La caduta dell’impero romano

26/12/2014 admin 0
La rete criminale tessuta sulla capitale italiana si basava sull'attribuzione preferenziale di appalti e coinvolgeva funzionari, politici di sinistra e di destra, cooperative sociali 'rosse', bande neofasciste, giornalisti e l'antico e violento gruppo mafioso conosciuto come la "banda della Magliana".
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In occasione dell’elezione di un nuovo papa…

13/03/2013 admin 0

Il discorso de la grande Manuela Trasobares [altro su di lei] durante la protesta contro la visita di Joseph Ratzinger a Barcellona, il 7 novembre del 2010, in un video fatto dal nostro amico Jordi Secall [sul suo blog]: la “mama” ci dà la linea sulla chiesa, lo stato, la storia… ricordandoci di quando, a Barcellona, su tutte queste cose avevamo le idee molto più chiare. [video originale sul blog di jordi secall :: versione ridotta su youtube, sottotitolata in SPAGNOLO, ITALIANO e INGLESE!]

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Contraddizioni calabresi: la cultura come pretesto

22/12/2012 admin 0
La festa tradizionale è una cartina di tornasole, essa si modifica naturalmente come si modifica il gruppo che vi partecipa, scrive il fotografo calabrese Angelo Maggio dopo aver assistito alla festa della Madonna di Polsi alcuni anni fa. Le feste cambiano, la tradizione si riscrive e si reinventa secondo le nuove esigenze. Dopo gli anni novanta, il fenomeno del "secondo folk revival" (studiato dall'antropologo australiano Stephen Bennetts), ha trasformato i festival in uno strumento per attrarre turisti e denaro verso i piccoli comuni calabresi sempre più spopolati: ma questa commercializzazione riduce la cultura popolare calabrese alle tarantelle, per lo più edulcorate, eliminando tutto il resto di tradizioni popolari locali, omologandole ad un comune denominatore regional-popolare. Contemporaneamente sta prendendo piede una falsificazione ben più profonda e pericolosa. Una serie di oscuri personaggi che palesano rapporti con i clan mafiosi pubblicano articoli, libri e dischi che presentano la 'ndrangheta come un fenomeno "culturale", legato al folklore e alle tradizioni della Calabria, mistificando e legittimando così la crudeltà dei clan agli occhi dell'opinione pubblica, anche intenazionale. E in tutto ciò, gli antropologi locali continuano ad occuparsi di classificazioni etnomusicologiche, preoccupandosi relativamente poco di tutte queste manipolazioni.
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La qualità della vita a Napoli: tra Pomigliano e Posillipo

14/01/2011 admin 0
“Un oasi di lusso nella capitale della mafia”, titolava un periodico peruviano che ha pubblicato di recente questo fotoreportage sulla vita quotidiana del circolo Posillipo a Napoli. Eppure, nonostante i tanti indizi che sembrano dimostrare il contrario, Napoli non può essere ancora assimilata allo stereotipo della città sudamericana, con i ricchi chiusi nei loro bunker dorati e il popolo per strada a scannarsi a colpi di revolver. Sia perché i soci del Posillipo non sono poi così ricchi come si potrebbe immaginare, ma soprattutto perché Napoli, come le città sudamericane, è un posto ben più complesso delle narrazioni univoche che ne fanno i mass media, che ora ve(n)dono solo i morti ammazzati, la legge violata, il caos urbanistico e sociale, mentre negli anni Novanta raccontavano solo di monumenti riaperti, del dinamismo della nuova classe dirigente e del turismo ritrovato. Eppure la camorra controllava i quartieri anche allora, le periferie erano luoghi di seconda classe e i ragazzini cominciavano a farsi di crack e cocaina al riparo dell’invisibilità in cui faceva comodo relegarli; tutte cose che, in quel momento, non andavano troppo di moda.
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Il sogno degli architetti

03/12/2010 admin 0
"Secondigliano, Miano, Piscinola, tutti i quartieri della periferia settentrionale, ma soprattutto Scampìa, il più giovane e il più maledetto quartiere di Napoli, sono ormai disseminati di simboli negativi, emblema di qualcosa di oscuro e inestirpabile, che per estensione si applica alle decine di migliaia di persone che in periferia continuano a condurre una vita normale". (Rossomando, 2007). Per "Le Vele" di Scampìa, enormi edifici nati come progetto architettonico innovativo negli anni '70, e ora diventati zona "off-limits" per eccellenza, si cerca di nuovo una soluzione architettonica: demolire o preservare? L'utopia è quella della "tabula rasa", cioè di risolvere i problemi sociali demolendo e ricominciando da capo, o svuotando e trasformando in monumento. "La complessità della realtà dei luoghi si riduce miserevolmente al dibattito pubblico tra demolizione e patrimonializzazione, a due facili e spettacolari soluzioni, che in entrambi casi prevedono sempre un attacco alla storia delle comunità che ci abitano" (Nocera 2010). Di ben altre utopie si nutre la moltitudine di persone che, quotidianamente e da decenni, lottano a fianco dei gitani del campo nomadi, degli abitanti delle Vele, delle famiglie distrutte dalle tragedie del "malcomune". Anche di loro si farà "tabula rasa"?
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Favela: l’essenziale, invisibile agli occhi.

27/11/2010 admin 0
Delle favelas brasiliane abbiamo generalmente un'idea distorta, condizionata dagli stereotipi e dal cinema. Spesso la povertà non si presenta sotto la forma fisicamente visibile di condizioni igieniche degradate o di gravi deficit di infrastrutture. L'istituzionalizzazione ed il riconoscimento pubblico di molti movimenti critici, dell'epoca della dittatura, ha elevato a sistema alcune relazioni puramente assistenzialiste che questi gruppi, ora sotto la forma di ONG, esercitano nei quartieri più poveri. Il loro lavoro continuo e finanziato durante gli ultimi decenni è riuscito a migliorare molti degli aspetti visibili della vita dei quartieri poveri; però compromettendo profondamente l'autonomia e la capacità autorganizzativa degli abitanti. Le comunità vengono ridotte alla dipendenza, e rimangono esposte ed incapaci di difendersi da sole dai pericoli. Nella favela Monte Azul di São Paulo, studiata da Fabiana Valdoski, un gruppo di tedeschi d'ispirazione antroposofica costituirono l'ONG Associação Comunitária Monte Azul, che controlla tutte le attività di miglioramento e "sviluppo" del quartiere. Però quando la favela è diventata interessante per la criminalità organizzata, che è iniziata a penetrare a Monte Azul nel 2008, né gli abitanti avevano più le capacità organizzative per impedirlo, né l'ONG ha potuto farci nulla.