This is an excerpt from the last verses of Pierpaolo Pasolini’s Le ceneri di Gramsci, written in Rome in 1956. To us, this is the beginning of everything; it still contains almost everything.
“A gridare è, straziata
da mesi e anni di mattutini
sudori – accompagnata
dal muto stuolo dei suoi scalpellini,
la vecchia scavatrice: ma, insieme, il
fresco
sterro sconvolto, o, nel breve confine
dell’orizzonte novecentesco,
tutto il quartiere… È la città,
sprofondata in un chiarore di festa,
– è il mondo. Piange ciò che ha
fine e ricomincia. Ciò che era
area erbosa, aperto spiazzo, e si fa
cortile, bianco come cera,
chiuso in un decoro ch’è rancore;
ciò che era quasi una vecchia fiera
di freschi intonachi sghembi al sole,
e si fa nuovo isolato, brulicante
in un ordine ch’è spento dolore.
Piange ciò che muta, anche
per farsi migliore. “