci che il prestigio è una categoria - che comunque aveva questa stessa struttura 'sembra ci sia un guadagno e invece è una perdita' - e capisci che le categorie sono organizzate a partire da un contenuto etico -; riguardava comunque la questione urbana - e ne identifichi l'organizzazione tematica. Purtroppo la verbalizzazione allontana immediatamente la percezione, come se il cervello richiudesse automaticamente la percezione delle categorie, evitando che diventi una porta per la comprensione del suo funzionamento soggiacente. Impossibile rimanere in quello stato. Somiglianza col concetto dello Spanda Karika per cui "chi rimanendo fermo in un pensiero assiste al sorgere di un nuovo pensiero..." (trovare citazione).

22.

Verónica Gago (2015) La razón neoliberal. Traficantes de Sueños. Il neoliberismo viene descritto come una 'razionalità' e una forma di 'governamentalità' che non emergono solo dall' alto, ma che devono essere riconosciute e criticate anche nelle 'soggettività' delle sue vittime, che si appropriano del discorso e delle pragmatiche degli oppressori. Il libro studia l'enorme mercato La Salada alla frontiera di Buenos Aires, mettendolo in relazione con la vita delle villas circostanti e delle maquiladoras tessili. I 'soggetti subalterni' (dall'intro di Mezzadra) negoziano la razionalità neoliberale e creano 'microimprese' in cui non giocano la parte delle vittime, ma costruiscono invece un 'neoliberismo dal basso' che, sebbene sia 'barocco' e alterato dal 'pragmatismo popolare', è un laboratorio di sperimentazione delle forme di lavoro e di produzione del sistema dominante. Tra le fonti principali, il lavoro di Boltanski e Chiapello sul 'nuovo spirito del capitalismo'. CRITICA: Nonostante Gago dica sempre che non è quello che intende, e che il suo concetto è diverso, non riesco a vedere la differenza tra il suo 'neoliberalismo dal basso' e l'idea classica dell'homo oeconomicus che legittima e naturalizza la speculazione capitalista fondandola nel comportamento naturale dell'essere umano. Qui stiamo fondando il neoliberalismo nelle pratiche popolari, addirittura nelle pratiche degli oppressi, come se fosse la maniera spontanea di funzionare quando non c'è lo stato. Per quanto finemente Gago cerchi di prendere le distanze da questa interpretazione, a volte dobbiamo considerare più la diffusione delle idee che la loro formulazione autentica. Mi sembra evidente che questa lettura dal basso legittimi la pretesa naturalista del neoliberismo, la renda una forza trasversale, di cui partecipano ugualmente oppressi ed oppressori. è sicuramente vero che el neoliberalismo no se deja comprender si no se tiene en cuenta cómo ha captado, suscitado e interpretado las formas de vida, las artes de hacer, las tácticas de resistencia y los modos de habitar populares que lo han combatido, lo han transformado, lo han aprovechado y lo han sufrido (p.22). Ma considerare l'informalità economica (come quella urbana) un 'neoliberismo dal basso' ci porta alla stessa conclusione di Hernando de Soto (intuizione di H.E.), e cioè che gli oppressi sarebbero imprenditori, anche se a questa definizione Gago dà una connotazione negativa anziché positiva come De Soto - antieroi invece che eroi. Per H.E. non esiste neoliberalismo dal basso: il neoliberalismo, anche se stimola una razionalità e un comportamento economico, è in primissimo e forse unico luogo un progetto politico di stato, che ha una forza economica, politica, militare, che si basa sullo stato nazionale. E' follia pensare che il neoliberismo cresce quando lo stato retrocede. Por neoliberalismo desde abajo me refiero entonces a un conjunto de condiciones que se concretan màs allà de la voluntad de un gobierno, de su legitimidad o no, pero que se convierten en condiciones sobre las que opera una red de prácticas y saberes que asume