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Contraddizioni calabresi: la cultura come pretesto

22/12/2012 admin 0
La festa tradizionale è una cartina di tornasole, essa si modifica naturalmente come si modifica il gruppo che vi partecipa, scrive il fotografo calabrese Angelo Maggio dopo aver assistito alla festa della Madonna di Polsi alcuni anni fa. Le feste cambiano, la tradizione si riscrive e si reinventa secondo le nuove esigenze. Dopo gli anni novanta, il fenomeno del "secondo folk revival" (studiato dall'antropologo australiano Stephen Bennetts), ha trasformato i festival in uno strumento per attrarre turisti e denaro verso i piccoli comuni calabresi sempre più spopolati: ma questa commercializzazione riduce la cultura popolare calabrese alle tarantelle, per lo più edulcorate, eliminando tutto il resto di tradizioni popolari locali, omologandole ad un comune denominatore regional-popolare. Contemporaneamente sta prendendo piede una falsificazione ben più profonda e pericolosa. Una serie di oscuri personaggi che palesano rapporti con i clan mafiosi pubblicano articoli, libri e dischi che presentano la 'ndrangheta come un fenomeno "culturale", legato al folklore e alle tradizioni della Calabria, mistificando e legittimando così la crudeltà dei clan agli occhi dell'opinione pubblica, anche intenazionale. E in tutto ciò, gli antropologi locali continuano ad occuparsi di classificazioni etnomusicologiche, preoccupandosi relativamente poco di tutte queste manipolazioni.
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“Un dia fuimos noticia”: le battaglie dimenticate

21/06/2012 admin 0
[/caption] Da decenni ormai a Barcellona quartieri interi sono demoliti nel silenzio mediatico più assoluto. Se in qualche momento queste situazioni "furono notizie", presto l'oblio torna a coprire il loro ricordo. Un caso recente è quello del quartiere di Can Tunis, demolito sotto silenzio nell'estate del 2004; ma già nel 1993, le cases barates di Eduard Aunós, nella stessa Zona Franca, caddero senza quasi lasciare traccia: i mass media erano occupati a celebrare il successo delle Olimpiadi, come più avanti succederà con il Forum 2004. Un gruppo di ex abitanti di Eduard Aunós hanno recuperato questo antico reportage: ci ricorda una battaglia dimenticata, sorprendentemente simile alla battaglia attuale sulla demolizione di un altro gruppo di cases barates, quelle di Bon Pastor. Un giorno, anche quest'ultimo sarà dimenticato.
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Il massacro di Pinheirinho

31/01/2012 admin 0
La mattina del 22 gennaio 2012, 2000 agenti della polizia militare - con elicotteri, carri armati, cavalli, lacrimogeni - cominciarono lo sgombero della favela di Pinheirinho, a Sao Paulo (Brasil). Quasi 10.000 persone vivevano lì da 8 anni, ed avevano appena regolarizzato la loro situazione abitativa; l'operazione è stata promossa da un'impresa il cui propietario aveva dovuto abbandonare il paese per crimini fiscali nel 1990, e che vuole speculare sul terreno tenendolo vuoto. In preparazione alla Coppa del Mondo 2014 e delle Olimpiadi del 2016, circa 170.000 persone in tutto il Brasile sono minacciate di sgombero. Gli abitanti di Pinheirinho resistettero duramente, e lo sgombero provocò almeno 7 morti, e decine di feriti ed arrestati. Agli sfollati - ora ammassati in chiese o palestre - si offriranno case popolari; ma "coloro che si occupano di costruire case popolari sono parte della stessa élite sanguinaria, bugiarda e piena di pregiudizi che i governanti..."
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“Negri” della periferia di Barcellona: giovani dominicani tra stigma e resistenza

26/10/2011 admin 0
…da sempre i negri lavorano come negri, perché i negri sono quelli che lavorano di più, per vivere come bianchi…” Simón, 16 anni, desde hace 7 en L’Hospitalet (BCN)
Los Kitasellos è il nome di uno dei gruppi giovanili della periferia dell'Area Metropolitana di Barcellona con cui lavora l'antropologo Luca Giliberti (Università di Lleida – Ricercatore FPU-ME). Togliersi le etichette ("quitarse los sellos") della differenza, per molti giovani dominicani de L'Hospitalet de Llobregat, significa resistere allo stigma, imposto anche a livello istituzionale, dalla propaganda elettorale, dalle continue retate della polizia, dai quotidiani alla ricerca di bande latine - e trasformare così la discriminazione in emblema di un'identità negra.
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Roma forestiera (gli usi della diversità)

