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Repensar Bonpastor: finalmente il libro!
Gli Watchmen del conflitto urbano: nuova web dell’OACU!
“Los Reyes Vagos”, i re magi scansafatiche, hanno appena portato un regalo straordinario che non lascerá dormire i pianificatori della pace sociale e della gentrification: la nuova pagina web dell’Osservatorio di Antropologia del Conflitto Urbano! La trovate all’indirizzo http://observatoriconflicteurba.org, ha una grandiosa sezione media, e potete inaugurarla oggi stesso, consultando il programma del I Ciclo “L’impatto sociale dell’architettura” che si apre oggi 8 gennaio, all’interno del Master di Antropologia e Etnografia dell’UB. Qui trovate altre informazioni, qui il programma completo. Grazie ai Re e… Viva la Repubblica!…
Congresso a Bologna: le dimensioni soggettive della vulnerabilità
Il 5 ottobre a Bologna si riunirà per la seconda volta, dopo l’incontro di fondazione a Parigi, la Rete di Valutazione delle dimensioni soggettive della vulnerabilità (REDISUV) Cile-Europa. Le reiterate catastrofi naturali in Cile hanno fatto presente il bisogno di studiare più sistematicamente le soggettività delle persone coinvolte, sempre prodotto di delle condizioni sociali, economiche e politiche particolari. Il programma del congresso prevede interventi centrati sui disastri naturali, ma anche uno sguardo alla vulnerabilità “urbana” prodotto delle politiche neoliberali come quelle che il nostro gruppo ha studiato a Barcellona.
- Bologna, giovedì 5 settembre 10-18: “Vite invisibili: dimensioni soggettive della vulnerabilità sociale“, programma in PDF.
- Davide Olori (2013) “Riprendersi il centro per opporsi alle espulsioni: il caso degli Immobili Recuperati Autogestiti a Santiago del Cile” [PDF]. “L’urgenza delle occupazioni post-terremoto ha fatto sì che il processo aggregasse organizzazioni informali (vicinato, parentela, lavorative) con alcune formali (politiche, partitiche) generando dinamiche di frattura e ricomposizione tra interessi, gerarchie e relazioni…”
- Fabio Carnelli ha studiato etnograficamente le conseguenze del terremoto de L’Aquila alcuni anni dopo: la soluzione “militarizzata” non ha fatto altro che riacutizzare il trauma, ed aumentare la vulnerabilità della popolazione. Si veda Sismografie sulla web di Il lavoro culturale. E anche quest’articolo di Rita Ciccaglione, un anno dopo il sisma in Emilia Romagna.
- Caterina Borelli ha appena pubblicato su academia.edu la sua Tesi su Sarajevo: “La ciudad post-traumática” (vedi anche questo post)
- Stefano Portelli (2013), “Spatial reordering and social pathology in the periphery of Barcelona: the social impact of urban transformation”, intervento al XXI congresso dell’International Social Theory Consortium, Copenhagen, 26-27 giugno [Prossimamente!]
Squatting in Europe
- Vedi: il blog Squatting in Europe - il documento Squatting in Europe Research Agenda in PDF - Ultimo incontro a Copenhagen - pagina di SQEK su n-1
- La Bolsjefabrikken (fabbrica di caramelle) di Laerkevej, Copenhagen - sede dell'ultimo incontro - ha iniziato una raccolta fondi per comprare l'edificio, sotto sgombero [VEDI FOTO][pagina tradotta]
- Colin WARD (2002) Cotters and Squatters. Housing's hidden history. "Se qualcuno construiva una casa tra il tramonto e l'alba, accendeva il fuoco e faceva salire fumo dal camino, era costume abituale che potesse mantenere la casa anche se era su un terreno comune" [Scarica PDF]
Seminario permanente sugli spazi urbani
La Battaglia Navale di Vallekas (Madrid): l’utopia come dispositivo identitario
La montagna dimenticata: geopolitica quotidiana a Sarajevo
Ormai gli abitanti di Sarajevo (Bosnia-Erzegovina) non salgono più sul monte Trebević, anche se la guerra è finita 15 anni fa. I ristoranti panoramici sono distrutti, la teleferica che collegava la montagna con la città non funziona più, e soprattutto ci sono zone dove potrebbero ancora esserci mine. Ma non è per mancanza di fondi che le autorità federali mantengono il Trebević in questo stato di "terra di nessuno": la città divisa conviene a entrambi i nazionalismi, e una barriera invisibile che separi "noi" da "loro" indebolisce (mina!) il progetto di convivenza postbellico e il sogno di una città di nuovo universale.
Pedagogia delle acque
"Vi dirò una cosa sui racconti - disse - Non sono solo divertimenti Non lasciatevi ingannare Sono tutto ciò che abbiamo, non lo vedete? tutto ciò che abbiamo per combattere la malattia e la morte. Non avete niente se non avete i racconti. Il loro male è grande ma non possono resistere ai nostri racconti Per questo cercano di distruggere i racconti farli confondere, o dimenticare".
(da Leslie Marmon Silko, Ceremony, 1977)
Un concorso di idee contro la demolizione di un quartiere popolare
La qualità della vita a Napoli: tra Pomigliano e Posillipo
“Qué sos, Nicaragua, para dolerme tanto?” (Cosa sei, Nicaragua, per farmi così male?)
Non ci sono periferie a Managua, Nicaragua: perché non c’è il centro. In tutta l’estensione della città, gli asentamientos espontáneos (“favelas”) e le colonias (“gated towns”) vivono uno accanto all’altro, protetti gli uni dalla loro bande (pandillas), gli altri dalle guardie private. Il governo non fa nessun tentativo di nascondere la miseria dei suoi abitanti più poveri: perché il Nicaragua vende al mondo la sua povertà, per raccogliere le entrate della cooperazione internazionale, che in gran parte restano in mano delle sue élites.
Molte delle ONG che lavorano oggi nell’infinità di progetti di “sviluppo integrale” o “empowerment comunitario” nei quartieri più poveri di Managua, sono le stesse che negli anni ottanta offrirono solidarietà “internazionalista” e spesso anche armata, in difesa della Rivoluzione Sandinista dalla “guerra sporca” finanziata dagli USA. Ora sono pagate dagli stessi governi – europei e nordamericani – che contribuirono al fallimento di quello storico “progetto di sviluppo comunitario integrale diretto localmente”. I governi usano le ONG per aprire la strada al commercio internazionale, e come strumento palliativo per ridurre gli effetti dei “piani di aggiustamento strutturale” neoliberisti. Questo sistema perverso si riflette a livello micro nelle relazioni umane tra “cooperanti” e “beneficiari” dei progetti di sviluppo, secondo le conclusioni di “La cooperación internacional en Nicaragua. Problemas y aspectos socioantropológicos”, Stefano Portelli, 2001. La ricerca si basa su un lavoro di campo nel quartiere Memorial Sandino, Managua.
- Vedi anche: María Dolores Álvarez (2000) “La ciudad ausente, políticas urbanas y espacios de socialización. Managua: paradojas de una ciudad” [LINK]
- Gioconda Belli (1991) “¿Qué sos, Nicaragua, para dolerme tanto?”, poesia [LINK]
- FOTO DI MANAGUA: Barrio San Judas e Asentamiento Memorial Sandino [ALBUM]