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Le baracche di Poblenou

11/11/2010 admin 0
"Sgomberato l'ultimo campo zingaro di Poblenou" hanno annunciato i giornali di Barcellona il 6 ottobre. A informarsi meglio, la notizia è che non c'è stato nessuno sgombero, nell'accampamento c'erano troppi bambini. Quando la stampa tira fuori il tema degli zingari (rumeni, portoghesi o galleghi) che vivono nei terreni in transizione del grosso quartiere industriale di Poblenou, è sempre per annunciarne l'imminente scomparsa, come se si trattasse di un folkloristico residuo del passato. Sembrava fossero "gli ultimi campi" anche quelli sgomberati in calle Agricultura nel 2004, o nella fabbrica Oliva Artés nel 2003. Per definire i campi si usa la parola "barraques", storicamente connotata: la lotta contro il "barraquismo" è stata una delle conquiste dei comitati di quartiere di Barcellona negli anni 70 e 80. Per questo, le notizie sulle nuove baracche che sorgono accanto ai grattacieli del "distretto tecnologico 22@", più che a un rinascimento del "barraquismo", ci fa pensare a un rinascimento dell'uso del "barraquismo", per giustificare la semplificazione dei conflitti e contrasti che sorgono intorno ad un processo di così largo respiro come la riqualificazione urbanistica dell'antico quartiere industriale di Poblenou. Se gli zingari e le loro "baracche" sono il passato, e i grattacieli il futuro, ogni sgombero può presentarsi come un dovere verso la storia. E le politiche sociali, un residuo del passato.
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Per cominciare, una poesia

14/08/2010 admin 0

Gli ultimi versi de Le ceneri di Gramsci di Pasolini, scritti a Roma nel 1956. Per noi, tutto inizia qui; qui continua ad esserci praticamente tutto.

“A gridare è, straziata
da mesi e anni di mattutini
sudori – accompagnata

dal muto stuolo dei suoi scalpellini,
la vecchia scavatrice: ma, insieme, il
fresco sterro sconvolto, o, nel breve confine

dell’orizzonte novecentesco,
tutto il quartiere… È la città,
sprofondata in un chiarore di festa,

– è il mondo. Piange ciò che ha
fine e ricomincia. Ciò che era
area erbosa, aperto spiazzo, e si fa

cortile, bianco come cera,
chiuso in un decoro ch’è rancore;
ciò che era quasi una vecchia fiera

di freschi intonachi sghembi al sole,
e si fa nuovo isolato, brulicante
in un ordine ch’è spento dolore.

Piange ciò che muta, anche
per farsi migliore. “…

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Campo de la Bota, 1974

13/08/2010 admin 0

13-1-1974, immagini dell’archivio della giornalista Maria Favà, prese nelle baracche del Campo de la Bota, durante la demolizione e il trasloco degli abitanti verso i palazzi de La Mina (visibili sullo sfondo). Ora in questa zona c’è il grande complesso del “Forum delle Culture 2004”. La lapide che ricordava le migliaia di dissidenti politici fucilati dal franchismo in quello stesso posto chiedeva “la pace, ma non l’oblio”; ma è stata rimossa per celebrare il “Forum”.

  • FOTO DEL CAMPO DE LA BOTA (Maria Favà, 13/1/1974) [ALBUM]
  • Il Campo de la Bota nel film “Yo el Vaquilla” (José Antonio de la Loma, 1985) [link a youtube]