el cálculo como matriz subjetiva primordial y que funciona como motor de una poderosa economía popular que mixtura saberes comunitarios autogestivos e intimidad con el saber-hacer en la crisis como tecnología de una autoempresarialidad de masas (p.25). Anche se 'barocco', anche basato sul vitalismo e sul conatus spinoziano, e nonostante contenge elementi di comune, di autorganizzazione, di resistenza, questo neoliberalismo dal basso riproduce l'egemonia delle classi dominanti, quindi contiene una ambivalenza (un concetto di Paolo Virno, forse legato all'opportunismo di massa?) che conferma il dramma della 'deproletarizzazione' del mondo popolare (p. getta discredito e sospetto su tutto il mondo non regolato dallo stato, rendendo molto difficile tracciare alleanze al di là dei circoli chiusi dell'accademia e dei rivoluzionari di professione. Nonostante Gago prenda le distanze dall'idea di Laclau che l'aumento dello stato riduce il mercato, sottolineare le risonanze tra il progetto politico neoliberale e il tentativo di sopravvivenza di chi è tenuto fuori dall'economia formale, di fatto ipostatizza l'operaio di fabbrica come l'ultimo vero sfruttato, trasformando il sottoproletariato e la bassissima classe media in altri sfruttatori. Ci riconosco la sfiducia verso tutte le rivolte degli ultimi tempi, dalla questione catalana ai gilet gialli. Il neoliberalismo, per Gago, è una forma anclada en los territorios, fortalecida en las subjetividades populares. Facile fondare il 'disprezzo per il popolo' su queste basi. Il problema è sempre la confusione indotta dal fatto che il capitalismo neoliberale viene descritto con la metafora del 'mercato'. Una cosa è il mercato, basato sul guadagno e sul profitto differenziale, un'altra molto diversa è la speculazione neoliberale. Ci sono continui errori logici in questa linea. L'articolo di Nico Tassi del 2014 in cui il fatto che alcuni imprenditori aymara viaggiano in Cina e portano le merci in Bolivia, guadagnando abbastanza da poter comprare due locali e far studiare i figli, viene interpretato come 'concorrenza nei confronti delle elite tradizionali criollas', e come segno del fatto che alcuni 'popoli' stanno inserendosi nella dinamica capitalista. Ma non si tratta altro che di minuscoli settori di classe media che emergono dal mondo popolare, non sono segno di nessuna inversione di rotta né sostituzione della classe dominante.
Bisognerebbe far dialogare il paragrafo 'Lo arcaico como fuente de inovación' (p.47sgg.) con l'arcaismo sovversivo di Herzfeld. L'arcaismo non è 'una empresarialidad singular, auspiciada por la informalizació', bensí una polití radicalmente distinta, che precede e supera quella dello stato e dell'imprenditorialità neoliberale promossa dallo stato. Il fatto che non si articoli con i linguaggi classici della sinistra marxista non la rende meno popolare né antirivoluzionaria. Mi sembra che questa linea politica confermi l'idea marxista del sottoproletariato come classe antirivoluzionaria, oppure quella postoperaista della fine dello scontro di classe con la fine della fabbrica. Il mercato de La Salada si configura anche come uno spazio di festa; testimoniando dell'importanza del rito. Il paragrafo chiave è La fiesta como momento de consolidación feriante alle pp.82sgg. Oltre al dia del feriante, 'mezcla de calvario y romeria', al mercato ci sono le vergini di Urkupiña e di Copacabana, San Miguel de Arcángel. Per Silvia Rivera Cusicanqui la festa organizza una 'neocomunità transnazionale', ma funziona anche come cinghia di trasmissione e disinfezione del virus boliviano che abbiamo potuto introdurre con tanta migrazione', cioè come dispositivo di pacificazione. Poi c'è el Señor Santiago Bombori, o Tata Bombori, che sembra sia nato nel mercato La Salada e poi si sia espanso in altre parti del continente.

23.

