Forse l’antropologia lentamente si sta liberando dalla zavorra del positivismo, per avviarsi finalmente verso il mondo contemporaneo. Nell’ articolo di Low e Merry che apre il recente supplemento di Current Anthropology Engaged anthropology, diversity and dilemmas (2010), si fa notare come tra i commenti dei peer-reviewers si dia poca importanza ai problemi dell’ obbiettività e della neutralità, finora richieste a ogni etnografia che aspirasse a un riconoscimento accademico. Forse l’establishment si sta finalmente accorgendo che l’implicazione personale e politica nelle lotte e rivendicazioni delle comunità con cui si lavora sono un arricchimento e non un ostacolo per la produzione di un sapere antropologico valido. Come sottolinea Micheal Herzfeld (2010) in Gentrification, engagement and the neoliberal hijacking of history, è un dovere etico dell’antropologia mostrare le alternative possibili al cinismo neoliberista, e renderle più comprensibili al pubblico.
- “Non solo ‘un altro mondo è possibile’, ma ‘altri mondi esistono’“. Intervista a Beltràn ROCA, coordinatore del libro Antropología y anarquismo (LaMalatesta, 2008) [crítica al libro]
- Virus editorial ultimamente ha tradotto allo spagnolo il testo (già classico) di David GRAEBER Fragmentos de una antropología anarquista. Si può scaricare l’originale in inglese (2004) dalla pagina della Prickly Paradigm Press, la casa editrice di Marshall Sahlins. In italiano è stato pubblicato da Eleuthera (2006) [download]: recensione di Silvia Ferbri
- Joanne RAPPAPORT (2oo8) Beyond participant observation: collaborative ethnography as theoretical innovation. Collaborative Anthropologies, vol.1, pp.1-31
- Charles HALE (2006) Activist research v. cultural critique: indigenous land rights and the contradictions of politically engaged anthropology. Cultural Anthropology, vol. 21, issue 1. pp.96-120