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Foto di Montjuïc, Barcellona

10/04/2011 admin 0
Quattro foto della montagna di Montjuïc, quando ancora ci viveva gente sopra. Anche se per la storia vi erano solo "baracche", c'è chi ricorda case, titoli di proprietà, strade e numeri civici. Queste foto vengono dalle collezioni private degli ex abitanti del quartiere "Eduardo Aunós" nella Zona Franca. I vecchi "baraccati", quasi tutti andalusi e mursiani appena arrivati, dovettero lasciare le loro case negli anni '20 perché sul monte si celebrasse l'Esposizione Universale; furono riubicati nelle Casas Baratas, ma anche da lì i loro figli e nipoti furono sgomberati a partire dagli anni '90. Il bisogno di terreno ricade di nuovo sulle spalle dei migranti; non importa da quante generazioni siano nella loro "terra d'accoglienza".
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La montagna dimenticata: geopolitica quotidiana a Sarajevo

29/03/2011 admin 0
Lo sai quando è stata l’ultima volta che sono salito sul Trebević? Febbraio ’92. Prima ci andavo tutti i fine settimana con mio padre. Non ci sono più tornato. Da lì sono cadute sul tetto della mia casa 22 granate. Adesso lo vedo tutti i giorni dalla mia finestra e vorrei solo che sparisse". Bojan, sarajevese di 30 anni.
Ormai gli abitanti di Sarajevo (Bosnia-Erzegovina) non salgono più sul monte Trebević, anche se la guerra è finita 15 anni fa. I ristoranti panoramici sono distrutti, la teleferica che collegava la montagna con la città non funziona più, e soprattutto ci sono zone dove potrebbero ancora esserci mine. Ma non è per mancanza di fondi che le autorità federali mantengono il Trebević in questo stato di "terra di nessuno": la città divisa conviene a entrambi i nazionalismi, e una barriera invisibile che separi "noi" da "loro" indebolisce (mina!) il progetto di convivenza postbellico e il sogno di una città di nuovo universale.
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La Riconquista di Alcoi

19/03/2011 admin 0
[caption id="attachment_1958" align="aligncenter" width="640" caption="El Partidor, quartiere di Alcoy (Alicante). Foto di Jordi Flores Casasampere"][/caption] La trasformazione del centro di Alcoy, antica citta industriale tra Alicante e Valencia, implica grandi demolizioni nel quartiere del Partidor, culla delle lotte operaie della Spagna. Il Comune compra uno a uno i palazzi del quartiere e li svuota di abitanti, favorendo il degrado e legittimandone la demolizione. In nome del bene comune e del miglioramento della vita urbana, in tutta la Spagna vengono cancellati i quartieri storici del proletariato, come se la storia fosse solo quella borghese; questo processo è ancora piu drammatico nelle città in cui furono più forti le lotte e proteste contro il capitalismo nascente. "La vergogna di obbligarti ad andare al tuo funerale", cantava il poeta di Alcoy Ovidi Montllor, rispetto alla ricostruzione di un campanile bruciato durante la Guerra Civile.
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Pedagogia delle acque

01/03/2011 admin 0

"Vi dirò una cosa sui racconti - disse - Non sono solo divertimenti Non lasciatevi ingannare Sono tutto ciò che abbiamo, non lo vedete? tutto ciò che abbiamo per combattere la malattia e la morte. Non avete niente se non avete i racconti. Il loro male è grande ma non possono resistere ai nostri racconti Per questo cercano di distruggere i racconti farli confondere, o dimenticare".

(da Leslie Marmon Silko, Ceremony, 1977)

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“La Bachillera” e la lotta contro la gentrification a Siviglia

20/02/2011 admin 0
Come a Barcellona, a Siviglia la gentrification è cominciata negli anni '80, con la preparazione della Expo del '92. Però la resistenza e la mobilitazione contro la speculazione immobiliaria non sono sorte fino all'inizio degli anni 2000. La Bachillera, quartiere di autocostruzione di 1500 abitanti nel distretto della Macarena, storicamente era parte della periferia, ma con la Expo ha passato a formar parte di un'"area di nuova centralità". Gli abitanti sono proprietari delle case, ma i terreni appartengono all'Asociación Sevillana de Caridad, che voleva demolire l'intero quartiere. Il piano iniziale di demolizione è stato bloccato grazie all'organizzazione collettiva di abitanti e tecnici-attivisti, che sono riusciti a collaborare direttamente in un progetto di riabilitazione del quartiere. Si organizzarono assemblee di quartiere, laboratori partecipativi, inchieste porta a porta, una diagnosi consensuata del quartiere, e addirittura un'occupazione di 15 giorni degli abitanti del quartiere nella sede dell'Asociación Sevillana de Caridad.

