Contraddizioni calabresi: la cultura come pretesto

Non Finito Calabrese: foto de Angelo Maggio

La festa tradizionale è una cartina di tornasole, essa si modifica naturalmente come si modifica il gruppo che vi partecipa, scrive il fotografo calabrese Angelo Maggio dopo aver assistito alla festa della Madonna di Polsi alcuni anni fa.  Le feste cambiano, la tradizione si riscrive e si reinventa secondo le nuove esigenze. Dopo gli anni novanta, il fenomeno del “secondo folk revival” (studiato dall’antropologo australiano Stephen Bennetts), ha trasformato i festival in uno strumento per attrarre turisti e denaro verso i piccoli comuni calabresi sempre più spopolati: ma questa commercializzazione riduce la cultura popolare calabrese alle tarantelle, per lo più edulcorate, eliminando tutto il resto di tradizioni popolari locali, omologandole ad un comune denominatore regional-popolare. Contemporaneamente sta prendendo piede una falsificazione ben più profonda e pericolosa. Una serie di oscuri personaggi che palesano rapporti  con i clan mafiosi pubblicano articoli, libri e dischi che presentano la ‘ndrangheta come un fenomeno “culturale”, legato al folklore e alle tradizioni della Calabria, mistificando e legittimando così la crudeltà dei clan agli occhi dell’opinione pubblica, anche internazionale. Ma gli antropologi locali continuano ad occuparsi perlopiù di classificazioni etnomusicologiche, dimostrandosi relativamente poco preoccupati di tutte queste manipolazioni.

  • Stephen BENNETTS (2006) Berlusconi hasn’t arrived here yet: the Contemporary Southern Italian Folk Revival as a Response to Modernity, tesi dottorale sul secondo folk-revival italiano [RTF italiano]
  • Angelo MAGGIO (2012) “La parabola dei folk-festival”, su Napolimonitor [link]; uno dei fondatori del festival Tarantella Power di Caulonia spiega come il comune – dopo essersi impossessato della festa – abbia provato quest’anno ad usare fondi destinati ai migranti per pagare un concerto di musica araba.
  • Francesca VISCONE (2011) “Se la mala è folklore”, Malitalia [link] Questa giornalista calabrese, autrice di La globalizzazione delle cattive idee (Rubbettino, 2005, link) è stata minacciata dal fotografo Francesco Sbano, per aver denunciato che la visione “culturalista” della ‘ndrangheta è prodotto di oscure collaborazioni dei clan con la stampa. Ne sono esempi la web del disco La musica della mafia, o il libro  Malacarne di Alberto Giuliani. Un caso che ha suscitato scandalo è quello del giornalista di Der Spiegel Andreas Ulrich, sospetto di prossimità con i clan, che di recente ha pubblicato addirittura su Internazionale.
  • Ci sarebbe anche da approfondire il lavoro di Arturo LAVORATO sui migranti africani che lavorano in Calabria: “Gli africani salveranno Rosarno?” (2009) [video]. Il titolo del video ricalca quello di un libro curato da Antonello Mangano, a partire dalla rivolta del 2008. Si veda anche il corto “Il volo” di Wim Wenders, girato a Riace Jonica [link a youtube].