23/04/2011 admin 0
Se per ragioni urbanistiche e speculative ci sono quartieri della città in cui si concentrano più stranieri (zoning), ovviamente nelle scuole di queste zone ci saranno più bambini/e nati da stranieri. È il caso del quartiere di Torpignattara, nella periferia est di Roma, dove una scuola elementare è da anni al centro di dibattiti pubblici in cui prevalgono parole come "ghetto", "emergenza", "allarme", "banlieue". Mentre i politici (di destra e di sinistra) dicono di essere preoccupati per l'"italianità" della scuola, le sue maestre stanno portando avanti un lavoro degno della migliore tradizione pedagogica italiana, usando la diversità come una risorsa per far fronte ai tagli e alla decadenza delle scuole pubbliche. Fino a quando li chiameranno stranieri? Roma sta cambiando, e mentre alcuni usano questa trasformazione per stimolare la guerra tra poveri, altri hanno capito il suo potenziale per superare il ristagno culturale e politico della cosiddetta "società italiana".
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La qualità della vita a Napoli: tra Pomigliano e Posillipo

14/01/2011 admin 0
“Un oasi di lusso nella capitale della mafia”, titolava un periodico peruviano che ha pubblicato di recente questo fotoreportage sulla vita quotidiana del circolo Posillipo a Napoli. Eppure, nonostante i tanti indizi che sembrano dimostrare il contrario, Napoli non può essere ancora assimilata allo stereotipo della città sudamericana, con i ricchi chiusi nei loro bunker dorati e il popolo per strada a scannarsi a colpi di revolver. Sia perché i soci del Posillipo non sono poi così ricchi come si potrebbe immaginare, ma soprattutto perché Napoli, come le città sudamericane, è un posto ben più complesso delle narrazioni univoche che ne fanno i mass media, che ora ve(n)dono solo i morti ammazzati, la legge violata, il caos urbanistico e sociale, mentre negli anni Novanta raccontavano solo di monumenti riaperti, del dinamismo della nuova classe dirigente e del turismo ritrovato. Eppure la camorra controllava i quartieri anche allora, le periferie erano luoghi di seconda classe e i ragazzini cominciavano a farsi di crack e cocaina al riparo dell’invisibilità in cui faceva comodo relegarli; tutte cose che, in quel momento, non andavano troppo di moda.
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Le baracche di Poblenou

11/11/2010 admin 0
"Sgomberato l'ultimo campo zingaro di Poblenou" hanno annunciato i giornali di Barcellona il 6 ottobre. A informarsi meglio, la notizia è che non c'è stato nessuno sgombero, nell'accampamento c'erano troppi bambini. Quando la stampa tira fuori il tema degli zingari (rumeni, portoghesi o galleghi) che vivono nei terreni in transizione del grosso quartiere industriale di Poblenou, è sempre per annunciarne l'imminente scomparsa, come se si trattasse di un folkloristico residuo del passato. Sembrava fossero "gli ultimi campi" anche quelli sgomberati in calle Agricultura nel 2004, o nella fabbrica Oliva Artés nel 2003. Per definire i campi si usa la parola "barraques", storicamente connotata: la lotta contro il "barraquismo" è stata una delle conquiste dei comitati di quartiere di Barcellona negli anni 70 e 80. Per questo, le notizie sulle nuove baracche che sorgono accanto ai grattacieli del "distretto tecnologico 22@", più che a un rinascimento del "barraquismo", ci fa pensare a un rinascimento dell'uso del "barraquismo", per giustificare la semplificazione dei conflitti e contrasti che sorgono intorno ad un processo di così largo respiro come la riqualificazione urbanistica dell'antico quartiere industriale di Poblenou. Se gli zingari e le loro "baracche" sono il passato, e i grattacieli il futuro, ogni sgombero può presentarsi come un dovere verso la storia. E le politiche sociali, un residuo del passato.