Lisbona è una delle poche città europee in cui ci sono ancora grandi estensioni di case autocostruite: bairros di barracas, accerchiati dalla pianificazione distruttiva delle amministrazioni locali e dalla voracità dei fondi immobiliari. Il quartiere di Santa Filomena è nato con le occupazioni di terre lunga la ferrovia che porta a Sintra, e sin dagli anni ’70 fu popolato da migranti, soprattutto capoverdiani, e “retornados”, portoghesi delle colonie.
Un censimento del 1993 contò quasi 2000 persone che abitavano in più di 500 case, alcune di notevole fattura; anche se molte case sorsero inizialmente come baracche di cartone e legno, al momento della demolizione la maggior parte erano di mattoni e cemento. Dal censimento in poi la popolazione non ha fatto altro che aumentare, arrivando fino a 2500 persone. Ma quando nel 2007 il terreno fu acquistato da un fondo speculativo legato a Millenium BCP, il principale gruppo bancario privato del Portogallo, solo gli abitanti inclusi nel censimento del 1993 poterono accedere al Programa Especial de Realojamento, con cui il governo offriva case per liberare l’area. Lo “sviluppo” del settore, da cui hanno tratto beneficio investiori privati, è stato promosso dal governo stesso, che ha effettivamente acquistato alcuni terreni; esso prevede la spoliazione sistematica del territorio come strumento per la sua posteriore valorizzazione. Coloro che non erano inclusi nel censimento, persero le case senza nessun compenso. Giacomo Pozzi, dell’università Bicocca di Milano, ha osservato come gli abitanti delle cosiddette “baracche” hanno organizzato la loro resistenza: in un primo momento in modo strutturato, attraverso il collettivo (poi associazione) Habita, in difesa del diritto alla casa; più avanti alcuni scelsero forme meno formali di protesta, in alcuni casi in piccoli gruppi o in forma individuale, attraverso quelli che Giacomo chiama “atti di trasgressione”.
Varie istituzioni nazionali e locali hanno collaborato per mettere in campo strategie varie, per disarticolare le diverse forme di lotta e opposizione al programma. Come risultato, oggi il quartiere di Santa Filomena non esiste più. Ultimamente però alcuni organi internazionali hanno denunciato la violenza di queste forme di distruzione e spossessamento, portando di nuovo l’attenzione pubblica sulle pratiche dell’abitare come centrali nella produzione sociale di benessere e di dignità.
- (2015) “Heidegger ai margini: antropologia e trasgressione dello spazio urbano”, Philosophy Kitchen, 2(2) [PDF] (in italiano)
- Giacomo Pozzi (2015) Costruire demolizioni. Pratiche di rialloggiamento forzato nel barrio di Santa Filomena, Lisbona, tesi magistrale, Università di Modena e Reggio [link] (in italiano)
- Luca Onesti (2015) “Demolizioni e sfratti alle porte della città del turismo“, Il becco. (in italiano)
- Joana Gorjao Henriques (2016) “Este àe o apocalipse dos ‘sem direito’ a casa“, Publico (in portoghese) [+ FOTO]
Altro materiale sul turismo e sui suoi effetti a Lisbona:
- Terramotourism, documentario su Lisbona del collettivo Left Hand Rotation.
- Dani Malet Calvo, “Lisboa, genealogía de un colapso turístico“, blog Seres Urbanos de El País.
- Dani Malet Calvo, Jordi Nofre, Miguel Geraldes (2016), “The Erasmus Corner: place-making of a sanitised nightlife spot in the Bairro Alto” [PDF]
- Dani Malet Calvo, Jordi Nofre, Adan Cassan, Sylwia Wodzinska (2016), “Club Carib: a geo-ethnography of seduction in a Lisbon dancing bar” [PDF]
Un post precedente su Lisbona su Perifèries Urbanes: Due città nella stessa Lisbona, 2013