Linebaugh e Rediker, 2018. I ribelli dell'Atlantico.. "Il capitano William Bligh usava l’albero del pane del Pacifico per sostenere lo schiavismo atlantico, e fece catturare e processare Heywood. Le forze della globalizzazione hanno un ampio raggio d’azione e una pazienza infinita. Ma i girovaghi del pianeta non dimenticano, e sono sempre pronti, dall’Africa ai Caraibi a Seattle, a resistere alla schiavitù e a ripristinare i beni comuni".
Chiude con la poesia di Blake: Tigre! Tigre! Vampa bruciante,
Nelle foreste della notte,
Quale mano immortale, quale occhio
Seppe formare la tua paurosa simmetria?
In quali lontani abissi, in quali cieli
Accese il fuoco dei tuoi occhi! Su quali ali osa slanciarsi?
Qual è la mano che osa afferrare il fuoco?

Europa sostenuta da Africa e America, di William Blake. John Gabriel Stedman, Narrative of a Five Years Expedition.

24.

Su Demartino, da Fb 5 gennaio 2024: Approfitto di un post di Vincenzo Santoro sul libro "La terra del rimorso" del 1961 di Ernesto De Martino, che si chiedeva se qualcuno lo avesse letto, ieri con un amico in Lucania parlavamo proprio dell'appendice scritta con Vittoria De Palma, in cui De Martino di fatto invoca la fine del tarantismo. Qualcuno se la ricorda? Non ho mai trovato nessuno che abbia scritto un commento. Viene il dubbio se la gente l'abbia letta o no, perché invalida tutta la lettura semplicistica di De Martino come paladino dell'autonomia culturale del mondo subalterno. L'appendice si apre spiegando il ruolo dell'assistente sociale nell'equipe etnografica, che sarebbe quello di "piegare" le persone (e le virgolette sono su persone, non su piegare) a diventare documenti per una ricerca storica. Allo stesso tempo, l'assistente sociale doveva "ricordare" ai ricercatori che i loro documenti erano persone vive, verso cui ci sono impegni morali. E già viene da riflettere. Ma il problema vero arriva quando De Martino e De Palma programmano un "intervento": che consisterebbe nell'"affrettare la scomparsa del tarantismo", anche in collaborazione con il clero, che già aveva contribuito con le proibizioni e le chiusure degli spazi ecclesiastici. L'obiettivo di un'azione congiunta, tra intellettuali e clero, doveva essere quella di "disarticolare nella coscienza della gente il nesso tra S. Paolo, la taranta e la pratica esorcistica", anche con l'aiuto degli psichiatri, che avrebbero potuto promuovere "la coscienza medica disarticolando anche per questa via (...) la sua coscienza mitico-rituale. Insomma: dopo aver studiato il fenomeno, bisognava procedere alla sua disgregazione, "combattendo la residua autonomia culturale del simbolismo in quistione, e riducendo il fenomeno di volta in volta a una ideologia arretrata da combattere con la persuasione o ad una malattia definita da curare con l'impiego sistematico dei mezzi scientifici" (p.380 dell'edizione del Saggiatore del 1961).
L'etnografia italiana progressista, in breve, si proponeva letteralmente di "continuare con altri mezzi e in un'altra prospettiva l'operazione che il clero aveva condotto da alcuni secoli". Per quanto ora i nuovi mezzi fossero la "coscienza e alla ragione trasformatrice", sembra impossibile che il grande etnografo non sapesse quanto sangue e quali violenze avesse comportato la guerra all'autonomia culturale del mondo subalterno, nei secoli precedenti. E che tipo di società malata ne fosse emersa.
E non era lo spirito dei tempi, perché negli stessi anni Robert Jaulin stava lavorando a "La pace bianca", che spiegava bene come questo tipo di intervento da parte del clero avesse portato all'etnocidio dei Bari in Amazzonia, e di chissà quante altre autonomie culturali.

25.