Non siamo soli al mondo: lezioni dal “93” di Parigi

09/02/2011 admin 0
Al Centro Georges Dévereux, fondato da Tobie Nathan all'Università Parigi VIII (nel dipartimento 93, Seine-Saint Denis), lavorano psicoterapeuti, filosofi, curanderos, babalaos, maîtres-des-secrets di innumerevoli origini e "appartenenze", riuniti nell'appassionante ricerca collettiva di una nuova "tecnica dell'influenza" che sappia affrontare in modo decolonizzato e non etnocentrico le complessità di questo mondo: in cui ormai sappiamo bene che "non siamo soli".
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Articoli sulle rivolte nel Maghreb

30/01/2011 admin 0
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Un concorso di idee contro la demolizione di un quartiere popolare

22/01/2011 admin 0
Tra il 2009 e il 2011, alcuni membri del nostro gruppo di lavoro hanno collaborato con l'organizzazione del Concorso internazionale d'idee Repensar Bonpastor promosso da un gruppo di architetti e urbanisti di Barcellona in collaborazione con l'Alleanza Internazionale Abitanti. Dopo vari anni di ricerca (2004, 2009) nelle casas baratas di Bon Pastor, e grazie alla relazione durevole con una serie di famiglie del quartiere, siamo arrivati ad una conclusione: che nonostante il costante bombardamento, mediatico ed istituzionale, sulla necessità di "rimodellare" (cioè demolire) questo gruppo di case popolari "rosso" e popolare, costruito dal Comune di Barcellona nel 1929, sarebbero possibili altre soluzioni, che permetterebbero di conservare la specificità storica e sociale che questo quartiere rappresenta per i suoi abitanti e per tutta la città. Le culture, abitudini, tecniche e linguaggi sviluppati nel corso dei decenni dagli abitanti delle 784 casas baratas, e legati a questa specifica forma di vita, difficilmente sopravviveranno alla demolizione del quartiere. Inoltre, molti abitanti, a partire dall'arrivo di questa presunta "modernità" che il comune porta sotto forma di una demolizione, si sono visti obbligati ad abbandonare il quartiere, o a soffrire violenti sgomberi.
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La qualità della vita a Napoli: tra Pomigliano e Posillipo

14/01/2011 admin 0
“Un oasi di lusso nella capitale della mafia”, titolava un periodico peruviano che ha pubblicato di recente questo fotoreportage sulla vita quotidiana del circolo Posillipo a Napoli. Eppure, nonostante i tanti indizi che sembrano dimostrare il contrario, Napoli non può essere ancora assimilata allo stereotipo della città sudamericana, con i ricchi chiusi nei loro bunker dorati e il popolo per strada a scannarsi a colpi di revolver. Sia perché i soci del Posillipo non sono poi così ricchi come si potrebbe immaginare, ma soprattutto perché Napoli, come le città sudamericane, è un posto ben più complesso delle narrazioni univoche che ne fanno i mass media, che ora ve(n)dono solo i morti ammazzati, la legge violata, il caos urbanistico e sociale, mentre negli anni Novanta raccontavano solo di monumenti riaperti, del dinamismo della nuova classe dirigente e del turismo ritrovato. Eppure la camorra controllava i quartieri anche allora, le periferie erano luoghi di seconda classe e i ragazzini cominciavano a farsi di crack e cocaina al riparo dell’invisibilità in cui faceva comodo relegarli; tutte cose che, in quel momento, non andavano troppo di moda.
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Ancora sul centro di Barcellona: Melodia del Raval, di M. Vázquez Montalbán

09/01/2011 admin 0
"Qui siamo nati tutti in quartieri che vi avanzavano, circondati di cose che vi avanzavano, aspettando di crescere, invecchiare, o meglio, di decostruirci, per poter meglio ricevere i vostri sociologi, i vostri psicologi sociali, il sostituto sindaco, l'assessore peggio vestito, i figli dei quartieri ricchi che vengono a darci l'esempio di come con talento e fatica possiamo riuscire a uscire dai quartieri che vi avanzano; cioè, ci date la scienza sociale che vi avanza, la psicologia che vi avanza, il sindaco che vi avanza, lo sguardo di solidarietà che vi avanza e la paura che vi avanza, perché a volte pensate che sareste potuti essere voi gli avanzi e per questo scendete qui a vederci interpretare il ruolo delle classi sussidiate, ormai inutili anche per la produzione perché la robotica ci ha sostituito e perché la nostra condizione di quartieri avanzati non può competere con gli avanzi di altre latitudini ancora più impoverite.
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Memoria storica e falsificazioni nel centro storico di Barcellona