Rileggere Intorno a una storia del mondo popolare subalterno. "...nella fase dell'ingresso nella storia del mondo popolare subalterno, etnologia e folklore debbono aiutare questo ingresso, identificando gli elementi arcaici, senza possibile ritorno, e gli elementi progressivi, che accennano al futuro, in modo che l-azione pratico-politica possa giovarsi di queste conoscenze per combattere i primi e favorire i secondi, o quanto meno per dare un significato nuovo, progressivo, agli elementi arcaici. Ovviamente a nulla gioverebbe la sterile ammirazione per questi aspetti positivi della etnologia e del folklore sovietici, e sarebbe decisamente dannosa la pretesa di trapiantare meccanicamente, nei paesi dell'occidente, il modo sovietico di considerare il mondo popolare. A parte il fatto che tale trapianto sarebbe impedito dalla diversa situazione obiettiva (nell'URSS il mondo popolare ha ormai soppresso la propria condizione subalterna, mentre in occidente tale condizione perdura), è da osservare che nei paesi dell'Europa occidentale, e segnatamente in Italia, vi è una tradizione di pensiero storicistico con la quale il nuovo umanesimo in generale, e la problematica etnologica e folkloristica in particolare, debbono per così dire entrare necessariamente in reazione se si vuole creare una sintesi vitale, storicamente fondata. Ma quali che siano i modi di questo adattamento culturale, e del relativo incremento umanistico che ne seguirà, resta fin da ora, per la storia del mondo, e della cultura del mondo, acquisito un fatto di importanza decisiva: su scala mondiale milioni di uomini semplici hanno travolto, o stanno per travolgere, "il confine di Eboli". E in questo processo, come suo momento, prende forma la storia del mondo popolare". (p.76-77 del Dibattito sul folklore in Italia, Pietro Clemente, Maria Luisa Meoni, Massimo Squillacciotti, Edizioni di cultura popolare, 1976)

26.

Importante l'intervista a Maria di Nardò qui. Sembra un interrogatorio dell'inquisizione, o un processo giudiziario. Addirittura il montaggio serve a sconfessare le parole dell'imputata. Non ho capito se è una registrazione dell'epoca di De Martino, o se è stata realizzata da altri. Ma il presupposto condiviso tra De Martino e chi riprende questo video, è che ci sia una violenza necessaria che bisogna esercitare sui contadini, che è intrinseca al lavoro etnografico, e che serve per far sì che queste persone si rendano conto di quanto non stiano lavorando per la loro classe. E' incredibile quanto poco questa evidenzia sia filtrata nella narrazione di De Martino che ci arriva dall'università e dall'establishment antropologico oggi. Leggiamo in E. De Martino, Miseria psicologica e magia in Lucania, in Tempi moderni, I, n. 2 aprile 1958: "E qui si configura l'ultma conclusione a cui ci sembra metta capo la nostra inchiesta: il cammino che conduce alla liquidazione delle sopravvivenze magiche in Lucania e nel resto del Mezzogiorno d'Italia passa per le trasformazioni sociali, per lo sviluppo della coscienza sindacale e politica, per il moltiplicarsi dei pubblici servizi e delle varie forme di assistenza, per il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, per la diffusione del senso di sicurezza civile, in una parola per il progresso della civiltà moderna: ma questo cammino si diparte da un risveglio morale e civile che coinvolga innanzitutto le stesse forze sociali da recuperare al ritmo della civiltà, altrimenti anche ciò che esteriormente si presenti come l'ultimo ritrovato della scienza e della tecnica, o come ineccepibile progetto di riforma, è destinato a corrompersi nell'attuazione e a riconvertirsi nel peggio. Solo questo risveglio morale sarà capace di sostituire alla disgregatrice esperienza di "essere-agito-da" una crescente confidenza nella potenza dell'azione umana: e d'altra parte questa riapertura di prospettive operative realisticamente orientate potrà compiersi solo nella misura in cui l'azione umana andrà via via foggiando in sé e intorno a sé un mondo umanizzato, fatto consapevolmente da uomini e destinato consapevolmente a uomini. Con l'attuarsi di questo processo andrà svanendo l'ombra funesta della miseria psicologica come ricorrente episodio sociale, e impallidirà anche quel lume fittizio che magìa e soprannaturalismo accendono per rischiarare nell'immaginazione una esistenza ingrata, di continuo vulnerata dal rischio di non poterci essere in nessuna possibile storia civile".




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