29/12/2010 admin 0
Per capire la profonda trasformazione urbanistica e sociale che ha investito il Barrio Chino di Barcelona, centro storico della città (che ora, dopo la gentrification e gli sventramenti, va chiamato "Raval"), si porta sempre l'attenzione sul sottoproletariato che vive e traffica nel quartiere: "gente della malavita e del malcostume" (1943). Sarebbe invece molto più propizio rivolgere lo sguardo ad altri traffici, di ben altra portata e ben più occulti di quelli della malavita del Barrio Chino. La borghesia catalana ha cercato di trasformare e demolire il centro di Barcellona da oltre un secolo: il progetto dovette attendere durante la guerra e la dittatura, ma con gli anni '80 si recuperò il vecchio sogno di dominio. "Queste 200 famiglie che erano al potere da 150 anni, avevano comprato i palazzi del centro, per far soldi a palate con la demolizione e ricostruzione di questi quartieri". Leggere l'articolo inedito di Adolf Castaños, La memoria e la sua falsificazione (2010) in PDF(Italiano) (originale Spagnolo).
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Dicembre 2010: bruciare le macchine

22/12/2010 admin 0

Gentrification: bruciare le macchine (2010). “Il sito BRENNENDE-AUTOS.DE raccoglie epitaffi in memoria delle auto andate a fuoco in giro per Berlino dal 2007 a oggi.[…] Negli ultimi tre anni a Berlino sono state date alle fiamme nottetempo più di cinquecento auto, per lo più di grossa cilindrata.

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Ricette per combattere la povertà a Buenos Aires

14/12/2010 admin 0
Il 8/12/2010 la Polizia Federale e la Polizia Metropolitana di Buenos Aires hanno attaccato insieme le 200 famiglie stanziate nel Parque Iberoamericano come se fossero un esercito nemico, causando due morti e vari feriti. Durante i giorni successivi il governo locale e i mass media hanno istigato la xenofobia, descrivendo il parco abbandonato come se fosse stato "occupato" da boliviani e paraguaiani legati al narcotraffico: alcuni gruppi razzisti dei quartieri vicini, insieme ad ultras violenti - patotas de barrabravas, al soldo del governo municipale - hanno continuato il lavoro, uccidendo altri due abitanti.
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Barcellona: La Perona (1985-1989)

07/12/2010 admin 0

Esteve Lucerón (Pobla de Segur, 1950) realizzò un lavoro fotografico di dieci anni nel nucleo di baracche La Perona, dal 1980 fino alla demolizione del quartiere. Dalle immagini di Lucerón è evidente, nell’attitudine verso le persone fotografate, la sua confessata ispirazione ai grandi fotografi nordamericani dell’epoca della Grande Depressione: Walker Evans, Dorothea Lange e Lewis Hine: l’empatia, il controllo, non manipola ai soggetti per accentuare la drammaticità, non viola l’intimità, non saccheggia la miseria. Non c’è neanche un’atteggiamento compassivo edulcorato: c’è la critica sociale, è un documento antropologico, visto che questi nuclei coincidono con un periodo di prosperità economica, di speculazione sui terreni, di conflitti tra i “lignaggi” o sottogruppi gitani, quando il Comune decide di riubicare – rimuovere / deportare – alcuni gruppi da una zona all’altra, senza nessuna considerazione tranne il numero di persone. Lucerón offre uno sguardo personale, dedicando un’attenzione speciale ai bambini ed al senso dell’umorismo pungente tipico dei gitani“. Dalla recensione di María José Furio, sul suo blog. Alcune foto: [1][2]

  • Esteve Lucerón. La Perona (1985-1989). Agenda de la Imatge n. 56 (2010). I testi sono di Xavier Camino e Pili Díaz Giner; e Jordi Gratacós, segretario della UPIFC, ha realizzato il lavoro di laboratorio sui negativi [Notizia dell’esposizione sulla pagina web della UPIFC]
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Il sogno degli architetti

03/12/2010 admin 0
"Secondigliano, Miano, Piscinola, tutti i quartieri della periferia settentrionale, ma soprattutto Scampìa, il più giovane e il più maledetto quartiere di Napoli, sono ormai disseminati di simboli negativi, emblema di qualcosa di oscuro e inestirpabile, che per estensione si applica alle decine di migliaia di persone che in periferia continuano a condurre una vita normale". (Rossomando, 2007). Per "Le Vele" di Scampìa, enormi edifici nati come progetto architettonico innovativo negli anni '70, e ora diventati zona "off-limits" per eccellenza, si cerca di nuovo una soluzione architettonica: demolire o preservare? L'utopia è quella della "tabula rasa", cioè di risolvere i problemi sociali demolendo e ricominciando da capo, o svuotando e trasformando in monumento. "La complessità della realtà dei luoghi si riduce miserevolmente al dibattito pubblico tra demolizione e patrimonializzazione, a due facili e spettacolari soluzioni, che in entrambi casi prevedono sempre un attacco alla storia delle comunità che ci abitano" (Nocera 2010). Di ben altre utopie si nutre la moltitudine di persone che, quotidianamente e da decenni, lottano a fianco dei gitani del campo nomadi, degli abitanti delle Vele, delle famiglie distrutte dalle tragedie del "malcomune". Anche di loro si farà "tabula rasa"?